AVIAZIONE
. Si aggiorna la voce aeronautica (I, p. 594; App. I, p. 32), sotto questo esponente come più rispondente ai moderni indirizzi dell'attività aeronautica, oramai quasi esclusivamente polarizzata intorno al "più pesante dell'aria", specie all'aeroplano, che fra tutti i velivoli (aeroplani, idrovolanti, alianti) è il più progredito e il più diffuso, impostosi per le sue caratteristiche (principalmente la velocità e poi la capacità di salita e di carico), per l'universalità del suo impiego, per l'elevato rendimento.
L'idrovolante resta sfavorito per il più ristretto campo di impiego, ed è in svantaggio soprattutto per il maggior peso e il maggior ingombro che lo scafo o i galleggianti comportano, svantaggio che si fa sempre più sentire col crescere delle velocità. Peraltro si prevede a breve scadenza la riabilitazione dell'idrovolante nel campo dei grossi velivoli da trasporto transoceanici, quando col crescere del tonnellaggio (forse al disopra delle 200 t.) l'aeroplano si troverà in difficoltà per il proibitivo aumento delle dimensioni e del peso del carrello. Già attualmente, sulle rotte atlantiche, alcune società impiegano gli idrovolanti, che, oltre tutto, sono preferiti dai viaggiatori per la maggior sicurezza che offrono in caso di discesa forzata.
Tra gli aeromobili più pesanti dell'aria si è anche affermato negli ultimi anni l'elicottero, che per la possibilità di elevarsi e scendere verticalmente, di spostarsi a lento moto, di fermarsi anche a mezz'aria, e per il fatto di non richiedere località appositamente attrezzate per l'involo e per l'approdo, diventa suscettibile di svariatissimi impieghi, specialmente nel campo civile, e può considerarsi il mezzo aereo complementare dell'aeroplano.
Gli aeromobili "più leggeri dell'aria", e cioè i dirigibili e gli aerostati in genere, non presentano attualmente interesse pratico ai fini della navigazione aerea, per le loro limitate possibilità di impiego, il basso rendimento, la grande vulnerabilità, l'eccessiva soggezione alle condizioni atmosferiche.
Lineamenti del progresso aviatorio. - Nel decennio 1938-48 il progresso aviatorio ha ricevuto un impulso eccezionale per l'impiego fatto dell'aeroplano durante la seconda Guerra mondiale. Per dare un'idea dell'importanza anche quantitativa della produzione bellica nel periodo cui ci si riferisce bastano le seguenti cifre: gli Stati Uniti d'America, nei 37 anni che vanno dal 1903 (primo volo dei fratelli Wright) al 1940 avevano prodotto meno di 40.000 aeroplani; nei 44 mesi di guerra dal 7 dicembre 1941 (Pearl Harbor) al 15 agosto 1945 (resa del Giappone) ne hanno prodotti 274.674.
I fattori del progresso aviatorio in sintesi possono essere indicati nell'aumento delle potenze di propulsione - ottenuto particolarmente in seguito all'introduzione della propulsione a reazione - nel raggiungimento e superamento della velocità del suono, nel costante miglioramento della tecnica aerodinamica e costruttiva e nel perfezionamento e arricchimento degli impianti e delle installazioni, a terra e a bordo, grazie specialmente alla realizzazione di sempre più perfetti e sempre più complessi apparati radioelettrici.
Con il propulsore ad elica non si sarebbe potuta aumentare convenientemente la potenza del velivolo oltre certi limiti, né affrontare velocità ipersoniche, problemi entrambi risolti grazie all'adozione della propulsione a reazione. Per la storia, si ricorda che il primo aeroplano con propulsore a reazione volò in Italia nel 1938; fu il Caproni-Campini, che per quanto difettoso e di scarso rendimento è da considerarsi il prototipo di quei velivoli che dovevano aprire una nuova era nell'aviazione.
Con l'introduzione dei reattori si è potuto realizzare un balzo sorprendente nelle massime velocità aviatorie, passando da 750 a 1000 km./h. e quindi oltre. Per ottenere un tale incremento è stato necessario un aumento di potenza motrice dell'ordine del 300%, e cioè, come minimo, si è dovuto passare da circa 3000 a circa 9000 CV., sempre restando al di sotto della barriera sonica. Quando poi si entra nel campo transonico la potenza necessaria aumenta repentinamente, sino a diventare decupla alla velocita del suono, ed è realizzabile praticamente solo con propulsori a reazione.
Le prime cospicue e promettenti affermazioni su tale strada furono conseguite dai Tedeschi, che fin dal 1940 avevano progettato il caccia a razzo Messerschmitt 163, realizzato poi nel 1944. Questo velivolo era in grado di sviluppare una velocità massima di circa 900 km./h. e di salire alla quota di 12.000 metri in quattro minuti. Recentemente (febbraio 1948) si è avuto notizia che un velivolo sperimentale monoposto americano dotato di propulsore a razzo, il Bell XS-1, ha felicemente superato la barriera del suono volando, a quota di oltre 12.000 metri, a velocità non precisata superiore a 1.065 km./h. (questa è infatti la velocità del suono nella stratosfera). Pare che la velocità massima raggiungibile da detto velivolo sia di 2700 km./h.
Assai importante e confortante è la constatazione che le anormali sollecitazioni e le alterazioni aerodinamiche del volo alle velocità transoniche si sono potute finalmente sopportare e vincere, mentre in precedenza si erano dovuti registrare gravi disastri, con rotture di velivoli e perdite di vite umane, quando qualche pilota si era avventurato nel campo transonico.
All'aumento delle velocità aviatorie ha concorso, oltre l'impiego dei propulsori a reazione, l'affinamento delle forme aerodinamiche (v. aerodinamica e aeroplano in questa App.), il miglioramento dei sistemi costruttivi e l'uso di materiali sempre più adeguati.
Un altro aspetto appariscente del progresso aviatorio è l'aumento delle dimensioni dei velivoli, con conseguente aumento del carico trasportato e dell'autonomia di volo. Si menziona, come costruzione aviatoria attuale più cospicua per mole finora realizzata (1948), l'idrovolante Hughes (S. U.), che si è alzato in volo con un peso totale di 180 t. L'idrovolante Hughes, munito di otto motori P. e W. da 3000 CV., può portare in volo 700 uomini oppure carichi corrispondenti, fino a carri armati da 70 t. Le sue dimensioni principali sono: apertura alare m. 97; lunghezza m. 66; altezza m. 24.
Alla sempre maggiore diffusione dei mezzi aerei ha poi contribuito il perfezionamento dei sistemi di navigazione (v. navigazione aerea, in questa App.) basati prevalentemente sul funzionamento di apparati automatici di controllo e di registrazione sia a bordo sia a terra. Si sono perfezionati e moltiplicati i sistemi di avvicinamento e di atterraggio (v. radioaiuti in questa App.), basati in genere su apparati radioelettrici che consentono anche lo scandaglio diretto e continuo dello spazio sottostante e antistante al velivolo rivelando gli eventuali ostacoli solidi (montagne o altri velivoli) e perfino gli ammassi nuvolosi pericolosi per la navigazione.
Il perfezionamento degli impianti a terra (v. aeroporto, in questa App.) e delle attrezzature aeronautiche fisse in generale (radiostazioni, radiofari, ecc.) e la loro moltiplicazione in tutti i paesi ha permesso di estendere la rete delle linee aeree su tutto il globo terraqueo. A tale estensione ha molto contribuito anche il miglioramento della organizzazione meteorologica mondiale (v. meteorologia, in questa App.) attraverso l'aumento del numero degli osservatorî e il perfezionamento del servizio di raccolta dei dati, di elaborazione e diffusione delle notizie e delle previsioni. L'importanza del servizio meteorologico aeronautico è tale che si è sentito il bisogno di dislocare nell'Oceano Atlantico, proprio per le osservazioni meteorologiche e l'assistenza del volo, apposite navi, stazionanti lungo le rotte più frequentate dai velivoli transoceanici.
