MALAMINI, Baldassarre
Nacque a Cento, nel Ferrarese, presumibilmente tra il 1535 e il 1540. Da un contratto stipulato nel 1581 risulta figlio di Francesco, allora già morto (Zaffagnini, pp. 210, 216). Nulla si sa circa il suo apprendistato come organaro; è invece documentata la collaborazione con Benedetto Schiaminosse, appartenente a una famiglia di organari di Sansepolcro, la cui attività si svolgeva prevalentemente fra lo Stato della Chiesa, il Granducato di Toscana, i Ducati di Ferrara e di Urbino, e il Regno di Napoli. Il primo dato certo del rapporto fra il M. e Schiaminosse risale agli anni 1565-67, quando i due lavorarono all'organo del duomo di Sansepolcro. Da questa città, il 2 marzo 1567, il M. inviò una lettera all'arcivescovo di Ravenna, con la quale cercò di ottenere l'incarico per la costruzione dell'organo della cattedrale ravennate; nella lettera metteva in risalto la lunga esperienza dello Schiaminosse ("il mio compagnio è invecchiato nello esercitio et à fato forse trenta opere come si puole vedere", Casadio, 1939, pp. 173 s.), ma l'iniziativa non ebbe successo, forse perché il M. era ancora giovane e agli inizi della carriera. Grazie ai rapporti di lavoro che lo legarono allo Schiaminosse, è molto probabile che il M. abbia conosciuto due fra i più importanti maestri transalpini attivi in Italia nella seconda metà del Cinquecento: l'organaro francese Vincenzo Quemar di Parigi (alias Fulgenzi), che nel 1568 sposò a Recanati la figlia dello Schiaminosse, Bartolomea, e il fiammingo Sebastiano Hay, nipote di A. Willaert e organista a Loreto. Proprio sotto la direzione dello Hay, il M. costruì nel 1589 l'organo di S. Agostino a Esanatoglia (Macerata).
L'attività del M. si svolse principalmente nell'Italia centrosettentrionale. Se si contano gli organi costruiti ex novo, quelli restaurati o rifatti, si conoscono 46 lavori del M. nelle località di Sansepolcro, Assisi, Cento, Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Cesena, Ravenna, Fermo, Esanatoglia e Loreto. La sua prima opera documentata è l'organo di S. Procolo (1580) a Bologna, del quale curò regolarmente la manutenzione fino al 1614. Nella stessa città nel 1596 costruì in S. Petronio il suo primo organo di grandi dimensioni (16 piedi), tuttora esistente, nel 1659 spostato in cornu Evangelii. Per l'organo della cattedrale di Reggio Emilia, che costruì nel 1609, ottenne un lusinghiero attestato di stima da parte del noto organista e organaro bresciano Costanzo Antegnati, il quale nell'atto di collaudo, redatto il 16 marzo 1611, dichiarò "che è organo godibile et buono et è fatto da huomo da bene" (Saccani, p. 7). All'elenco dei lavori noti del M., redatto da L.F. Tagliavini (Giovannini, 2005, pp. 14 s.), vanno aggiunti un intervento eseguito nel 1565 su uno dei due organi della basilica di Assisi e l'organo di S. Pietro a Cento (1573).
Sempre nel 1609, il M. è ricordato da Banchieri per il restauro degli organi della Santa Casa di Loreto, a proposito di "organi, organisti & organari cellebri agli tempi moderni".
Il M. morì a Bologna nel 1614 e la sua attività fu proseguita dal figlio Fabio.
Dal punto di vista costruttivo, il M. rimane fedele all'impianto tradizionale dell'organo italiano cinquecentesco; solitamente si tratta di strumenti di 10 o 12 piedi (16 nel caso di S. Petronio a Bologna), con tastiera di 50 note e registri costituiti dalle file di ripieno e - caratteristica peculiare - da tre flauti (in ottava, in duodecima - chiamato anche "nasarda" - e in quintadecima). I suoi organi sono stilisticamente divergenti dal purismo antegnatiano, e presentano fin dalle prime opere soluzioni timbriche innovative (i registri di concerto) che arricchiscono le risorse sonore dell'organo italiano. In qualche caso dalla composizione si nota l'assenza del ripieno delle file in decimanona o in vigesimasesta, o di entrambe (Bologna, S. Maria di Galliera, 1588; Esanatoglia, S. Agostino, 1589); mentre di solito sono presenti tre flauti, che talvolta salgono a quattro, con l'aggiunta di quello unisono del principale nello strumento di S. Vitale (1581) a Ravenna. Il M. impiegò frequentemente i registri ad ancia, quali i tromboni e i "violini cioè regal picolo" (Modena, cattedrale, 1595; Giovannini, 1980, p. 59); quest'ultimo registro è chiamato anche "storte" (Bologna, S. Procolo, 1580; Fanti, p. 202); come il contemporaneo Giovanni Cipri, il M. non usava il registro della voce umana ("fiffaro"). In varie occasioni si avvaleva della spezzatura in bassi e soprani dei registri, come praticato dagli organari oltremontani. Non mancano infine i registri accessori del tremolo, del tamburo e del rosignolo o "uccellini".
Tra gli strumenti superstiti del M., il monumentale organo in S. Petronio (1596) a Bologna è stato impiegato in diverse registrazioni discografiche realizzate dalla casa parigina Erato tra il 1963 e il 1966, e dalla Ricordi nel 1971 (collana "Antichi organi italiani"). Quest'organo è stato restaurato e inaugurato nel 1982; grazie al recupero del temperamento del "tono medio" e dei tasti spezzati, la sua sonorità è pienamente apprezzabile nelle incisioni discografiche più recenti. Al recupero di questo importante strumento va ad aggiungersi quello di S. Domenico (1601) a Cesena, restaurato nel 2005.
