ESTE, Azzo (Azzolino) d'
Sesto di questo nome, nacque verso il 1170, figlio, sembra, di Azzo (V) di Obizzo (I). Figura di rilievo nella vita politica di Ferrara e della Marca trevigiana tra la fine del XII e l'inizio dei XIII secolo, proseguì la politica d'espansione della sua famiglia, proprietaria di cospicui possedimenti terrieri soprattutto nel Meridione della Marca e nel Ferrarese.
L'E. compare sulla scena politica nel 1195 dopo la morte del marchese Obizzo (I), avvenuta al più tardi nel 1194. In quell'anno fu investito dal vescovo di Adria della curia di Ariano, vicino Ferrara. Sempre nel 1195, in data 23 maggio, figura a Modena in un diploma dell'imperatore Enrico VI a favore del monastero di Pomposa. Nel settembre del 1196 lo troviamo di nuovo al seguito dell'imperatore, testimone a Piacenza di un privilegio a favore dei capitani di Monteveglio. Fu podestà di Ferrara nel 1196 e di Padova nel 1199. Nello stesso periodo donò alcune proprietà al monastero di S. Maria di Carceri (Este), che da tempo vantava stretti rapporti con gli Este.
Già in questo periodo il prestigio dell'E. è indiscusso: nel 1196, mentre era podestà di Ferrara, egli pose fine ad una lunga disputa fra la sua famiglia ed il monastero di Pomposa e quando, in seguito alla concessione di Ariano, fu coinvolto in un conflitto con quella Comunità l'E. si assicurò anche questa, insieme con il controllo del bosco circostante.
La posizione dell'E. a Ferrara in quel momento non è del tutto chiara. Obizzo (I), suo nonno, aveva assicurato alla famiglia Este l'eredità degli Adelardi, i capi del partito ferrarese che si opponeva ai Torelli, con i quali gli Este avevano avuto legami già in precedenza: essi infatti detenevano ancora dagli Este un feudo. Sembra che in questo primo momento i rapporti dell'E. col suo futuro rivale in Ferrara, Salinguerra Torelli, fossero buoni, visto che Salinguerra era fra i garanti dei patti nuziali in occasione del matrimonio dell'E. con Alisia di Antiochia nel 1204. Un primo periodo di ostilità si aprì però già nel 1205, quando l'E., mentre era podestà di Ferrara, distrusse il castello di Salinguerra a Fratta sul Po. Non è chiaro quale fosse il motivo di questo attacco, che ben presto coinvolse anche gli alleati dell'E. nella Marca trevigiana. Nel 1206 i partigiani di Bonifacio di San Bonifacio, conte di Verona, estromisero i loro avversari, i Monticuli, ed elessero l'E. podestà. I Monticuli si vendicarono e, insieme con Ezzelino da Romano, espulsero l'E. da Verona nel giugno 1207. Secondo una lettera che l'E. stesso scrisse al patriarca d'Aquileia, egli fu assalito nella sala del Consiglio, ed a stento ebbe salva la vita.
In risposta l'E. e il conte Bonifacio conclusero un'alleanza con Mantova, grazie alla quale l'E. poté rientrare in Verona prendendo Ezzelino prigioniero. Fu questo l'inizio del dominio che l'E. e il conte Bonifacio esercitarono su Verona finché vissero. Negli anni 1207-08 e 1210-11 l'E. fu anche podestà di Mantova. Quando Salinguerra passò apertamente dalla parte di Ezzelino, l'E. lo espulse da Ferrara e si insediò podestà nella città (1208). Alleandosi con Cremona nello stesso anno, l'E. prese le armi in sostegno di Cremona e di Mantova, ma la sua assenza da Ferrara consentì a Salinguerra di farvi ritorno (1209).