Il traffico aereo attraverso l'Atlantico conta attualmente un movimento di passeggeri di oltre 200.000 unità all'anno. I voli attraverso l'oceano di interi reparti aerei, dei quali l'Italia era stata promotrice con le memorabili transvolate atlantiche del 1931 e del 1933, hanno assunto durante la seconda Guerra mondiale proporzioni spettacolose. Basti dire che, già alla fine del 1944, per opera del servizio trasporti aerei degli S. U. ben 40.000 aeroplani avevano valicato l'Atlantico e il Pacifico e, nella stessa epoca, l'Atlantico era attraversato mensilmente da oltre 3.000 velivoli, con la media cioè di un velivolo ogni 13 minuti.
Voli di primato. - Il livello attuale del progresso aviatorio si esprime e si sintetizza nei dati dei primati raggiunti in questi ultimi anni.
Nel primato assoluto di velocità, il più significativo e il più ambito, si è registrato nell'ultimo decennio un aumento notevolissimo. Prima del 1928 tale primato aveva sempre appartenuto all'aeroplano, il cui rendimento aerodinamico è costituzionalmente superiore a quello dell'idrovolante. Dal 1928 al 1939 l'idrovolante aveva battuto l'aeroplano, traendo vantaggio dalla possibilità di partire e ammarare in specchi d'acqua di estensione grande quanto necessario, mentre l'aeroplano veloce non poteva disporre di campi terrestri altrettanto ampî. Così, anche per l'impulso dato agli idrovolanti da corsa dalla disputa della "Coppa Schneider", si era avuto una lunga serie di affermazioni dell'idrovolante, aperta da Mario De Bernardi e chiusa da Francesco Agello, piloti più volte detentori del titolo mondiale con macchine Macchi-Castoldi, dotate di motori Fiat. Nel 1939, grazie all'impiego di efficaci ipersostentatori, che, abbassando artificiosamente la velocità minima, consentivano anche agli aeroplani veloci l'atterraggio in spazio limitato, il primato era tornato all'aeroplano, ad opera del tedesco Fritz Wendel, che elevava a 753 km./h. il massimo raggiunto da Agello nel 1934 (709 km./h.). Peraltro i guadagni di velocità divenivano sempre più onerosi e ardui, ora che ci si avvicinava al limite di efficacia del propulsore ad elica. La comparsa del propulsore a reazione permetteva di riprendere con disinvoltura la corsa all'aumento del massimo di velocità, e nel 1945 il primato veniva portato dagli inglesi a 975 km./h. (aeroplano Gloster "Meteor" munito di due reattori Rolls Royce da 1600 kg. di spinta) con uno scarto di ben 222 km./h. rispetto al precedente primato dell'aeroplano ad elica. Attualmente il primato ufficiale è detenuto dall'americano Marion Carl, che ha raggiunto il 25 agosto 1947 la velocità di 1047 km./h. con aeroplano Douglas "Skystreak" munito di turbo reattore General Electric da 2700 kg. di spinta. I suddetti voli di primato a velocità subsoniche sono stati effettuati su base a bassa quota, con aria a temperatura piuttosto elevata (in calde giornate estive), in modo da mantenersi al di sotto del limite della barriera del suono.
Tra i primati di velocità aerea su percorso, il più notevole è quello sui 100 km. in circuito chiuso, detenuto dall'aeroplano De Havilland 108 (munito di turboreattore De Havilland "Goblin" da 1600 kg. di spinta) che ha conseguito la velocità media di 974 km./h. (12 aprile 1948).
Quanto ai primati con carico e su lunghe distanze, i più importanti sono appannaggio degli Stati Uniti d'America, e precisamente dell'aeroplano Boeing B-29 (superfortezza"), munito di quattro motori P. W. da 3000 CV. Si cita quello con carico di 10.000 kg., con il quale carico il B-29 è salito ad una quota di 12.000 metri e ha sviluppato su un percorso di 5.000 km. la velocità media di 428 km./h.
Il primato ufficiale di altezza, detenuto sin dal 1938 dall'Italia con metri 17.083 (ten. col. Mario Pezzi con aeroplano Caproni 161) è stato battuto il 23 marzo 1948 dal pilota inglese John Cunningham, che ha raggiunto la quota di metri 18.133 con un aeroplano De Havilland "Vampire" munito di reattore De Havilland "Ghost".
Il primato mondiale di distanza è detenuto dagli Stati Uniti d'America con un aeroplano Lockheed "Neptune" che ha volato senza scalo intermedio da Perth (Australia) a Columbus (S. U., Ohio) coprendo una distanza di 18.081 km. in 45 ore e 17 minuti (dal 29 settembre al 1° ottobre 1946). Come si vede, la distanza coperta risulta di poco inferiore alla metà dell'equatore terrestre (20.000 km.).
Un volo sensazionale su lunghe distanze è da considerarsi il giro del mondo su un percorso di km. 32.213, compiuto in complessive 78 ore e 55 minuti (di cui 64 ore e 37 minuti di volo effettivo) alla media di circa 500 km./h., dal pilota americano Odom, con aeroplano Douglas "Invader" (due motori P. e W. da 2000 CV.) nei giorni dal 13 al 16 aprile 1947.
Un altro primato, non ufficiale ma significativo, che conferma l'alto rendimento raggiunto dal mezzo aereo, è costituito dal carico di 73 t. sollevato dal quadrimotore Douglas "Globemaster" (motori P. e W. da 3550 CV.), carico quasi doppio del peso a vuoto dell'aeroplano (38 t.). (È da considerare che il carico normale di un velivolo si aggira sulla metà o poco più del suo peso a vuoto).
Infine, quale dimostrazione dell'alto grado di perfezione raggiunto dall'organizzazione radioelettrica per l'ausilio del volo e dagli apparecchi di bordo studiati per il pilotaggio automagico basato sulla utilizzazione della organizzazione stessa, si cita il volo di un quadrimotore Douglas "Skymaster" radiocomandato, che nel giugno 1947 ha potuto senza intervento del pilota portarsi da Terranova alla Gran Bretagna compiendo un percorso di 3.800 km.
Aviazione militare.
Nel periodo che separò la seconda dalla prima Guerra mondiale, non soltanto si andò sempre più affermando teoricamente l'importanza del potere aereo e se ne svilupparono tecnicamente i mezzi, ma l'aviazione ebbe anche modo di essere impiegata praticamente come arma di guerra.
Questo tuttavia riuscì di poco vantaggio, se non forse di danno per un suo più opportuno indirizzo, poiché in nessuno dei casi in cui fu utilizzata si verificarono quelle condizioni che si sarebbero presumibilmente presentate, e si presentarono infatti, in una lotta vitale fra le maggiori potenze militari. Così in Cina, invero, come in Abissinia ed in Spagna, le condizioni di fatto del contrasto aereo favorirono talmente uno dei contendenti, e l'opposizione dell'altro fu di conseguenza così inadeguata, che gli insegnamenti strategici, tattici e logistici aerei che si credette di poterne trarre erano fondamentalmente errati, poiché quelle condizioni specifiche lasciavano in ombra molti concetti d'impiego, mentre altri mettevano in luce completamente falsa.
Pertanto nel 1939 tutto quanto si riferiva all'impiego dell'aviazione si basava sulla teoria e sull'esperienza della prima Guerra mondiale, modificata da quelle concezioni che si riteneva di aver acquisito dalle assai modeste attività belliche cui si è accennato. Teoria ed esperienza suggerivano nuove possibilità e nuove forme d'impiego del mezzo aereo, oltre quelle che erano nate e si erano affermate dal 1914 al 1918. Ma ciò non faceva che rendere maggiormente imbarazzante e difficile il problema della più conveniente costituzione delle flotte aeree, in quanto la preparazione del materiale militare, e di quello aereo in particolare modo, ha due aspetti distinti: costruttivo e d'impiego; aspetti che non sono indipendenti, ma si influenzano mutuamente e strettamente, così che le soluzioni pratiche sono sempre un compromesso fra le due esigenze.
Nella soluzione di questo compromesso, dal punto di vista operativo sarebbe stato desiderabile possedere velivoli con caratteristiche speciali per ogni tipo d'impiego previsto; ma gli impieghi previsti - alcuni dei quali ancora non ben definiti ed accettati - erano tanti che sarebbe stato necessario costruire un gran numero di tipi di velivoli, ciò che avrebbe contrastato la soluzione del problema della "quantità", per conseguire la quale occorre semplificare ed unificare al massimo i tipi.
