BARATTA
Un grande numero di scultori dal nome Baratta, vissuti nei secoli XVI-XIX, vengono confusamente ricordati nelle Memorie biografiche del Campori e nel Thieme-Becker. Solo recentemente la critica, servendosi del manoscritto di N. Gabburri con la Vita di Giovanni di Isidoro Baratta (Firenze, Bibl. Naz., cod. Pal. 1377-81, ff. 1308, 2181),ha potuto stabilire i rapporti tra i membri artisticamente più importanti della famiglia.
Iacopo è il primo ad essere ricordato: era un semplice scalpellino, alla fine del Cinquecento, nel villaggio di Monte Marcello presso Sarzana. Ebbe tre figli: Giovanni Maria, architetto, Francesco e Isidoro; Giovanni Maria e Francesco andarono a Roma, Isidoro seguì l'arte del padre e si stabilì a Carrara.
Anche Isidoro ebbe tre figli: Pietro, che lavorò per lo più a Venezia; Giovanni, il più famoso della famiglia; Francesco, che operò specialmente a Genova. L'asserzione del Temanza (Zibaldon di memorie storiche,ms., Venezia, Seminario patriarcale) che Pietro ebbe un fratello Tommaso è evidentemente un errore. A queste tre generazioni possono essere associati alcuni altri artisti dal nome Baratta. Quel Giovanni Battista citato dallo Zani come "figlio di Iacopo architetto massese operava 1614" è evidentemente un errore, tanto di nome quanto di data, per Giovanni Maria che è detto "G. B." dal Titi (F. Titi, Studio di pitture... nelle chiese di Roma,Roma 1674, p. 263).
Il Campori cita, da una lettera del 1618,un Giuseppe, figlio di "Andrea del qm. Francesco Baratta da Carrara", che era allievo di Vitale Finelli a Napoli; deve essere stato della generazione di Giovanni Maria, ma non ne sappiamo altro.
Giovanni Iacopo, pittore al quale è tradizionalmente ascritta la pala dell'altare maggiore di S. Giacomo a Carrara, deve aver lavorato nel primo Seicento.
Un Pietro è menzionato in una lettera del 1674come collaboratore di Lorenzo Volpi a una pala marmorea per il duca di Guastalla: deve aver appartenuto alla generazione di Isidoro e non può quindi essere identificato con Pietro di Isidoro.
Un Giuseppe scultore appare a Roma nel 1675:assistente del Bernini, cominciò in quell'anno la mezza figura della Prudenza per il monumento ad Alessandro VII in S. Pietro, ma pare che l'opera non avesse soddisfatto perché G. Cartari, l'anno dopo, subentrò nel lavoro e Giuseppe ripiombò nell'oscurità. Potrebbe essere, benché paia difficile, che questo Giuseppe sia da identificarsi con il Giuseppe che intorno al 1732scolpì una bella statua di S. Mattia per Mafra (Portogallo). Una statua di S. Matteo,sempre a Mafra e dello stesso periodo, è firmata "Giacobbe Baratta". Sembra probabile che entrambe le statue siano opera di scultori della generazione successiva a quella di Giovanni di Isidoro, pur potendosi identificare Giacobbe con quel Giovanni Giacomo che provvide alle colossali statue di Davide e di Gioacchino collocate nel 1722 sull'altare della Madonna della Steccata a Parma.
Nel 1702 un certo Giovanni Maria iunior vinse il primo premio della prima classe per la scultura dell'Accademia di S. Luca a Roma.
Un altro scultore del primo Settecento dal nome Baratta appare soltanto in una caricatura di P. L. Ghezzi (Bibl. Vatic. cod. Ottobon. 3112, f. 122)elencata nell'indice con la scritta "Sigre". Bartolomeo Baratta p. scultore Fiorentino [corretto in margine: "di Carrara" ] di anni 42 facto nella meda congiuntura che ero in Firenze alli 15 aprile 1711".
A metà dei sec. XVIII Domenico di Carlo lavorò il ciborio assai elegante dell'altare del Sacramento nel duomo di Pietrasanta, ma non sono documentate altre sue opere.
Un altro Giovanni appare sulla scena nel 1736,quando scrisse al conte Alderano Luciani facendo riferimento a statue che stava scolpendo per Napoli. Nel 1767 mandò un gruppo di puttini al vescovo di Augusta. Probabilmente è lo stesso Giovanni Maria che figura tra i professori di scultura dell'Accademia di Carrara alla sua inaugurazione nel 1769. Egli è presumibilmente il padre di quel Giuseppe Antonio di Gianmaria iunior che scolpì il Ratto di Europa descritto nel Giornale delle Belle Arti del 1784. Questo artista nel 1788 continuò l'opera di L. Guiard al monumento a S. Bernardo per l'abbazia di Clairvaux, ma lo lasciò incompiuto. Nel 1818 era ancora vivo. Suo figlio Lorenzo (Carrara 1782 - ibid. 1850) è ricordato tra gli scultori che hanno lavorato a sculture ornamentali per il duomo di Milano nella prima metà dell'Ottocento.
Bibl.: Giornale delle Belle Arti, Roma 1784, p. 139; p. Zani, Encicl. metodica... delle Belle Arti,I,3, Parma 1820, p. 59; G. Campori, Memorie biografiche degli scultori... di Carrara, Modena 1873, pp. 14-25; R. Wittkower, Gian Lorenzo Bernini,London 1955, p. 238; Ayres de Carvalho, A Escultura em Mafra,Mafra 1956, p. 49; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon,II, pp. 454-457. Per Francesco di Iacopo, Francesco di Isidoro, Giovanni, Giovanni Maria e Pietro vedi le singole voci.