LUPETINO (Lupatino, fra Baldo d'Albona; la forma moderna croata Lupetina non è attestata nel secolo XVI), Baldo
Nacque ad Albona, sulla costa orientale dell'Istria veneziana, nel 1502 o nel 1503, da una famiglia appartenente al patriziato locale, imparentata con i Luciani e i Vlacich.
Il futuro teologo luterano intransigente Mattia Flacio (Matija Vlačić; 1520-75) era figlio di una sua cugina; sembra invece esclusa la parentela con il filosofo Francesco Patrizi da Cherso (1529-97).
Della prima parte della vita del L. si sa molto poco. A 14 anni entrò nel convento dei frati minori conventuali di Albona, che faceva parte della provincia dalmata dell'Ordine: qui si segnalò subito come predicatore sia in italiano, sia nei dialetti croati della zona. Alla fine degli anni Trenta doveva già essere sostenitore delle dottrine dei riformatori evangelici tedeschi, poiché indusse il giovane nipote Flacio, studente di umanità a Venezia, a proseguire i suoi studi in Germania, invece di entrare in convento; in questa occasione il L. gli avrebbe letto passi delle opere di Lutero (Mirkovič, p. 56 e n.).
Flacio, infatti, nel 1539 si immatricolò all'Università di Basilea, si trasferì poi a Tubinga e infine a Wittenberg.
Sempre negli anni Trenta il L. entrò probabilmente in contatto con i fratelli Bernardino e Francesco Barbo, signori di Cosliaco nell'Istria austriaca, anch'essi convinti luterani: nel 1551 l'anabattista Pietro Manelfi riferì all'Inquisizione di Venezia che F. Barbo aveva "gran numero de libri Lutherani per ciò che ha tutta la libraria di frate Baldo" (Ginzburg, p. 52). I Barbo erano imparentati con i Patrizi (Petris), influente famiglia di Cherso, isola veneziana del Quarnaro, sede di un importante convento dei frati minori conventuali. Il L. predicò più volte a Cherso nel periodo quaresimale, forse già a partire dal 1535, su invito del Consiglio cittadino, in cui aveva un ruolo dominante Stefano Patrizi. Particolarmente apprezzato fu il ciclo di prediche del 1541, tanto che il 1( maggio di quell'anno il Consiglio approvò per il frate una "elemosina" di 20 ducati come premio per la sua predicazione, "cum instruxerat bene et optime totum populum istum" (Lemessi, I, p. 197).
A Cherso il L. si trovò coinvolto nel conflitto tra il Consiglio cittadino e Giacomo Curzolan, cancelliere del conte-podestà veneziano, che il Consiglio all'inizio del 1541 aveva bollato come "persona infamis" (ibid., p. 196).
Il 1( ott. 1541 Curzolan denunciò il L. al Consiglio dei dieci a Venezia per il contenuto della sua predicazione quaresimale: si era espresso contro il libero arbitrio, le indulgenze, il purgatorio, negando il digiuno, la confessione e altre affermazioni della dottrina cattolica. Alcuni ragguardevoli cittadini di Cherso, laici ed ecclesiastici, erano diventati suoi seguaci, primo tra tutti S. Patrizi. La denuncia non ebbe effetti immediati, anche se furono ascoltati alcuni testimoni.
Nella primavera del 1542 il L. fu nuovamente invitato a predicare per la quaresima e il 20 agosto il Consiglio votò per lui una seconda assegnazione di 20 ducati. L'anno seguente, il 19 aprile, S. Patrizi fu delegato a rappresentare la comunità a Venezia nella vertenza contro Curzolan.
Intanto, il 4 nov. 1542, per ordine del Consiglio dei dieci il L. era stato arrestato e incarcerato a Venezia. Nel 1543 Flacio, che studiava a Wittenberg, si recò a Venezia a visitare il parente e presentò al Senato una lettera in suo favore sottoscritta dai capi della Lega di Smalcalda, in data 26 giugno 1543. Le autorità veneziane, pur dubitando dell'autenticità del documento, stabilirono però che si trattava unicamente di una causa ecclesiastica, priva di implicazioni politiche. In agosto il L. fu condannato al carcere perpetuo e a una multa di 100 ducati. Durante la detenzione fu aiutato finanziariamente dai parenti istriani e dai mercanti del fondaco dei Tedeschi: il trattamento di favore gli procurò forti antipatie tra gli altri prigionieri.