Comunque, dappertutto si era già intravista abbastanza chiaramente nelle sue linee generali l'importanza fondamentale che l'arma aerea avrebbe avuto in un futuro conflitto, e tutte le principali nazioni non avevano mancato - nei limiti delle disponibilità finanziarie stanziate per la preparazione bellica ed a seconda del maggiore o minore desiderio o timore di una guerra - di dare grande impulso quantitativo e qualitativo all'aviazione militare.
Naturalmente presso le singole nazioni la concezione del potere aereo e, conseguentemente, la composizione e l'indirizzo delle forze aeree che ne derivarono non furono uniformi, bensì influenzati e condizionati da molti fattori, diversi da nazione a nazione, fra cui i principali: tradizionali metodi nazionali di condotta della guerra; posizione geografica propria e dei probabili avversarî; potenziale industriale, forze armate e presumibile condotta strategica del nemico; autonomia o meno dell'aviazione dalle altre forze armate; maggiore o minore influenza delle dottrine dominanti sulla guerra aerea. Varî furono perciò i tipi di aviazioni militari che entrarono in guerra e varî i modi con cui esse affrontarono la prova.
Alla Germania le limitazioni militari del trattato di Versailles erano riuscite in definitiva utili per una felice nascita della Luftwaffe (Armata aerea). Costretta a limitare la sua attività aerea a scopi civili, sviluppò sensibilmente i trasporti commerciali, con il duplice vantaggio di addestrare egualmente una notevole massa di personale e di apprezzare l'importanza che i trasporti aerei avrebbero avuto in guerra, sia nella strategia che nella logistica aerea. Anche il ripiego di dover addestrare i piloti con gli alianti determinò il vantaggio di far percepire ai Tedeschi, prima che agli altri, l'interesse bellico di questi. Infine, quando cominciò a costruire velivoli militari, l'aviazione germanica non si trovò, come altre, appesantita da macchine antiquate, che una malintesa economia imponesse di conservare.
La Germania aveva un esercito con tradizioni militari più salde di qualsiasi altra forza armata del mondo ed una modesta marina: fu inevitabile che l'aviazione venisse considerata come un nuovo potentissimo ausilio dell'esercito, e fu quindi essenzialmente concepita come un'aviazione tattica che potesse appoggiare efficacemente le poderose divisioni corazzate, destinate a vincere la "guerra lampo" con una serie di fulminei attacchi e di rapide vittorie: la Luftwaffe consistette principalmente di bombardieri a tuffo (unici di tale tipo allora esistenti), di bombardieri medî - veloci, di buoni - ma non ottimi - caccia e di molti velivoli da trasporto.
Nel 1939-40, contro la Polonia, la Norvegia, l'Olanda, il Belgio e la Francia, la Luftwaffe riuscì ottimamente, perché impiegata proprio per lo scopo per cui era stata creata: cooperazione con un potente esercito corazzato e mobilissimo. La sua iniziale supremazia servì anche a mascherare temporaneamente i difetti di armamento e di protezione dei suoi velivoli. La prima volta in cui fu impiegata esclusivamente come arma strategica, nella battaglia d'Inghilterra, la Luftwaffe fallì; palesò le manchevolezze delle sue macchine e subì perdite dalle quali non si riebbe e che la resero sempre più impari ad un compito per il quale la sua struttura non era la più adatta.
In Francia, governo e stato maggiore rifiutarono di credere alla "guerra lampo", si prepararono ad una guerra di posizione e sottovalutarono l'importanza dell'aviazione. Avendo scelto lo sviluppo delle sue fortificazioni, la Francia si trovò nella necessità di sacrificare i suoi aeroplani ed i suoi carri armati; e li sacrificò entrambi. La rapida neutralizzazione della sua modesta ed inorganica aeronautica fu il risultato di molti errori politici, militari ed industriali.
L'Inghilterra, prevedendo di dover combattere avendo per alleata una forte potenza militare terrestre quale la Francia, non aveva preparato alla guerra un grande esercito e la RAF (Royal Air Force) non aveva dedicato cure ed attenzioni particolari alla cooperazione con le forze terrestri. La RAF era stata concepita essenzialmente come arma strategica, costituita di velivoli bombardieri con raggio d'azione sufficiente per colpire l'industria di guerra germanica ed addestrata ad agire principalmente di notte. E poiché si pensava che l'aviazione tedesca avrebbe agito allo stesso modo contro il territorio britannico, si era dato grande impulso alla caccia di difesa, che era costituita dai migliori tipi di velivoli di tale categoria che esistessero nel mondo. Questa caccia salvò l'Inghilterra e le diede modo e tempo di aumentare e migliorare sempre più le sue forze da bombardamento strategico.
Gli Stati Uniti avevano una potente marina ed una mentalità essenzialmente marinara: dettero quindi forte impulso all'aviazione per la marina e svilupparono gli idrovolanti a grande autonomia. Avevano anche progettati eccellenti bombardieri a grande raggio - il B. 17, Fortezza volante e, successivamente, il B. 24, Liberator, il B. 29, Superfortezza - i cui equipaggi erano addestrati esclusivamente all'impiego diurno. A questo proposito si può incidentalmente osservare che, dato che la RAF era impiegata quasi esclusivamente di notte, nella guerra in Europa le due aviazioni strategiche alleate riuscirono complementari, potendo mantenere l'offesa contro il comune nemico per tutte le 24 ore del giorno. La caccia americana non aveva, invece, inizialmente elevate qualità; ma fu rapidamente migliorata ed ebbe presto ottimi velivoli a grande autonomia, che l'esperienza delle operazioni in corso aveva dimostrato indispensabili e che furono preziosi per la condotta della guerra. In tempo di pace, favoriti dall'estensione del loro territorio, gli S. U. avevano una considerevole aviazione commerciale, che favorì quello sviluppo di trasporti aerei, tanto notevolmente vantaggiosi per la causa alleata. In complesso l'aviazione americana era assai poco preparata alla guerra e lungi da quell'organizzazione poderosa che raggiunse a guerra inoltrata.
La Russia sovietica, occupata a svolgere la sua politica interna ed i suoi piani quinquennali, più che nutrire intendimenti offensivi, predisponeva le proprie difese contro un mondo ostile al nuovo regime. E preparò, quindi, un'aviazione più difensiva che offensiva (meglio rispondente anche alle sue possibilità industriali) composta di bombardieri medî e leggeri, caccia, caccia-bombardieri, velivoli d'assalto, che usò largamente come arma tattica in appoggio all'esercito rosso; il quale, per attaccare la Germania, doveva superare velocemente le zone intermedie (Polonia, Romania), che rappresentavano un fattore ostacolante l'offensiva, tale da indebolirne la forza d'urto. Aveva pochi bombardieri a grande raggio, che adoperò scarsamente. E poiché alla riduzione e all'annientamento del potenziale industriale e dell'economia del Reich provvidero, e ampiamente, le forze aeree anglo-americane, la Russia si trovò ad aver creato il tipo di aviazione più idoneo per opporsi all'esercito tedesco ed alla Luftwaffe.
Il Giappone, paese prevalentemente marittimo, aveva creato un'aviazione idonea a cooperare con la sua potente marina, dotata largamente di velivoli atti ad essere impiegati sulle numerose portaerei, di bombardieri pesanti, di aerosiluranti e di idrovolanti. Meno efficiente era l'aviazione dell'esercito. L'aviazione nipponica rispose bene inizialmente agli scopi per cui era stata creata, ma non poté resistere alla schiacciante supremazia aerea che riuscì a conseguire l'avversario.
