BAGELARDO
Giurista il cui nome è legato alla scuola giuridica di Pavia. Visse nella prima metà del sec. XI: di lui non si hanno altre notizie biografiche.
Non possediamo testimonianze dirette della esistenza della scuola di Pavia, che sembra abbia avuto inizio nel sec. X. Tuttavia la presenza in quella città, capitale prima del Regnum Langobardorum e poi del Regnum Italiae,di una famosa scuola di arti liberali e del Palatium, il tribunale presieduto dal re, fa facilmente supporre che la scuola d'arti liberali abbia sentito ben presto l'esigenza di dedicare una parte notevole della sua attività all'insegnamento del diritto per venire incontro ai bisogni di coloro che volevano dedicarsi alla professione forense, particolarmente incoraggiata dall'esistenza del tribunale supremo. E d'altra parte ad una scuola fanno pensare sia la fama di molti giuristi specializzati nel diritto longobardo-franco, sia le discussioni tra questi maestri, discussioni che rivelano l'esistenza di una tradizione di pensiero in cui sono individuabili due correnti distinte, quella dei giuristi "antiqui" e quella dei "moderni".
Una delle migliori opere che uscì dalla scuola giuridica di Pavia è certamente l'Expositio ad librum papiensem (sec. XI), che raccoglie i passi più salienti delle dispute svoltesi tra i giuristi intorno ai punti controversi degli editti longobardi. L'anonimo expositor riporta, tra le altre, una altercatio avente per protagonista Bagelardo. A proposito del capitolo 153 dell'editto di Rotari dal titolo De gradibus cognationum,B. era in netta opposizione alla tesi di Bonfiglio. Quest'ultimo, valido rappresentante di quella corrente degli "antiqui" che nell'esegesi legislativa era rigidamente legata alla lettera della norma e non si sforzava di risalire alla sua ratio,nella discussione mostra verso la tradizione longobarda un eccessivo ossequio che gli impedisce di dare alla legge una interpretazione estensiva più aderente alle nuove esigenze. Molto più spregiudicato del suo contraddittore appare B., il cui pensiero è nutrito dalle idee dei "moderni" che, oltre a cogliere lo spirito della norma, si avvalevano ampiamente dell'aiuto della lex romana per risolvere i casi dubbi e colmare le lacune del loro diritto, considerandola lex omnium generalis,di fronte alla quale gli editti longobardi avevano valore di leggi particolari e potevano perciò essere illuminati e completati da quella legge che era loro superiore.
Nell'interpretazione del passo di Rotari, Bonfiglio sostiene che i successibili considerati dal legislatore sono soltanto quelli di sesso maschile in quanto solo ad essi possono essere riferiti i termini "ille" e "antecessorum suorum". Ciò d'altra parte è conforme, secondo Bonfiglio, agli editti degli altri re longobardi, che egli cita ampiamente a sostegno delle proprie idee. B., al contrario, afferma che i termini maschili usati nel testo non devono essere considerati nel loro significato strettamente letterale: essi si riferiscono a tutte le persone, senza distinzione di sesso. Ed espone la sua tesi citando come testimonianze alle sue assunzioni i capitolari italici di Carlo Magno, Lotario ed Enrico I.B. sente dunque l'esigenza di superare la lettera della norma per coglierne il significato più profondo ispirandosi a leggi più progredite di quelle longobarde ancora legate ad una angusta visuale giuridica; in tal modo egli si mostra spirito aperto ai nuovi tempi e perciò più sensibile e profondo del suo avversario.
E d'altra parte l'abilità dialettica e la sottigliezza di pensiero, con cui difende la propria tesi, rivelano in B. un'accurata preparazione giuridica e una lunga pratica di scuola e di foro.
Fonti e Bibl.: Expositio ad librum papiensem,in G. Padelletti, Fontes iuris italici medii aevi,I, Torino 1877: per la discussione tra B. e Bonfiglio, v. pp. 71-74; A. Pertile, Storia del diritto italiano dalla caduta dell'Impero romano alla codificazione,I,Torino 1896, p. 400; F. Schupfer, Manuale di storia del diritto italiano,Città di Castello 19o8, p. 251; E. Besta, Fonti...,in Storia del diritto italiano,diretta da P. Del Giudice, I, 1, Milano 1925, p. 317; F. Novati-A. Monteverdi, Storia letteraria d'Italia..., Le Origini,Milano 1926, p. 387; F. Calasso, Medio Evo del diritto. Le Fonti,Milano 1954, pp. 307, 313; Nuovissimo Digesto Italiano,II, p. 199.