In carcere il L. continuò a manifestare la sua fede luterana. Il 22 sett. 1547 si aprì il processo vero e proprio davanti al S. Uffizio veneziano. Gli furono presentati 16 articoli, relativi alle sue prediche a Cherso del 1541-42, e gli fu intimato di rispondere nel giro di cinque giorni. Il frate rispose "secondo la scrittura santa", confermando punto per punto le proposizioni luterane addebitategli; quanto alla sentenza, sia per la prima, sia per quella che stava per essere pronunciata, si appellò contro i giudici "al futuro Concilio generale libero" (Articoli proposti a fra Baldo(, c.[6]v). Il 27 ottobre, giacché l'imputato si mostrava impenitente, il nunzio Giovanni Della Casa e i Tre savi all'eresia sottoscrissero la condanna a morte mediante decapitazione in piazza S. Marco, con successivo rogo del cadavere, "talmente che la pena sua sia exempio ad altri". La sentenza, invece, per ordine del Consiglio dei dieci non fu eseguita nonostante le proteste del nunzio e della parte del Senato più vicina alle posizioni papali. In quella circostanza il vescovo Agostino Lippomano scrisse a Roma che il L. era "il più gran Lutherano del mondo" (Buschbell, p. 289).
Mentre pendeva su di lui la condanna a morte, il L. riuscì a far uscire dal carcere la sua risposta agli inquisitori, che gli amici istriani fecero stampare forse con l'intervento di Flacio.
L'opuscolo, sei carte senza dati tipografici, fu sequestrato ai venditori ambulanti sul ponte di Rialto il 22 dic. 1547, e il 9 genn. 1548 fu presentato al Consiglio dei dieci, che ordinò una rigorosa inchiesta a Venezia e a Padova; non fu possibile, tuttavia, individuare lo stampatore. Il testo dovette circolare subito anche in Germania, poiché già il 6 febbraio ad Augusta Kaspar Schwenckfeld lo aveva parzialmente tradotto e commentato in una sua lettera. Negli anni seguenti gli scritti del vescovo istriano in esilio Pier Paolo Vergerio e dello stesso Flacio continuarono a mantenere vivo negli ambienti evangelici il ricordo del L. imprigionato, "verissimo martire di Giesu Cristo" (Vergerio, Catalogo del Arcimboldo, c. D3v). Nell'estate del 1553 i due istriani convinsero il duca Cristoforo del Württemberg a intercedere per il L. presso il nuovo doge Marcantonio Trevisan; l'inviato del duca fu però arrestato a Brescia, creando un incidente diplomatico (Vergerio, Del cardinal Durante). Il 7 settembre il Consiglio dei dieci, pur scusandosi con il duca per l'accaduto, gli rispose che non era facoltà della Repubblica sovvertire una sentenza dell'Inquisizione.
Durante la prigionia il L. professò sempre il luteranesimo, nonostante le simpatie dei dissenzienti religiosi in Italia si volgessero in altra direzione. A Cherso Gian Giorgio Patrizi, fratello del suo antico protettore Stefano (morto nel 1551), che aveva sposato Anna Barbo, era passato all'anabattismo, ed evitò con la fuga l'arresto da parte dell'Inquisizione. Un compagno di cella del L., il mercante Giambattista da Voltolina di Tirano, anabattista e antitrinitario, nell'ottobre 1553 riferiva del L.: "El me è contrario circa l'incarnation de Jesu Christo de spiritu sancto, ché lui la tiene et mi non la tengo" (Stella, p. 96 n.). Il L. continuava a predicare e a scrivere, in versi e in prosa. Nel 1552 fu messo a pane e acqua per cinque mesi, come punizione per aver composto un elogio di Renata di Francia, duchessa di Ferrara, che proteggeva i seguaci delle dottrine evangeliche; inoltre, discuteva di religione con gli ecclesiastici che visitavano la prigione, in particolare con i frati domenicani.
Il 12 sett. 1555 il S. Uffizio veneziano aprì un terzo processo nei suoi confronti. Dopo un lungo esame dei testimoni - tutti prigionieri del carcere veneziano di S. Maria in Bragora - il L. fu interrogato dal 7 al 21 luglio 1556, in cinque sedute. Continuò a sostenere le proprie posizioni, rifiutando le domande degli inquisitori e rivolgendosi solo ai magistrati laici del tribunale (i Savi all'eresia). Alle consuete affermazioni sul primato delle Scritture, sui santi, sul purgatorio, sui cibi proibiti, egli aggiunse un feroce attacco al papa, accusandolo di aver venduto Cristo per acquistare il potere temporale (interrogatorio del 14 luglio). Falliti i tentativi di costringerlo all'abiura, fu deciso di giustiziarlo sine sonitu et sine strepitu, mediante annegamento.