L'arrivo dell'imperatore Ottone IV, cugino dell'E., pose fine a questo primo periodo di ostilità. Tutti insieme, l'E., Salinguerra ed Ezzelino scortarono Ottone IV accompagnandolo dal Mantovano attraverso il Bolognese fino in Toscana e in Umbria, fra l'agosto 1209 ed il gennaio 1210. Sia Ezzelino sia Salinguerra sì lamentarono con Ottone del passato comportamento dell'E. (aveva tentato, a quanto pare, di far assassinare Ezzelino in piazza S. Marco a Venezia) e sfidarono l'E. a un duello che questi rifiutò e Ottone proibì. Un cronista di poco posteriore, Gerardo Maurisio, fornisce un vivace resoconto degli sforzi di Ottone per rompere il ghiaccio fra l'E. ed Ezzelino, tentando di fare in modo che l'uno salutasse l'altro. Ottone IV riconfermò all'E. il possesso della Marca d'Ancona, concessogli dal papa Innocenzo III nel 1208.
Nonostante questa breve riappacificazione, l'ostilità fra l'E. e Salinguerra riprese in seguito alla scomunica di Ottone da parte del papa nel 1211, che indusse l'E. a passare dalla parte di Innocenzo III, il quale, a quanto sembra, gli aveva promesso di concedergli in feudo la Marca d'Ancona. Con l'aiuto di Cremona, e, come pare, in qualità di podestà sia di Ferrara sia di Mantova, l'E. espulse da Ferrara Salinguerra e il vicario di Ottone IV. Il papa autorizzò l'E. a costruire un castello a Ferrara per rafforzarvi la sua posizione e suggerì all'arcivescovo di Ravenna di consegnare all'E. il castello di Argenta.
Aveva indotto l'E. ad abbandonare Ottone IV anche una disputa con Bonifacio d'Este, zio dell'E., ma più giovane di lui, in quanto figlio della seconda moglie di Obizzo (I). Bonifacio si era lamentato con Ottone che l'E., in qualità di amministratore della sua parte di eredità, aveva abusato della sua posizione e ora si rifiutava di restituirgli quanto gli spettava. L'atteggiamento dell'imperatore in questa disputa fu probabilmente influenzato da Salinguerra, al suo seguito in quel periodo. Nel febbraio del 1212 Ottone IV liberò Bonifacio dalla tutela dell'E. e lo mise in possesso della sua eredità. Come risposta, nell'aprile, l'E. si incontrò a Roma con Federico II di Svevia, il rivale Ottone IV, e s'impegnò ad assicurarne il passaggio per l'Italia settentrionale durante il viaggio verso la Germania. Nel luglio quindi l'E., insieme con i Cremonesi, scortò Federico, a dispetto dell'opposizione di Milano e di Piacenza, un servizio che Federico 112 una volta imperatore, avrebbe ricordato.
Ma l'E. morì all'improvviso nel novembre del 1212. Nel suo testamento aveva disposto generosi lasciti di denaro alle due figlie, Beatrice e Costanza, e nominato i figli Aldobrandino e Azzo suoi eredi. Inoltre aveva dato disposizioni per la restituzione a sua moglie di un prestito di L. 3.000 impegnato nell'acquisto del paese di Cologna nel Veronese. In quegli stessi giorni morì anche il principale alleato dell'E. nella Marca trevigiana, Bonifacio conte di Verona, e così il loro dominio congiunto su Verona ebbe fine. La morte dell'E. e del conte Bonifacio fu compianta in una famosa poesia dal trovatore Aimeric de Peguilhan, che aveva frequentato la corte estense.
L'E. fu seppellito nel monastero della Vangadizza (Badia Polesine). Egli, a quanto sembra, si era sposato tre volte: la prima con una figlia dei conti Aldobrandini, chegli diede un figlio, Aldobrandino; la seconda con Sofia, figlia di Umberto III conte di Savoia, dalla quale nacque una figlia, Beatrice; la terza con Alisia, figlia di Rinaldo principe di Antiochia, madre di Azzo e di Costanza. Con quest'ultimo matrimonio l'E. si era imparentato con le principali case regnanti d'Europa. La figlia Beatrice, lodata per la sua bellezza e virtù dai trovatori della corte, in seguito abbandonò il secolo e fondò una comunità monastica femminile in cima alla collina di Solarola nel Padovano, acquistandosi fama di santità.
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