In Italia gli studî operativi vennero per molti anni, fin quasi alla vigilia del conflitto, basati sul concetto di una guerra quasi esclusivamente terrestre, contro potenze continentali confinanti; guerra con carattere fondamentalmente difensivo, considerato che la nostra modesta potenzialità militare. la scarsezza di mezzi meccanizzati e le difficoltà intrinseche delle frontiere montane avrebbero opposto gravi difficoltà ad eventuali nostri intendimenti offensivi. In relazione a tale concezione di guerra e specialmente per l'influenza delle teorie del Douhet, l'arma aerea ritenne che i suoi compiti essenziali fossero: l'offesa contro il territorio nemico (obiettivi industriali, basi aeree e marittime, eventuali azioni di rappresaglia contro i centri demografici, ecc.), per ridurre la capacità di resistenza dell'avversario ed ostacolare l'impiego delle sue forze aeree e di superficie; difesa aerea del nostro vulnerabilissimo territorio. Essa fu perciò costituita quasi esclusivamente di bombardieri medî - che, basando la loro difesa sull'appoggio reciproco delle armi delle formazioni, dovevano essere normalmente impiegati senza scorta - e di caccia da intercettazione, ossia di caccia con notevole velocità orizzontale e verticale, ma con scarsa autonomia.
In relazione ai ben diversi teatri operativi sui quali era destinata a svolgere la sua guerra ed all'enorme sviluppo dei mezzi di difesa aerea e controaerea degli obiettivi nemici, l'armata aerea italiana fu sorpresa dalla conflagrazione europea in fase di trasformazione e con la struttura meno idonea per agire con buon rendimento. I bombardieri erano troppo poco armati e protetti per poter affrontare da soli la reazione avversaria; la caccia aveva troppo scarsa autonomia per poter accompagnare i bombardieri nelle loro azioni a lungo raggio; per una guerra quasi esclusivamente aero-marittima ed in territorio desertico mancavano i mezzi più atti all'offesa contro le navi, che minacciavano le nostre comunicazioni marittime ed assicuravano quelle del nemico, e contro le formazioni meccanizzate, che operavano nel deserto libico. Mancavano, infine, velivoli idonei all'attacco a bassa quota contro truppe, apprestamenti difensivi, convogli, ecc. e bombardieri pesanti a grande autonomia, per battere efficacemente gli obiettivi più importanti situati ai due estremi del bacino mediterraneo (Gibilterra, Alessandria, basi aeree dell'Egitto). L'attrezzatura tecnica ed industriale era troppo modesta per tener dietro tempestivamente alle rapide evoluzioni delle forme di impiego. E si dovette perciò ricorrere ai ripieghi, aumentando l'autonomia della caccia con serbatoi supplementari, adattando bombardieri medî come siluranti, caccia intercettori per il bombardamento leggero ed il mitragliamento al suolo, idrobombardieri come ricognitori marittimi, grossi velivoli da trasporto per il bombardamento lontano. Gli altri stati intervenuti nel conflitto avevano aviazioni più o meno trascurabili, che impiegarono quasi esclusivamente in concorso alle operazioni delle truppe a terra.
Naturalmente, nessuna delle aviazioni belligeranti riuscì ad avere inizialmente un'arma aerea del tutto rispondente ai compiti previsti ed a quelli imprevisti, sempre più vasti e diversi, che lo sviluppo delle operazioni andò man mano rivelando ed imponendo. Seguendo gli sviluppi della guerra in continua evoluzione e quelli della tecnica in rapido progresso, traendo profitto dal patrimonio di esperienze delle operazioni immediatamente passate, i mezzi aerei dovettero rapidamente adeguarsi agli scopi ed alle necessità dell'offesa e della difesa. Ed in questo sorprendente processo di adeguamento dei mezzi furono evidentemente favoriti i belligeranti che, per potenzialità industriale, disponibilità di materie prime, sicurezza del territorio, ebbero maggiori possibilità di portare a livelli sempre più alti la produzione aeronautica.
Quali che siano stati gli indirizzi, le strutture, gli sviluppi particolari delle singole forze aeree e le loro conseguenti influenze sulla condotta e sulla conclusione delle operazioni militari dei varî belligeranti, da un punto di vista generale non si può non ammettere che l'ultima conflagrazione mondiale abbia inequivocabilmente confermato essere l'aviazione elemento decisivo di vittoria o di sconfitta. La sua importanza è stata determinante, oltre che nel campo di guerra suo proprio - quello cioè che non poteva essere raggiunto dalle forze di superficie - anche per le ripercussioni avute nei campi delle operazioni terrestri e marittime.
Nella guerra terrestre, l'arma aerea, in stretta cooperazione con il carro armato, ha consentito e favorito la manovra di grandi masse, manovra che sembrava potesse essere irrimediabilmente compromessa da formidabili sistemi di fortificazioni terrestri.
Nel campo marittimo ha sconvolto i canoni fondamentali dell'impiego navale ed ha fatto sì che il nucleo essenziale delle flotte non sia più costituito dalla nave da battaglia, ma dal binomio nave da battaglia-nave portaerei: la nave armata di velivoli indispensabile ausilio della nave armata di cannoni. Non solo; ma su gli oceani è stato solamente il velivolo che, riuscendo ad eliminare i branchi di sommergibili, ha dato il dominio del mare attraverso il dominio dell'aria.
La grande dinamicità del conflitto e gli immensi spazî su cui esso è stato combattuto hanno rivelato ancora un'altra possibilità dell'arma aerea, che non era stata considerata, o lo era stata inadeguatamente prima della guerra: i trasporti aerei (v. aerotrasportate, truppe, in questa App.) operativi e logistici. Anche questa è stata un'ulteriore conferma della prodigiosa elasticità operativa dell'aviazione, vale a dire della sua capacità di battere con gli stessi velivoli obiettivi assai diversi, di portare appoggio e contributo in ogni situazione terrestre o marittima, di concentrare rapidamente lo sforzo nel luogo e nel momento più opportuni.
Va notato, però, che questa straordinaria versatilità dell'arma aerea, di quest'arma costosissima e di facile logoramento, alla quale i più scettici han finito col chiedere le cose più impensate e a volte più assurde, è una preziosa prerogativa se controllata; ma può presentare i suoi lati deboli, se mancante di un rigido ed efficace controllo centrale. Ed invero, appunto per la sua versatilità e mobilità, possono essere fatte all'aviazione, da ogni parte e per tutti gli scopi possibili, richieste di concorso, di appoggio e di protezione: le facili concessioni possono naturalmente riuscire anche di grande vantaggio contingente nei singoli casi, ma aver poi come risultato definitivo la dispersione del potere aereo ed il poco conveniente suo sfruttamento per lo scopo decisivo.
Né l'arma aerea ha visto irreparabilmente infirmate le sue multiformi possibilità dall'apparizione della prima delle due grandi invenzioni di questa guerra: il radar e la bomba atomica. Non è facile prevedere quale di queste avrà maggiore importanza nelle guerre future, ma è possibile affermare che il radar ancor più della bomba atomica ha contribuito alla superiorità ed alla vittoria di uno dei gruppi belligeranti. L'apparizione del radar se da un lato, in un secondo tempo, ha moltiplicato anche le possibilità offensive dell'aereo, dall'altro ha quasi annullata una delle caratteristiche precipue di questo: la sorpresa, modificando profondamente l'impiego tattico dell'aviazione.
Ammessa come indiscutibile l'importanza del potere aereo, sarebbe però di grande interesse pratico poter trovare risposte altrettanto inequivocabili ad alcuni particolari interrogativi: quale dei concetti d'impiego del potere aereo, fra quelli seguiti dai varî belligeranti, si è dimostrato più opportuno ai fini della decisione del conflitto? È stata l'arma aerea l'arma risolutiva?
Troppo imperfettamente noti sono ancora tutti i complessi elementi militari, sociali, industriali dell'immane conflagrazione, perché si possa pretendere di giungere a risposte concrete. Anche perché riesce difficile valutare esattamente come e quanto le applicazioni dei varî concetti d'impiego siano state positivamente o negativamente influenzate dagli errori commessi dai belligeranti, ed impossibile tentare illazioni circa le diverse conclusioni che avrebbero potuto avere gli avvenimenti se quegli errori non fossero stati commessi.
