BIANCO, Bartolomeo
Nacque a Como (il Merzario è l'unico studioso a sostenere che egli abbia avuto i natali a Genova) assai probabilmente poco prima del 1590; priva di fondamento è l'ipotesi del Grosso (1946) che ritarda la data di nascita al 1604. Si trasferì in Liguria molto giovane, chiamatovi probabilmente da due architetti comacini portanti il suo stesso cognome, Cipriano (che secondo il Labò e la Profumo sarebbe il padre del B.) e Battista, che lavoravano verso la fine del Cinquecento a Genova per gli agostiniani scalzi di Carbonara.
Dal 1618 il B. è occupato nell'opera architettonica più importante che egli ci abbia lasciata e che inizia il periodo più glorioso dell'architettura genovese: l'apertura della strada Nuovissima (detta poi, dal nome dei finanziatori, via Balbi) e la costruzione di quasi tutti gli edifici che la fiancheggiano. Il palazzo Durazzo Pallavicini (1618), quello dell'università (ex collegio dei gesuiti, costruito tra il 1634 ed il 1638) e la chiesa di S. Carlo (1629) si ergono dalla parte della collina; degli edifici rivolti invece verso la pianura il B. progettò solo il palazzo Balbi Senarega (costruito prima del 1622). In questo complesso urbanistico è espressa dal B. la concezione di uno spazio aperto alla visione di ampie scalinate, di ricche fontane e di ornati e fastosi giardini, secondo una tendenza ad effetti scenografici che, pur essendo ancora legata al gusto manieristico dell'arte genovese del tempo, è contemporaneamente preludio all'età barocca.
Il palazzo dell'università ebbe il B. come unico architetto, benché il progetto fosse stato affidato dai gesuiti anche a Francesco da Novi. La costruzione presentava un problema tecnico simile a quello risolto nel 1564 dall'architetto Rocco Lurago nella costruzione del palazzo Doria Tursi in via Garibaldi, sempre a Genova: si trattava cioè di superare un grande dislivello. Il B. assimilò le geniali invenzioni del Lurago, ma seppe nello stesso tempo svolgere una propria idea, creando, nel cortile e nell'atrio, un sistema grandioso di logge e scalinate, con un effetto scenografico, tipicamente barocco, di dilatazione spaziale. Questo, come gli altri edifici di via Balbi, sono stati tutti rimaneggiati rispetto ai progetti del B.: il palazzo Balbi Senarega da Pier Antonio Corradi, suo allievo; in esso, solo la facciata ha mantenuto quasi del tutto il suo aspetto primitivo. Il palazzo Durazzo Pallavicini, assai originale per le due logge laterali che ne equilibrano la facciata, accompagnando col loro ritmo la leggera salita di via Balbi, venne trasformato nel 1780 dal Tagliafichi. La chiesa di S. Carlo, già attribuita al Grigio e al Corradi per la testimonianza dell'Alizeri, è stata poi giustamente ridata al B. dal Labò (1926), in base a documenti da lui scoperti. L'architetto non la portò a termine, ma il suo progetto fu quasi del tutto rispettato.
Nel quinquennio 1620-1625 il B. venne nominato architetto del governo e, in questa funzione, lavorò alle mura di cinta di Genova, insieme con Ansaldo De Mari e P. Vincenzo Maculano, e alle fortificazioni di Gavi e di Vado Ligure. Nel 1633 eresse porta Pila e intorno al 1636 fornì il disegno per la costruzione del Molo Nuovo nel porto di Genova. Altre opere del B. sono il palazzo Cattaneo della Volta in piazza Cattaneo a Genova, una costruzione medioevale da lui rimaneggiata nel 1623 e molto danneggiata durante la seconda guerra mondiale. Sempre a Genova, egli costruì in piazza Campetto, prima del 1622, il palazzo Casareto (già De Mari), oggi molto mutato per la sistemazione a sala di vendita di un grande magazzino. Lavorò anche a Chiavari, progettando nel 1628 l'abside e il coro della chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista e costruendo il palazzo Rocca (già Costaguta).
Non si conosce la precisa data di morte del B., ma è documentato che nell'estate del 1651 non era più in vita: cade dunque l'ipotesi che sia morto durante l'epidemia di peste che colpì Genova nel 1657.
Il figlio del B.,GiovanniBattista (talora erroneamente indicato come Bianchi e confuso con Giovanni Battista Bianchi, architetto veronese), nato a Genova intorno al secondo decennio del sec. XVII e morto nella peste del 1657, fu pittore e scultore. Poche delle sue opere citate dai biografi (Soprani, Ratti, Alizeri) ci sono rimaste. La più importante è il gruppo bronzeo con la Madonna circondata da angeli, sull'altare maggiore della cattedrale di S. Lorenzo, eseguito (1652) su disegno di Domenico Fiasella: composizione d'un manierismo castigato e impersonale, per nulla partecipe del rinnovamento barocco. In S. Maria della Consolazione, sempre a Genova, si conservano di lui sei candelabri in bronzo. A Milano, a detta del Soprani e del Ratti, sarebbe stato avviato alla pittura da G. B. Crespi, morto peraltro nel 1633, quando Giovanni Battista doveva essere ancora in giovanissima età. Illeggibili sono i suoi affreschi nella sacrestia della chiesa parrocchiale di S. Giorgio a Bavari (Genova) e perdute altre opere di cui parla il Ratti (alcune "tavoline molto speciose" e vari lavori commissionatigli dalla Francia, tra cui una "figura di Bacco più grande del naturale").
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