BARDI, Giovanni Maria, dei conti di Vernio
Nacque a Firenze il 5 febbr. 1534, come testimonia il fiorentino Francesco Giuntini nel suo Speculum Astrologiae (Lugduni 1583, 1, p. 179). Figlio di Camillo di Filippo Alberto e di Argentina di Pier Antonio de' Bardi, venne addestrato alle amú, ma ricevette anche una raffinata educazione umanistica.
Dové superare in gioventù burrascose vicende. Nel 1552 subì tre processi per violenze commesse durante il carnevale, ma ne uscì con una lieve condanna a pochi mesi di confino. Nel 1553-54 partecipò alla guerra di Siena con le bande del duca Cosimo e nel 1565 parti alla difesa di Malta, assalita dai Turchi, col contingente di truppe inviato dal duca al comando di Chiappino Vitelli. Fu poi uno dei capitani che avrebbero dovuto porsi al comando dei tremila fanti toscani richiesti dall'imperatore Massimiliano II per fronteggiare l'avanzata dei Turchi in Ungheria. Il duca, che pensava al matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d'Austria, sorella dell'imperatore, aveva aderito immediatamente alle richieste di Massimiliano II, ma il B. non ebbe modo di segnalarsi in tale occasione poiché i Turchi si erano ritirati prima ancora dell'arrivo dei Toscani.
Il B. godé particolari favori sotto il granducato di Francesco I, ma anche sotto Ferdinando I continuò a svolgere la propria attività presso la corte. Nel 1592 papa Clemente VIII, che da cardinale era stato molto legato alla famiglia Bardi, si affrettò a chiamarlo a Roma conferendogli la dignità di maestro di camera e la carica di luogotenente generale della guardia pontificia; nel '94 lo assegnò come consigliere del proprio nipote-Gian Francesco Aldobrandini, comandante delle truppe pontificie, contro i Turchi in Ungheria. Il B. si segnalò all'assedio di Strigonia (Esztergom) e di Viszgrad. Il nuovo pontefice Leone XI, che era imparentato con la sua famiglia, lo confermò nelle cariche a corte, che gli furono tolte invece dopo l'elezione di Paolo V. Tornò (1605) a Firenze, dove morì nel settembre del 1612.
Nel 1562 aveva sposato Lucrezia Salviati, figlia di Pietro e unica erede della famiglia. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Filippo, vescovo di Cortona nel 1604; Cosúno, nunzio di papa Urbano VIII e arcivescovo di Firenze,nel 1630; Alfonso, cavaliere gerosolimitano" e Pietro, del quale si ricorda una lettera del A dic. 1643 indirizzata a G. B. Doni, documento prezioso sulle origini del melodramma e sulle riunioni tenutesi per parecchi anni nella casa patema che,, dal nome del suo principale animatore e mecenate, si è soliti designare come la "Camerata" dei Bardi.
Il B. alternava l'attività di uomo d'armi con le mansioni di gentiluomo di corte ed ebbe parte attiva nella vita letteraria e musicale della sua città. Profondo conoscitore delle letterature classiche, esperto nella lingua latina e nella greca, divenne membro dell'Accademia degli Alterati il 30 giugno 1574 con il nome di Puro. Vi svolse un ruolo di primo piano nella famosa polemica che si accese fra i fautori della poesia dell'Ariosto e di quella del Tasso, polemica ripresa con maggiore intensità all'Accademia della Crusca. Egli si schierò tra i difensori più intransigenti dell'Ariosto insieme con Leonardo Salviati e Sebastiano de' Rossi. Invitò, con una lettera del 29 dic. 1584, Francesco Patrizi a entrare nel vivo della discussione e ottenne da lui un Parere in difesa dell'Ariosto (Firenze, Bibl. Laurenziana, ms. Ashburnham 558) che, come si legge in un diario ms. dell'Accademia degli Alterati, venne letto dal B. il 7 febbr. 1585. A questo Parere replicò il Tasso con un Discorso... indirizzato allo stesso B. e stampato a Ferrara nel 1585.
Il 12 marzo 1585 il B., con il nome di Incruscato, entrò nell'Accademia della Crusca, che aveva allora come arciconsolo G. B. Deti, divenendone presto uno dei consiglieri. Il 14 sett. 1588 fu eletto arciconsolo e rimase in carica fino al 3 ag. 1589. Fu il periodo in cui si elaborarono i nuovi statuti, ma, sebbene i membri dell'Accademia fossero soliti riunirsi in casa Bardi, chi diresse le discussioni fu il figlio Pietro. Ad altri e ben più importanti trattenimenti di musicisti, di cantori e di letterati (fra i quali G - Caccini, V. Galilei, G. Strozzi, ecc.),. avvenuti nella casa del B. probabilmente dal 1576 al 1582 circa, egli partecipò invece attivamente .
