avoider
Il termine individua un soggetto in grado di prevenire il verificarsi di eventi dannosi e assume particolare rilievo in relazione al carattere regolatorio attribuito dall’analisi economica del diritto all’istituto della responsabilità civile, funzionale alla minimizzazione dei costi sociali connessi agli incidenti (➔ danno).
In un’ottica puramente efficientista, il principio che impone di mantenere indenni gli individui rispetto agli eventi lesivi della loro sfera patrimoniale non si giustifica in termini meramente compensatori: il risarcimento del danno, infatti, non fa riacquisire al sistema le utilità che sono andate disperse (per es. a seguito della distruzione di un bene), ma assicura solo un trasferimento di ricchezza a favore della vittima, peraltro accompagnato dal necessario investimento di ulteriori risorse per l’amministrazione del sistema giudiziario. La responsabilità civile trova invece il proprio fondamento razionale se la si interpreta in chiave deterrente, cioè come uno strumento che, imponendo ai consociati il costo atteso dei danni a essi riconducibili, li incentiva, ex ante, a investire in mezzi precauzionali che possano prevenire il realizzarsi stesso degli incidenti.
Il rischio da illecito si pone quindi come un peso che grava sui soggetti agenti ed è chiamato a orientarli verso condotte diligenti e livelli di attività socialmente desiderabili. Corollario di questa impostazione è la necessaria individuazione dei centri ‘ottimali’ di imputazione dell’obbligazione di risarcimento, individuabili in quei soggetti (gli a.) che meglio possono controllare, e quindi prevenire, il prodursi di eventi dannosi.
L’individuazione degli a. non pone particolari problemi nei modelli di incidenti unilaterali, nei quali è chiaramente riconoscibile l’unica parte, potenzialmente danneggiante, in grado di incidere sull’effettivo livello di rischio collegabile all’attività svolta (si pensi, per es., alla responsabilità del produttore di medicinali per i danni cagionati dall’immissione in commercio di un farmaco mal confezionato). Diverso è invece il caso nei modelli bilaterali o plurilaterali, nei quali, a priori, tutti i soggetti potenzialmente coinvolti nel prodursi di un danno possono contribuire a prevenirlo, modificando, o comunque controllando, la propria condotta (si tratta, per citare l’ipotesi più classica, dei danni connessi alla circolazione stradale). In queste due ultime categorie di incidenti, l’approccio di law and economics (➔ economia e diritto), a partire dalla lezione di R. Coase (The problem of social cost, «Journal of Law & Economics», 1960, 3, 1), segnala come il concetto stesso di danno debba considerarsi relativo e come la valutazione su chi considerare vittima e chi danneggiante non possa essere compiuta in astratto, ma esclusivamente alla luce di criteri in grado di massimizzare l’utilità complessiva del sistema.
Si colloca in questo quadro l’elaborazione della teoria del cheapest cost a. (G. Calabresi, The costs of accidents, 1970), che suggerisce alle corti un parametro di risoluzione del giudizio di responsabilità, fondato sull’individuazione del soggetto in grado di prevenire il prodursi dell’evento lesivo al minor costo: fra le diverse parti coinvolte nella produzione di un danno (continuando nell’esempio, i vari guidatori, ciclisti o pedoni coinvolti in un incidente), l’obbligazione di risarcimento sarà fatta gravare su quella che avrebbe potuto adottare più economicamente le misure atte a prevenirlo.