Quanto al primo interrogativo, il successo raggiunto, nelle diverse fasi e nei varî settori della guerra, dall'applicazione di concetti diametralmente opposti rende la questione particolarmente controversa. Tutti i belligeranti indistintamente impiegarono l'aviazione sia strategicamente e sia tatticamente; ma gli Inglesi e gli Americani ritennero che la potenza aerea sarebbe stata decisiva per la guerra e concepirono l'aviazione come arma essenzialmente strategica, cioè come arma per colpire di preferenza il potenziale bellico nemico (industrie, economia interna, popolazione), la cui graduale neutralizzazione avrebbe portato al crollo delle forze armate e della nazione; i Tedeschi, i Russi e i Giapponesi ritennero, invece, il potere aereo come un potentissimo ausilio alle forze di superficie e concepirono l'aviazione essenzialmente come arma tattica, destinata a colpire di preferenza le forze armate in atto dell'avversario.
La completa vittoria delle Nazioni Unite ed il completo annientamento dei loro avversarî sembrerebbero affermare la superiorità della concezione anglo-americana del potere aereo. Potrebbe essere osservato, però, come anche la Russia sia giunta alla vittoria, nonostante l'applicazione di un concezione di guerra del tutto diversa. È ovvio tuttavia replicare - come già osservato - che i Russi poterono sfruttare le conseguenze dell'annientamento del potenziale bellico germanico perseguito e raggiunto dagli Anglo-americani.
La concezione tedesca portò alle fulminee vittorie in Polonia Norvegia, Belgio, Olanda, Francia e, successivamente, nei Balcani e, nella prima fase della guerra in questo scacchiere, in Russia; ma finì col determinare il crollo della Germania. Lo stesso può dirsi del Giappone, che dalla supremazia e dalla strategia aerea statunitense vide a poco a poco annullati i risultati del suo trionfale inizio della guerra.
Si deve tuttavia osservare che i due concetti strategici accennati, più che derivanti da una libera scelta, furono consigliati ed in certo qual modo imposti ai varî belligeranti dalle particolari condizioni in cui ciascuno di essi si trovava. Infatti - quali che fossero i fini politici - le operazioni militari mirarono in sostanza alla conquista, o alla distruzione, delle fonti di materie prime e di materiali, alla conservazione, o alla eliminazione, delle linee di rifornimento.
Le enormi necessità di materie prime per le industrie belliche e soprattutto la stretta dipendenza dal petrolio dell'aviazione, dell'esercito meccanizzato e della marina, determinarono per i Tedeschi e per i Giapponesi la direzione degli sforzi e la scelta della condotta strategica della guerra, intesa appunto alla conquista materiale delle fonti di quelle materie prime, indispensabili per la prosecuzione delle operazioni. D'altra parte la lontananza dell'America e dei Dominî inglesi rendeva impossibile alla Gemania e al Giappone, e la vastità e la scarsa vulnerabilità del territorio russo impossibile alla Germania, la neutralizzazione del potenziale bellico latente degli avversarî, mentre le vie di rifornimento, in massima parte oceaniche, non potevano essere convenientemente attaccate che con l'arma sottomarina.
Il concetto anglo-americano di attaccare di preferenza il potenziale bellico avversario fu imposto dall'irraggiungibilità, per mezzo delle forze terrestri, del territorio nemico oltremare - fino a quando, almeno, favorevoli premesse non fossero state create dalla riduzione di tale potenziale - e dalla considerazione che il logoramento graduale di questo, che non poteva essere ripristinato, avrebbe contribuito effiicacemente alla decisione finale, anche senza la materiale occupazione del territorio.
E si potrebbe concludere che le due diverse concezioni di guerra furono entrambe giustificate nel tempo e nell'ambiente in cui si realizzarono; una raggiunse il successo finale, l'altra no, ma avrebbe anche potuto raggiungerlo se non avessero rovinosamente interferito preponderanti ragioni etico-politico-economiche, la cui complessa indagine non può qui trovar posto.
La questione, assai controversa dal punto di vista generale della concezione della guerra, non lo è meno quando si scenda ai dettagli di applicazione. Per quel che riguarda l'impiego strategico dell'arma aerea, ad esempio, il generale inglese I. F. C. Fuller (il primo fautore, fin dal 1919, delle divisioni corazzate), in netto contrasto con gli apprezzamenti dei capi delle aviazioni alleate ed anche di molti capi militari dell'Asse, è d'opinione che le incursioni aeree sui centri industriali e contro la popolazione civile siano state il più grande errore dell'ultima guerra, giacché, se provocarono danni spettacolari, non ebbero sulla produzione bellica e sul morale delle popolazioni effetti proporzionati ai danni prodotti ed all'enorme sforzo bellico complessivo dedicato allo scopo e che avrebbe potuto essere meglio indirizzato.
Ma al riguardo occorre anzitutto osservare che l'apprezzamento esatto dei risultati definitivi del bombardamento strategico è pressocché impossibile, in quanto per un'esatta valutazione manca soprattutto la possibilità di conoscere a quale livello sarebbe stata portata la produzione se non vi fossero stati i bombardamenti aerei. Se questi non vi fossero stati, la Germania, ad esempio, avrebbe potuto moltiplicare la sua produzione e portarla non troppo lontana dal livello di quella degli S. U.; il che evidentemente avrebbe dato ben altro corso agli avvenimenti di guerra. Secondariamente, una migliore scelta degli obiettivi, fatta fin dall'inizio, avrebbe certamente consentito di ottenere, più rapidamente ed economicamente, risultati molto più cospicui, distruggendo solo particolari settori dell'industria, indispensabili al complesso dell'attività di guerra.
Gl'Inglesi inizialmente spazzarono intere zone industriali, calcolando freddamente il costo delle operazioni offensive in confronto al danno complessivo apportato al nemico. Ma il distruggere indiscriminatamente stabilimenti industriali, case, chiese, monumenti, l'uccidere indifferentemente operai, tecnici, donne, bambini, l'aumentare sistematicamente ogni notte il numero dei chilometri quadrati di terreno rasi al suolo, non era certo il sistema più efficace, rapido ed economico per raggiungere lo scopo. Gli Americani, invece, mirarono a conseguire risultati più importanti e decisivi con distruzioni più concentrate e modeste e scelsero come obiettivi solo i punti più vulnerabili dell'attrezzatura nemica. E, se pure fallirono in parte nell'applicazione pratica di tale concetto, riuscirono abbastanza rapidamente a neutralizzare la produzione tedesca. È innegabile, ad esempio, che le bombe lanciate contro le fabbriche germaniche di benzina sintetica furono assai più utili di quelle lanciate contro qualsiasi altro obiettivo militare, giacché la deficienza sempre crescente di carburante ostacolò seriamente e finì col paralizzare le operazioni terrestri ed aeree germaniche.
Analogamente per l'attacco alla produzione dei velivoli da caccia. Al principio del 1944 la supremazia aerea alleata appariva incontrastata, ma era in realtà gravemente minacciata, perché la Germania aveva realizzato i caccia a reazione, i più formidabili caccia del tempo, e si era dedicata esclusivamente alla costruzione di questi, che - per ammissione degli stessi Alleati - avrebbero potuto capovolgere la situazione. Cinque giorni di bombardamento arrestarono la produzione di quasi tutte le fabbriche: la Luftwaffe non poté più riaversi e la supremazia alleata divenne incontrastabile. La stessa operazione compiuta contro il Giappone fece sì che i bombardieri americani potessero condurre indisturbati i loro attacchi, che portarono alla resa nipponica.
Sembra quindi che si possa dissentire dal generale Fuller e forse più equamente concludere che, contro un nemico che sappia convenientemente organizzarsi, non è agevole e rapido giungere - come prevedevano alcune facili illazioni dell'anteguerra - all'annientamento del suo potenziale e del suo morale. Tuttavia i risultati di un impiego strategico dell'aviazione, ben concepito ed attuato, non per questo possono essere meno decisivi per la vittoria.
Anche per quel che riguarda l'impiego tattico dell'aviazione, una sommaria analisi delle più varie esperienze di oltre 5 anni di guerra non contribuisce a dissipare i contrasti di opinione in proposito.
