BACHIACCA
. Pittore fiorentino, di nome Francesco, nato il 1° marzo 1494, morto il 5 ottobre 1557; figlio di Ubertino di Bartolommeo orefice, d'una famiglia Filippini di Borgo San Lorenzo in Mugello, altrimenti nominata Verdi. Ebbe due fratelli, anch'essi artisti: Bartolommeo, detto Baccio, nato nel 1484, pittore mediocre ed oscuro; e Antonio, nato nel 1499, ricamatore eccellente. Dipinse la predella con la storia dei martiri sotto la tavola di Giovann'Antonio Sogliani, in San Lorenzo (Gall. degli Uffizî, Firenze). In compagnia di Andrea del Sarto, del Granacci e del Pontormo dipinse nei cassoni e nelle spalliere della camera intagliata da Baccio d'Agnolo per Pier Francesco Borgherini, e precisamente la Storia di Giuseppe venduto (National Gallery di Londra). Fece due quadri con piccole figure in un'anticamera di Giovan Maria Benintendi, fra i quali un Battesinto di Cristo nel Giordano (Kaiser-Friedrich Museum di Berlino) e altri, che furono mandati in Francia e in Inghilterra. Nel 1533 dipinse nel cortile del palazzo Medici, in via Larga, una parte dell'apparato per le nozze di Cosimo I con Eleonora di Toledo; e lavorò con Aristotile da San Gallo nella decorazione scenica della commedia Il Commodo di Antonio Landi, rappresentatasi nel suddetto cortile, in occasione delle nozze medesime. Sul tardi della sua vita, entrato al servizio del granduca Cosimo, dipinse in Palazzo Vecchio uno scrittoio "di uccelli di diverse maniere e d'erbe rare condotto a olio divinamente" (Vasari); e nello stesso palazzo alcune decorazioni nella Terrazza delle Damigelle: Dipinse anche la grotta d'una fontana a Pitti. Nel 1532-53 fece i cartoni per gli arazzi della serie I mesi dell'anno, tessuti da Giovanni Rost e Le grottesche. Le due serie sono a Firenze nella Galleria degli Uffizî.
Il B. appartenne a quella schiera di maestri minori, d'indole popolana, di costume libero e bizzarro, mezzi artisti e mezzi artigiani, che nel pieno fiorire dell'aulicismo e intellettualismo cinquecentesco prolungano, come possono, la tradizione naturalistica e popolare dell'arte fiorentina, e col loro realismo sprizzante ed arguto precorrono alcuni aspetti naturalistici ed episodici del Seicento e sembrano essere un anticipo della pittura "di genere". Al pari di quella di Piero di Cosimo, l'arte di quei pittori minori subì indubbiamente l'influsso del verismo fiammingo. Gli artisti presi a modello dal B. furono: il Perugino, suo maestro, Raffaello, il Granacci, Andrea del Sarto, che gli fu amico e lo aiutò nelle cose dell'arte. Il B. tolse a prestito da cotesti pittori e da altri ancora, talvolta non soltanto la maniera ma, pari pari, le figure dei quadri. E tuttavia, sotto cotesta specie di delibazione vogliosa ed incostante, che rasenta il plagio, vi è una capacità così acuta di variazione, che finisce per conferire all'arte del B. carattere ed accento inconfondibili.
Bibl.: M. Tinti, Il B., Firenze 1925; A. Venturi, Storia dell'arte it., IX, i, Milano 1925, p. 453 segg.; C. Gamba, Nuove attribuzioni di ritratti, in Boll. d'Arte, IV (1924-5), pp. 206-11; A. MacComb, Francesco Ubertini (Bachiacca), in Art Bulletin, VIII (1926), pp. 141-67; E. Cecchi, Dipinti del B., in Pinacotheca, I (1928-29), pp. 28-29, 88-92; id., Ancora il B., ibid., I (1928-29), pp. 212-15; C. Gamba, A proposito di due supposti B., in Riv. d'arte, IX (1929), pp. 292-95.