La sentenza, pronunciata il 17 sett. 1556, stabilì che il L. fosse espulso dall'Ordine ecclesiastico e subito consegnato ai carnefici, per essere gettato in mare "di modo ch'esso fra Baldo se habbia totalmente da annegare et affogar dentro al detto mare et così terminar la sua vita".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, S. Uffizio, Processi, b. 10; Articoli proposti a fra B., preggione in San Marco, con la risposta de esso frate, s.l. né d. [ma 1547]; P.P. Vergerio, Il catalogo de' libri, li quali nuovamente nel mese di maggio nell'anno presente MDXLVIIII sono stati condannati, s.l. né d. [ma Poschiavo 1549], c. 4v; M. Flacio, Apologia ad scholam Vitebergensem in adiaphorum causa, Magdeburgi 1549, c. B3r; P.P. Vergerio, Del cardinal Durante, che ha posto in priggione un ambasciador di uno di maggiori principi dell'Imperio, s.l. né d. [ma 1553], pp. 7 s.; Id., Catalogo del Arcimboldo, s.l. né d. [ma Tübingen 1554], cc. D3v-[D4]r; M. Flacio, De sectis, dissensionibus, contradictionibus et confusionibus doctrinae, Basileae 1565, pp. 17, 43 s.; D. Gerdes, Specimen Italiae reformatae, Lugduni Batavorum 1765, pp. 172 ss.; E. Comba, B. L. martire della religione e della libertà, in Rivista cristiana, III (1875), pp. 5-20, 49 s.; E. von Kausler - T. Schott, Briefwechsel zwischen Christoph, Herzog v. Württemberg und P.P. Vergerio, Tübingen 1875, ad ind.; Anonimo, La Penna (Rovigno), 1( nov. 1886, pp. 33 s. (esatto resoconto dei processi); K. Benrath, Geschichte der Reformation in Venedig, Halle 1887, ad ind.; P. Stancovich, Biografia degli uomini distinti dell'Istria, Capodistria 1888, pp. 184, 187 s., 190; E. Comba, I nostri protestanti, II, Durante la Riforma nel Veneto e nell'Istria, Firenze 1897, pp. 325-360 (lo studio da cui dipendono quasi tutti i lavori successivi); Bullingers Korrespondenz mit den Graubündnern, a cura di T. Schiess, I, Basel 1904, p. 322; L. Campana, Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi, in Studi storici, XVII (1908), pp. 212 ss.; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI. Jahrhunderts, Paderborn 1910, ad ind.; Corpus Schwenckfeldianorum, a cura di C.D. Hartranft et al., XI, Letters and treatises( 1547-1550, Leipzig 1931, pp. 487-498; XII, Letters and treatises( 1550-1552, ibid. 1932, pp. 34 s., 40, 99, 623; V. Meneghin, Fra Giulio Morato da Capodistria, in Atti e memorie della Soc. istriana di archeologia e storia patria, n.s., III (1954), pp. 131, 141 s., 145; P. Paschini, Venezia e l'Inquisizione romana da Giulio II a Paolo IV, Padova 1959, pp. 101-104, 122; A. Stella, Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo, Padova 1969, pp. 83-86, 96; I costituti di don Pietro Manelfi, a cura di C. Ginzburg, Firenze-Chicago 1970, pp. 52, 79; N. Lemessi, Note storiche, geografiche, artistiche sull'isola di Cherso, I, Roma 1979, pp. 196-199, 223 s.; M. Mirkovič, Matija Vlačić Ilirik, I, Pula-Rijeka 1980, pp. 46-67, 96-101, 119-122 e passim; C. Vasoli, A proposito di F. Patrizi, G.G. Patrizi, B. L. e Flacio Illirico. Alcune precisazioni, in L'umanesimo in Istria, a cura di V. Branca - S. Graciotti, Firenze 1983, pp. 40 s., 43 s., 47, 52; J. Martin, Venice's hidden enemies. Italian heretics in a Renaissance city, Berkeley - Los Angeles - London 1993, pp. 68 s., 189; O.K. Olson, B. L. Venetian martyr, in Lutheran Quarterly, VII (1993), pp. 7-18; S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Torino 1997, ad ind.; A. Del Col, I contatti di P.P. Vergerio con i parenti e gli amici italiani dopo l'esilio, in Pier Paolo Vergerio il Giovane, a cura di U. Rozzo, Udine 2000, pp. 60 s.; J. Tedeschi, The Italian Reformation of the sixteenth century( A bibliography of the secondary literature, Modena 2000, pp. 338 s.; O.K. Olson, Matthias Flacius and the survival of Luther's Reform, Wiesbaden 2002, ad ind.; S. Cavazza, P.P. Vergerio e Flacio Illirico per B. L., in Quaderni giuliani di storia, XXVI, (2005), pp. 127-141.