L'impiego in campo tattico di grosse formazioni di bombardieri pesanti e di formazioni di velivoli più leggeri fu senza dubbio uno degli elementi decisivi del successo delle operazioni terrestri, sia dei Tedeschi nelle campagne del 1939-40, sia degli Anglo-americani in Normandia e nelle Ardenne, sia dei Russi nella fase della controffensiva. Ma si potrebbe osservare che in molti casi (come ad esempio nell'avanzata di Rommel fin quasi ad Alessandria e nella sua successiva ritirata fino a Mareth) si ottennero notevoli successi militari, nonostante l'assenza di aviazione tattica e anche senza superiorità aerea. Anzi nel caso delle operazioni offensive di Rommel si può sostenere che i bombardamenti strategici sulle sue retrovie e sui trasporti marittimi che lo approvvigionavano, più che i "tappeti di bombe" britannici, furono i veri artefici della vittoria inglese, in quanto privarono Rommel dei rifornimenti di carburante e di munizioni. Anche per le operazioni dell'invasione anglo-americana dell'Europa occidentale, non è ancora facile stabilire quanta parte del successo sia da attribuire all'impiego tattico dell'aviazione alleata e quanta, ad esempio, ai bombardamenti strategici della rete ferroviaria tedesca, i quali, oltre a notevoli risultati nel campo strategico per i suoi effetti sulla produzione di guerra, portarono alla paralisi dei movimenti delle truppe germaniche.
Sembrerebbe anzi di poter affermare che l'efficacia dell'intervento aereo nel campo tattico sia stata ovunque generalmente piuttosto debole, poiché, per ragioni di sicurezza, l'azione più o meno distruttiva delle forze aeree assai raramente ha potuto essere convenientemente e tempestivamente sfruttata dalle truppe a terra e, per conseguenza, è risultata pressocché sterile.
Efficacia maggiore ha avuto invece l'azione aerea nel campo logistico, dei rifornimenti e delle comunicazioni, ossia in un campo in cui la distinzione fra azione strategica ed azione tattica non è sempre semplice ed immediata.
Ciò considerato, si sarebbe indotti a concludere che la soluzione più logica potrebbe esser quella della preparazione di un'armata aerea sufficientemente "elastica" per poter passare agevolmente dall'impiego strategico a quello tattico, limitando però in essa l'entità dei velivoli non idonei all'impiego strategico.
Quanto al secondo interrogativo - se cioè l'arma aerea sia stata l'arma risolutiva del conflitto - l'esperienza ha chiaramente mostrato come l'idea, se non universalmente accettata, certo abbastanza diffusa prima del 1939, che l'arma aerea, capace di aggirare verticalmente i fronti di battaglia, evitando di doverli sfondare orizzontalmente, avrebbe potuto spezzare la resistenza nemica e risolvere rapidamente un conflitto armato, è infondata. L'aviazione non è riuscita a conferire alla guerra il carattere di "guerra lampo" e questa si è conclusa solo con l'esaurimento materiale e morale di uno dei belligeranti. L'arma aerea potrebbe forse essere risolutiva in una guerra circoscritta a due sole nazioni di diversa potenzialità bellica (come starebbe a dimostrare la vittoriosa campagna tedesca in Europa nel 1939-40); ma in una guerra di coalizione, quale quella passata e quali saranno presumibilmente quelle future, l'accanimento e la lunghezza del conflitto sono insite nella conseguente situazione politico-strategico-sociale, per l'enorme sviluppo industriale dei popoli e per la mutua indipendenza di teatri di operazioni lontani, sui quali vittorie e sconfitte non hanno reciproche, dirette ed immediate ripercussioni.
L'aviazione ha palesato possibilità decisive di primissimo ordine ma ha dimostrato anche che da sola non può portare alla soluzione una situazione complessa, come del resto non porta il solo esercito, la sola marina. La guerra moderna è una vasta operazione combinata di tutte le risorse militari e civili dei popoli e, in quelle militari, le tre forze armate, nessuna delle quali è autosufficiente, debbono coordinare la loro azione e perseguire un piano ed una strategia comuni. L'aviazione resta uno strumento essenziale della lotta, tanto essenziale che non può concepirsi oggi d' intraprendere e tanto meno di condurre a termine vittoriosamente, nulla, sia sul mare che sulla terra, senza il concorso aereo e senza aver raggiunto, almeno localmente e temporaneamente, la supremazia aerea. Potrebbe tutt'al più osservarsi che all'aviazione non manca la capacità potenziale di essere l'elemento risolutivo di un conflitto, ma che ad essa mancano i mezzi necessarî per estrinsecare tempestivamente questa sua capacità potenziale. Si può pensare infatti che, se le Nazioni Unite avessero potuto gittare sulla bilancia fin dall'inizio quel formidabile peso del potere aereo che conseguirono gradatamente in 5 anni di guerra, questa avrebbe potuto risolversi assai più rapidamente. Ma poiché è inconcepibile che una qualsiasi nazione possa fin dal tempo di pace tenere in atto l'attrezzatura bellica il cui grandioso sviluppo ed il cui volume finale sono giustificabili solo dalle contingenti supreme necessità della salvezza del paese, l'osservazione ha carattere puramente teorico.
Il contrasto delle idee nella ricerca di risposte sicure agli interrogativi sopra posti può dirsi si sia iniziato prima ancora che le ostilità fossero terminate, per cercare nelle esperienze del passato ammaestramenti per l'avvenire. Purtroppo le esperienze delle guerre passate non possono mai trasportarsi integralmente nel futuro, in quanto nessuna guerra si è svolta, e nessuna si svolgerà, nelle stesse condizioni della precedente.
In questo tentativo di anticipazione, molti profetizzano di velocità contate in migliaia e non in centinaia di chilometri-ora, di velivoli procedenti su "corridoi aerei" o governati da un "cervello" interno o da strumenti a terra, di razzi atomici saettanti nella stratosfera, di difese basate sull'oscuramento, non solo della luce, ma del calore e del magnetismo; di guerra, insomma, condotta da schiere di scienziati manovranti leve e pulsanti. Se e quando ciò sarà, non solo l'esercito e la marina, ma anche l'aviazione saranno antiquati ed inutili strumenti.
Comunque i risultati già raggiunti nella costruzione di nuovi mezzi bellici, quali le armi tipo V2, dànno un significato del tutto diverso alle espressioni: "dominio dell'aria", "supremazia aerea". Il conseguire la supremazia aerea, cioè, non potrà significare per un belligerante che mettersi in condizioni da impedire al nemico di raggiungere il proprio territorio con le nuove armi e poter inviarne liberamente contro il territorio avversario. Ciò non potrà esser raggiunto che con un'offesa integrale, che tenda a distruggere l'organismo nemico o meglio - e forse solamente in tal modo - ad occuparne il territorio. Finché non sarà raggiunto nei proiettili autoguidati o in altri mezzi similari da offesa un progresso tale da rendere superflui velivoli pilotati, questi conserveranno la loro importanza ed ogni sforzo dovrà esser fatto per promuoverne lo sviluppo tecnico. L'energia atomica ed il radar ne moltiplicheranno la potenza offensiva; la navigazione e la localizzazione degli obiettivi saranno indipendenti dalla visibilità e dalle condizioni atmosferiche; forze terrestri aerotrasportate, opportunamente armate ed equipaggiate, porteranno la loro azione su zone lontanissime, essendo rifornite esclusivamente per via aerea. L'arma aerea sarà, più che per il passato, un'arma intimamente collegata al progresso scientifico ed industriale di un paese e, per la sicurezza di questo, sarà indispensabile che la sua tecnica e la sua dottrina non rimangano ancorate all'equipaggiamento ed ai procedimenti del passato e del momento.
Aviazione civile.
Durante il ventennio intercorso fra le due guerre mondiali l'aviazione civile, sfruttando soprattutto i progressi tecnici che accompagnano l'incremento delle aviazioni militari, compie un grandioso sviluppo. Le linee aeree si moltiplicano, cresce il numero dei velivoli impiegati, aumentano le capacità di trasporto, le velocità, le autonomie e, specialmente, la sicurezza di volo.