Fonti e Bibl.: Parma, Biblioteca Palatina, Fondo Parmense, 3774: N. Vignali, Cronologia del monastero di S. Procolo e della religione Benedettina Cassinese in Bologna, II, cc. 614, 621-622, 625, 632, 654 (sec. XVII); A. Banchieri, Conclusioni nel suono dell'organo, Bologna 1609, p. 12; A. Orsini, Cenni biografici degli illustri centesi, Cento 1880, p. 110 (rist. anast., Bologna 1977); F. Trebbi - G. Filoni Guerrieri, Erezione della chiesa cattedrale di Fermo a metropolitana. Terzo centenario, Fermo 1890, p. 51 (rist. anast., La chiesa metropolitana di Fermo, Fermo 2003); G. Saccani, L'organo della cattedrale, Reggio Emilia 1916, pp. 6-7; R. Casadio, L'organo nella chiesa metropolitana di Ravenna, in Note d'archivio per la storia musicale, XV (1938), p. 177; Id., La cappella musicale della cattedrale di Ravenna nel sec. XVI, ibid., XVI (1939), pp. 148, 173-174; G.M. Zaffagnini, Documenti d'archivio. Due contratti d'organo ravennati (B. M. 1581 - G. Chianei 1777), in L'Organo, IV (1963), 2, pp. 209-219; M. Fanti, S. Procolo. La chiesa, l'abbazia, Bologna 1963, pp. 202 s., 206, 215, 217; F. [Grimaldi] da Morrovalle, L'organo "giuliano" e l'organo "gregoriano" nella chiesa di Loreto, in Arte antica e moderna, 1966, n. 34-36, p. 262; Documentazione di vita assisana (1300-1530), a cura di G. Cenci, Assisi 1974, p. 1229; P. Fabbri, Organi e organari a Ravenna dal XVI al XVIII secolo, in L'Organo, XVI (1978), pp. 5 s., 11-14, 22; R. Giorgetti, Documenti inediti, in Arte nell'Aretino, Firenze 1979, p. 285; C. Giovannini, Documenti di storia organaria a Modena e a Reggio nei secoli XVI e XVII, in L'Organo, XVIII (1980), pp. 43-45, 47-49, 58-61, 67-75, 79-84, 88-89; F. Grimaldi, La Cappella musicale di Loreto nel Cinquecento: note d'archivio, Loreto 1981, p. 78; Il restauro degli organi di S. Petronio, Bologna 1982 pp. 16, 18-24, 26, 28, 32, 34, 38 s.; O. Mischiati - L.F. Tagliavini, Gli organi, in La basilica di S. Petronio, Bologna 1984, II, pp. 313-322; O. Mischiati, Documenti sull'organaria padana rinascimentale. II. Organari a Cremona, in L'Organo, XXIII (1985), pp. 61 s., 69; A. Orlandini, Cinque secoli di musica nella terra di Cento, Cento 1989, II, p. 123; D. Dialti - C. Dialti, Documenti di archivio per la storia dell'organo: un contratto per S. Agostino a Esanatoglia (1589), in Bollettino storico della città di Foligno, XIV (1990), pp. 658-662; C. Giovannini - P. Tollari, Antichi organi italiani. La provincia di Modena, Modena 1991, pp. 275, 340-343, 640; G.B. Spaccini, Cronaca di Modena: anni 1588-1602, a cura di A. Biondi - R. Bussi - C. Giovannini, Modena 1993, pp. 346, 413 s.; D. Dialti - C. Dialti, Un contratto di B. Palamini (Malamini) per la costruzione di un organo a S. Anatolia, in Arte organaria e organistica, I (1994), 4, pp. 46-49; O. Mischiati, La cappella musicale della collegiata e gli organi delle chiese. Appunti per una storia, in Storia di Cento, II, Cento 1994, pp. 839-840, 846, 848; Gli Antegnati. Studi e documenti su una stirpe di organari bresciani del Rinascimento, a cura di O. Mischiati, Bologna 1995, pp. 11, 13, 18, 20-21, 39, 77, 85, 88-89, 98; C. Monson, Organi e organisti nei monasteri femminili di Bologna, in L'Organo, XXX (1996), pp. 40 s., 43, 51 s., 71, 99-100; E. Peverada, Documenti per la storia organaria dei monasteri femminili ferraresi (secc. XVI-XVII), ibid., pp. 149, 160, 185; O. Mischiati, Notizie di storia organaria e cembalaria nelle carte di padre Giambattista Martini, ibid., XXXII (1998-99), pp. 98, 101-104, 125, 217; Id., Riflessioni sul restauro degli organi, ibid., XXXIV (2001), pp. 203, 207, 220; G. Spaziani, L'organo ad Ascoli Piceno dal XV al XIX secolo, Grottammare 2001, pp. 26, 30; P.P. Donati, Le caratteristiche degli organi in uso nella musica policorale del primo Seicento, in Informazione organistica, XIV (2002), 2, pp. 112 s.; O. Mischiati, Gli antichi organi di Bologna e del suo territorio diocesano e provinciale. Regesto e bibliografia, in L'Organo, XXXV (2002), pp. 3 s., 15, 20-21, 34, 43, 60; P.P. Donati, Maestri d'organo "fiamminghi" nell'Italia del Rinascimento, in Informazione organistica, XV (2003), pp. 14 s., 28 s., 194-197, 219; XVI (2004), pp. 14, 16-18, 32, 48; C. Giovannini, L'organo "B. Malamini 1601" di S. Domenico in Cesena, Cesena 2005.