Gli argomenti musicali di queste riunioni erudite, che dall'ambiente in cui si svolsero dettero il nome alla "Camerata dei Bardi", erano da una parte la critica - sulla base umanistica d'interpretazioni filologiche, matematiche ed acustiche degli antichi scrittori di musica - della polifonia contrappuntisfica allora imperante e dall'altra la ricerca, sul principio della semplicità monodica antica, di una musica rappresentativa che rinnovasse il potente e magico effetto della musica greca. Il movimento della "Camerata", l'attività e gli esperimenti dei suoi membri principali furono una delle più valide premesse al concretarsi della nascita del melodramma.
Nel 1589 il granduca Ferdinando affidava al B. la preparazione dei famosi Intermedi, che venivano a coronare una sua attiva collaborazione per l'allestimento delle solenni feste. di corte.
Nel 1584, in occasione delle cerimonie indette a Firenze per il matrimonio di Vincenzo Gonzaga con Eleonora de' Medici, venne tra l'altro cantato un madrigale di G. B. Strozzi ("Mentre gli acuti dardi"), musicato dal Bardi. Nel 1586, in occasione di altre nozze principesche, una sua commedia, oggi perduta, L'Amico Fido, venne "tra molte bellissime ed eccellentissime commedie, - scelta per la migliore", secondo la testimonianza di Bastiano de' Rossi (Descrizione del magnificentiss. Apparato e de' meravigliosi Intermedi..., Firenze 1586).
Sei furono gli Intermedi ideati dal B., vertenti sul tema del ritorno sulla terra della mitica età dell'oro. La magnificenza dell'apparato esteriore dovuto alla geniale opera dell'architetto Bernardo Buontalenti contribuì non poco al successo. La musica è andata perduta: doveva trattarsi di un dialogo di cori e di a solo con larga partecipazione strumentale, ma i compositori (C. Malvezzi A. Striggio, e lo stesso B., autore del sesto intermedio) non si discostarono certamente molto dai "madrigali da cantare e da sonare", eseguiti da un solo cantore e dagli strumenti.
Con l'elezione a granduca di Ferdinando (nell'ottobre del 1587) l'astro del B. cominciò a declinare, anche se ancora a lui, sempre associato al Buontalenti per la cura dell'apparato scenico, venne affidata la preparazione degli Intermedi del 1589. A limitare però in un certo senso la sua supremazia, Emilio de' Cavalieri veniva nominato dal 3 sett. 1588 intendente generale delle belle arti e direttore di scena, dei cantanti e degli attori. Gli Intermedi del 1589 segnarono l'apogeo di questo genere di spettacolo: vennero eseglliti il 2 maggio 1589 a palazzo Pitti, con la commedia La Pellegrina di Girolamo Bargagli, per celebrare degnamente il matrimonio del duca con Cristina di Lorena. " Furono ripetuti ancora con la commedia della Zingana recitata dai Gelosi il 6 maggio, con la Pazzia di Isabella Andreini il 13, e infine il 16 dello stesso mese nuovamente con La Pellegrina.
Nelle intenzioni del B. - che si ispirava al gusto classicista verso cui si era da tempo orientato unitamente ai compagni della "Camerata" - gli Intermedi avrebbero dovuto rivelare la potenza che la musica esercita sull'animo umano. Il primo, il quarto e il qumto di essi (i quali hanno rispettivamente come soggetto l'armonia delle sfere, la regione de' demoni, il canto d'Arione) possono infatti ritenersi delle allegorie in senso platonico sul significato della musica mundana, cioè della musica nel "cosmo". Il secondo, terzo e sesto (la gara fra le Muse e le Pieridi, il combattimento pitico di Apollo, la discesa di Apollo e Bacco col Ritmo e l'Armonia) sono da considerarsi esemplificazioni di musica humana, adatti a mostrare cioè gli effetti psichici della musica. Le musiche di questi Intermedi, composti da Malvezzi, Cavalieri, Peri, Marenzio e B. (al quale si deve il madrigale del quarto Intermedio, "Miseri abitator del cieco Averno") e giunti a noi attraverso una rara stampa del 1591, sfruttano al massimo le risorse della polifonia, segnando in questo senso un regresso rispetto agli Intermedi del 1586. Sembrerebbe quasi che il B., fino allora uno dei più fervidi sostenitori dello stile monodico, non sperasse più in una pronta attuazione dell'auspicata riforma musicale.Del B. compositore si conosce anche un madrigale incluso nella raccolta Il Lauro secco (Libro Primo di Madrigali a cinque voci di diversi autori, Ferrara 1582), musica non spregevole, ma ancora legata ai canoni contrappuntistici. Notizie sull'attività - marginale, ma non per questo del tutto trascurabile - del B. come compositore si hanno ancora dopo il suo trasferimento a Roma. Così in una sua lettera del 3 ott. 1595 al duca di Ferrara da Roma egli parla dell'invio "... di una musica fatta secondo il mio solito col verso intero, e cm la spressione delle parole e concetto". La sua produzione musicale, tuttavia, se mostra da un lato la profonda conoscenza anche dell'arte dei suoni, rimane però, data la molteplicità di interessi del B., forzatamente ridotta, rispetto a quella dei musicisti di professione.