Nel 1938-39 l'Europa permane il centro di sviluppo della maggior parte della rete aerea mondiale, giacché l'Europa, allora, anche nel campo aeronautico, esercita la sua egemonia su quasi tutto il mondo. E poiché l'aviazione commerciale è essenzialmente internazionale e i suoi vantaggi sono tanto più rilevanti quanto maggiori le distanze su cui viene utilizzata, il maggiore interesse si rivolge verso i voli transcontinentali. D'altra parte gli stati europei hanno zone lontane d' interesse politico ed economico, verso le quali sono avviate importanti linee aeree.
Nel 1939 l'Europa, a prescindere dalle reti interne dei singoli stati, ha già realizzato i seguenti collegamenti principali con: l'America Meridionale (con le compagnie: Air France, Luft Hansa, LATI); l'Asia (Imperial Airways, Air France, Luft Hansa); le Indie Olandesi (KLM); l'Australia (Imperial Airways); l'Africa orientale, centrale, meridionale (rispettivamente con le compagnie Ala Littoria, SABENA, Imperial Airways). Gli Stati Uniti, con la Pan American Airways, chiudono in una ampia rete aerea l'America Centrale e Meridionale; si collegano con Hong-kong, attraverso le Hawaii e le Filippine, con diramazioni verso Samoa e la Nuova Zelanda; hanno in progetto il collegamento di New York con Lisbona e Bathurst. Il Giappone irradia le sue linee verso la Corea, il Manchukwò e le isole del Pacifico e palesa le sue aspirazioni alla supremazia sull'Estremo Oriente. L'America Meridionale e l'Asia orientale costituiscono zone di contatto, anzi di attrito, fra le aviazioni commerciali europea e americana.
Uno sguardo ad un grafico delle linee aeree del periodo immediatamente precedente la seconda Guerra mondiale basterebbe a rivelare l'inorganicità e l'incompletezza della rete aerea mondiale, l'assenza di un suo coordinamento razionale: vi si notano, infatti, un sistema di reti nazionali dense e intricate, male o affatto collegate fra loro; una rete internazionale ed intercontinentale piena di lacune, nella quale in alcune zone sovrabbondano doppioni di linee mentre altre sono completamente sprovviste di collegamenti.
Le ragioni di un tale stato di cose vanno ricercate in parte nello sviluppo tecnico dei velivoli, notevolissimo ma ancora inadeguato alle esigenze delle grandi linee internazionali e, specialmente, transoceaniche, nelle deficienze qualitative e quantitative dei mezzi a terra e dei metodi di assistenza del volo. Dal 1935-36 si aggiungono anche, e particolarmente in Europa, le conseguenze della situazione politica, caratterizzata dalla mancanza di spirito di collaborazione internazionale e dall'esasperato contrasto di interessi nazionalistici. Soprattutto, l'evoluzione dei traffici aerei è influenzata e dominata dal carattere di "politicità" dell'aviazione civile, la cui struttura dipende, più che dalla soddisfazione di naturali necessità e da criterî economici, da considerazioni d'indole politica e dall'intenzione di preparare macchine ed uomini per fini militari.
In conseguenza di tale carattere dell'aviazione commerciale, dopo l'iniziale ed un po' caotico sviluppo d'iniziative in regime di libertà di esercizio e di concorrenza, sempre più spiccato si delinea il principio dell'intervento dello stato; prima come semplice controllo sulle società, poi come ingerenza diretta e partecipazione statale al finanziamento ed alla gestione delle società stesse. Qualche società puramente privata sussiste tollerata. Fanno eccezione gli S. U., ove un insieme di condizioni geografiche ed economiche favorisce un largo traffico aereo disimpegnato da società private, anche queste, tuttavia, indirettamente sovvenzionate dallo stato attraverso i contratti per i servizî postali. Ma, nonostante i sacrifici finanziarî che i varî governi sopportano per mantenerla in vita e per svilupparla sempre più, l'aviazione commerciale vive in un regime economico artificiale, per il quale essa rimane nel 1939, come, se non quanto, 20 anni prima, economicamente passiva. Tuttavia, alle soglie del conflitto mondiale l'aviazione civile si presenta e si afferma come uno dei principali elementi di sviluppo civile ed economico del mondo.
Iniziatesi nel 1939 le ostilità in Europa, l'aviazione civile europea cessa praticamente di esistere. Gli S. U. ne approfittano per cercare di raccogliere, nel traffico aereo mondiale, la successione delle nazioni europee e nel 1941 la Pan American Airways domina incontrastata, collegando l'America del Nord agli altri quattro continenti. Entrati anch'essi in guerra, gli S. U. organizzano una vastissima rete aerea, creata per far fronte alle immense necessità belliche degli Alleati, ma destinata a costituire l'ossatura della futura rete commerciale; e lo sviluppo senza precedenti dell'industria aeronautica, l'abbondanza e la perfezione tecnica dei mezzi, il gran numero di basi accaparrate, la preziosa messe di esperienze raccolta demrminano il presupposto per un rapido passaggio dalla economia di guerra a quella di pace. Come dopo la prima Guerra mondiale il sorgere dell'aviazione militare apre la via a quella civile, così può dirsi che l'ultimo conflitto abbia enormemente anticipato la dimostrazione delle reali possibilità dell'aeroplano in tempo di pace.
I grandissimi progressi che, sotto l'assillo delle necessità belliche, gli stati belligeranti hanno raggiunto nel campo della progettazione e della costruzione dei velivoli ed in tutti i campi a questi connessi, nonché la conoscenza più approfondita della tecnica di impiego aprono nuovi amplissimi orizzonti ai traffici aerei di pace: le aumentate dimensioni e capacità di carico dei velivoli consentono viaggi con maggior quantità di passeggeri e di merci e perciò con miglior rendimento economico; per le aumentate autonomie raggiunte riescono agevoli e normali i voli transoceanici; nuove invenzioni nel campo della radio e della radiolocalizzazione rendono i velivoli pressoché indipendenti dalle variazioni atmosferiche, ed i viaggi aerei di sicurezza tale da richiamare un numero sempre crescente di passeggeri, cominciando ad infondere nelle masse la convinzione che il velivolo è un comune, sicuro, indispensabile mezzo di trasporto nella vita moderna.
Poco agevole è fare oggi il punto sullo stato presente dell'aviazione commerciale mondiale, in rapida e continua evoluzione, e meno ancora far previsioni sicure sull'indirizzo, sulla struttura, sul potenziale futuri di essa. Per un migliore orientamento conviene soffermarsi anzitutto sugli aspetti fondamentali del problema.
L'esito del conflitto, determinando profondi mutamenti politici in alcune regioni, ha non poca influenza anche sulla ripresa dei traffici aerei. Gli stati vincitori non possono non far risentire l'influsso della loro potenza politica, militare, economica, come negli altri, anche nel campo dell'aeronautica civile. La Germania ed il Giappone spariscono dall'agone internazionale delle competizioni aeronautiche; la Russia, per la sua attitudine praticamente chiusa al commercio mondiale, determina un taglio netto fra mondo occidentale e mondo orientale; altri stati europei (paesi scandinavi, Portogallo, Spagna, ecc.) e sud-americani (Argentina, Brasile, Venezuela, ecc.) entrano in gara sulle vie aeree mondiali, sulle quali non erano presenti nel periodo prebellico.
Queste realizzazioni accrescono giornalmente, rispetto al 1939 la rete aerea mondiale, ma determinano anche un aumento delle zone di contatto e di attrito: alle due esistenti nell'anteguerra cui si è prima accennato, si aggiungono infatti l'Atlantico settentrionale e meridionale, l'Africa, l'Asia meridionale e l'Europa stessa, dove le due Americhe, e soprattutto gli S. U., cercano di spingere sempre più minacciosi i proprî collegamenti transcontinentali.
Per l'aviazione civile europea l'espansionismo degli S. U., costituisce uno degli aspetti più preoccupanti della situazione postbellica.