Ben diversa importanza egli ebbe per l'impulso dato, attraverso la "Camerata", al rinnovamento musicale e, come teorico, per il suo Discorso mandato... a Giulio Caccini detto Romano sopra la Musica antica, e' l cantar bene, incluso nei Trattati di musica di Gio. Battista Doni, raccolti e pubblicati per opera di Anton Francesco Gori...(Firenze 1763, pp. 233-248).
Il Discorso offre certamente una sintesi di ciò che doveva essere stato materia di lungo dibattito nei dotti conversari della "Camerata". Vi si proclama l'eccerenza della musica greca e, richiamandosi all'autorità di Platone, il B. vede nella musica un insieme di "parola, armonia, ritmo". Alla musica vocale vanno tutte le sue preferenze; ma, pur considerando la monodia la forma più nobile dell'espressione musicale, asserisce che una riforma non può essere attuata che per gradi.
Il Discorso non è databile con sicurezza, ma si propende ormai a credere che sia stato scritto prima del 1590, prima cioè che Giulio Caccini, dedicatosi alla composizione solo in età matura, creasse alcuni pezzi nel nuovo stile monodico inseriti poi ne Le nuove Musiche (Firenze 1601). In realtà queste composizioni - lo dichiara esplicitamente l'autore - erano state eseguite sicuramente nel 1592, quando il Caccini, da tempo segretario del B., si era recato a Roma per procurargli una degna sistemazione. Nulla della riforma attuata poi dal Caccini era invece noto al B. quando scriveva il suo Discorso,mentre doveva risultargli chiaro il fallimento sul piano estetico degli esperimenti di Vincenzo Galilei, assiduo frequentatore (1577-1582) della "Camerata".
Grazie al mecenatismo del B., questi aveva potuto ultimare e pubblicare nel 1581 il suo Dialogo della musica antica e moderna, nel quale il B. compare non solo come il dedicatario dell'opera, ma anche, assieme ad un altro membro della "Camerata", il poeta G. B. Strozzi, come interlocutore: Il Dialogo doveva essere maturato proprio attraverso le discussioni in casa Bardi: le teorie di cui il Galilei si fece assertore si possono infatti sintetizzare nella critica alla polifonia allora iniperante e nell'invocato e necessario ritorno alla monodia che sola, nel passato, era stata capace di tradurre in musica l'espressione della poesia.
Assiduo frequentatore della "Camerata" era stato anche Giulio Caccini, il creatore del nuovo stile monodico: nella prefazione de Le nuove Musiche ricorda che in casa Bardi "concorreva non solo gran parte della nobiltà ma ancora i primi musici et ingegnosi uomini, e poeti e fìlosofi della città" ed asserisce "d'aver appreso più dai loro dotti ragionari, che in più di trent'anni non ho fatto nel contrappunto...". Forse, ma non è accertata la loro presenza, convennero dai Bardi anche il Peri, il Rinuccini e Iacopo Corsi, presso il quale, dopo la partenza del B. da Firenze, si raccolsero i membri della "Camerata".
Nel 1592 il B. raggiunse Roma ove svolse gli incarichi affidatigli da Clemente VIII, e poi confermati da Leone XI. Agli anni romani deve probabilmente ascriversi un'altra opera che dimostra il suo vivo interesse per i monumenti dell'antichità classica: Dell'Imp. Villa Adriana e di altre sontuosissime già adiacenti alla città di Tivoli. Descrizione di Giovanni de' conti Bardi..., riesumata da un ms. della Biblioteca nazionale di Firenze da D. Moreni e da lui pubblicata (Firenze 1825). A questo periodo risale anche il Ristretto della grandezza di Roma al tempo della Repubblica e degli Imperatori. Tratto con breve, e distinto modo dal Lipsio, e altri Autori antichi...(Roma 1600) e il trattato Eorum quae vehuntur in aquis experimenta a Ioanne Bardio fiorentino ad Archimedis trutinam examinata, che comparve postumo a Roma nel 1614.
Al B. si deve anche un'operetta sul gioco del calcio (Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino. Del Puro Accademico Alterato..., Firenze 1580), dedicato al granduca Ferdinando I, che godé di un certo favore come dimostrano le tre ristampe del 1615, 1673 e 1688. Un'egloga del B. si trova manoscritta alla Biblioteca Riccardiana di Firenze (segn. B. 0. IV. XXII); alcune rime e un capitolo alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze (segn. Misc. cl. VII. 877).
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