L'espansionismo aeronautico statunitense si volge pure alle regioni artiche, destinate a costituire anch'esse altra zona d'attrito. L'esistenza nell'emisfero nord, all'incirca agli antipodi fra loro, dei due avversarî principali - Germania e Giappone - degli Alleati, impose la ricerca della miglior soluzione del problema dei rapidi rifornimenti. Le vie aeree più brevi passavano entro o in prossimità del Circolo polare artico e tali vie erano anche le più sicure, in quanto sorvolavano per la loro maggior parte terraferma. Ne derivò un notevole sviluppo di basi terrestri delle aviazioni alleate nelle regioni subartiche ed artiche. L'utilizzazione di queste linee rivelò anche che le condizioni di volo nell'Artico sono normalmente migliori di quelle delle zone temperate. E poiché i principali centri demografici e industriali del mondo si trovano nell'emisfero nord, per la maggior parie più vicini al Circolo polare artico che all'Equatore, molte rotte d'importanza internazionale saranno più brevi, e perciò economicamente più redditizie, passando sull'Artico.
Gli S. U., decisi a raggiungere il loro scopo, tentarono di creare il presupposto giuridico per la realizzazione dei loro piani, affermando nella Conferenza aeronautica di Chicago, la libera concorrenza aerea e l'assoluta libertà dei traffici aerei. Ma l'opposizione dell'Inghilterra - che vuole conservare le vie aeree del suo impero - e di altri paesi determinò il fallimento del tentativo: lo stato giuridico aereo internazionale resta, per ora, in sostanza analogo a quello definito nella Conferenza di Parigi del 1919 (v. aeronautica: Diritto aeronautico, in questa App.).
Di fronte al pericolo del monopolio di un solo stato nel campo dei traffici aerei, che costringerebbe l'aviazione civile dei paesi minori nell'ambito dei soli traffici interni, in alcuni casi economicamente insostenibili, l'esperienza del passato avrebbe dovuto suggerire alle nazioni europee di îndirizzarsi verso forme di collaborazione internazionale. Ma finora poco si è fatto in questo senso.
Alcuni stati si sono effettivamente orientati verso una forma, seppure limitata, di collaborazione europea, come i paesi scandinavi, le cui compagnie aeree SILA e ABA (svedesi), DNL (norvegese), DDL (danese) hanno costituito la Scandinavian Airlines System, per l'esercizio di linee aeree fra i paesi stessi e l'America Settentrionale e Meridionale. Altri, come l'Italia, seguendo una politica opposta, hanno ritenuto conveniente associare i proprî interessi aeronautici a quelli dell'uno o l'altro dei vincitori della guerra. Altri infine, come la Francia, hanno disdegnato ogni forma di collaborazione. Anche nel campo del solo traffico continentale europeo, ove gli S. U., oltre a giungere con le loro linee intercontinentali, cercano di inserirsi con partecipazioni azionarie in società nazionali, sembra necessaria una politica di collaborazione fra i varî stati, intesa a raggiungere un coordinamento degli sforzi e delle iniziative.
L'importanza politica e sociale delle attività aeronautiche civili impone poi la giusta soluzione di un altro problema di carattere interno: l'atteggiamento che lo stato deve assumere nei confronti dell'industria nazionale dei trasporti aerei. Tutti sono in sostanza d'accordo nel ritenere che, dato il carattere di servizio pubblico dei trasporti aerei, questi richiedono l'ingerenza dello stato, per l'interno con funzioni ordinatrici e disciplinatrici e, per l'estero, di protezione del traffico e degli interessi nazionali. Il disaccordo verte invece sulla determinazione delle forme e dei limiti di tale ingerenza. È generalmente ammesso che lo stato debba intervenire direttamente per la creazione della cosiddetta infrastruttura aeronautica (aeroporti, impianti per la navigazione notturna e senza visibilità, rete radiotelegrafica e meteorologica, ecc.) e per l'esercizio dei servizî di assistenza del volo: impianti e servizî che rivestono carattere di pubblica utilità e quindi debbono essere a carico dello stato, che li utilizza anche per l'aviazione militare e ne trae del resto un utile diretto (tasse di atterraggio, di ricovero, pagamento dei servizî di assistenza, ecc.) ed indiretto (beneficî che il traffico internazionale porta all'economia generale del paese). Ma un più esteso intervento statale trova oggi presso molti giustificazione nella considerazione che ogni industria d'interesse collettivo nella sua fase iniziale (quale oggi può considerarsi la ripresa dei traffici) ha bisogno delle risorse della pubblica finanza, per colmare le inevitabili differenze fra costo ed esercizio, sì da poter sopravvivere e raggiungere la fase in cui possa prosperare da sola.
Le tre forme possibili d'esercizio: esercizio diretto da parte dello stato (nazionalizzazione); esercizio libero, cioè società a capitali interamente privati; esercizio misto, cioè società private con largo intervento e controllo dello stato, presentano tutte pregi innegabili e difetti gravi. Né è questa la sede per cercar di determinare - considerati gli uni e gli altri - quale sia la forma più conveniente; tanto più che forse la maggior convenienza dipende essenzialmente da situazioni contingenti di tempo e di luogo: l'America persiste nel regime della privatizzazione, l'Europa sembra volgersi come per il passato verso criterî di statizzazione e di economia mista.
Da un punto di vista economico, il trasporto aereo, nel periodo prebellico, almeno in Europa, ha presentato tariffe più o meno paragonabili a quelle della 1a classe ferroviaria o marittima, ma senza gli analoghi vantaggi (facilità di accedere ai mezzi, elevata frequenza, puntualità di orario e coincidenza con orarî di altri mezzi, comodità, ecc.); anzi, su linee di breve percorso, ha mancato spesso perfino del vantaggio della velocità pratica. In tali condizioni l'aereo non poteva competere con gli altri mezzi di trasporto, e, malgrado i progressi tecnici, non lo potrà nemmeno in avvenire, se non si riuscirà ad organizzare il traffico aereo in modo che i suoi vantaggi siano analoghi a quelli degli altri mezzi o, quanto meno, la loro minore entità sia ampiamente bilanciata da quelli derivanti dalla maggiore velocità. L'organizzazione del traffico aereo riflette tre elementi essenziali: infrastruttura - velivolo - utilizzazione. L'esercizio di una linea aerea, assai più che per il passato, è subordinato anzitutto all'esistenza, non solo di aeroporti e di basi sussidiarie, ma altresì alla creazione di una rete d'impianti a terra sempre più complessi, la cui importanza per la sicurezza della navigazione è diventata così essenziale che il loro funzionamento è regolato da norme internazionali stabilite dalla ICAO (International Civil Aviation Organization).
L'elevazione del carico alare e la conseguente aumentata velocità dei moderni velivoli impongono, per la partenza e l'atterraggio, maggiori lunghezze utili degli aeroporti, specialmente per le manovre senza visibilità. Il notevolissimo peso gravante sulle ruote degli attuali grandi velivoli commerciali richiede l'adozione di piste. Il grandioso sviluppo raggiunto dal traffico aereo e quello ben maggiore previsto rendono indispensabili aeroporti costruiti con criterî del tutto nuovi (v. aeroporto, in questa App.). Naturalmente l'elevatissimo costo di tali aeroporti pone sul tappeto complessi problemi finanziari per la loro costruzione e gestione, problemi ai quali potranno provvedere soltanto speciali consorzî, cui siano interessati stato, provincie, comuni, compagnie aeree, industrie, ecc.
I progressi compiuti dall'aerodinamica nel calcolo e nella tecnica delle strutture e nella tecnologia dei materiali leggeri hanno consentito di migliorare nei velivoli il rapporto fra peso totale e carico utile trasportabile, cioè in sostanza il loro rendimento economico. Tuttavia, se da un lato è diminuito il peso strutturale del velivolo dall'altro è aumentato il peso delle installazioni: ciò fa sì che le percentuali di carico utile trasportabile siano ancora piuttosto basse (intorno al 50%). Il carico pagante - il solo che interessi al fine economico - è ancor oggi una piccola parte del peso totale e quindi il costo della tonn./km. è tuttora troppo elevato nel trasporto aereo, che permane un trasporto di alto costo. L'importanza ed il valore del velivolo come mezzo di trasporto civile dipendono, in conclusione, dalle altre sue caratteristiche, essenzialmente dalla velocità. Sotto questo riguardo i motori a turbina e la propulsione a reazione dànno un'irresistibile spinta verso le più alte velocità. Però anche la velocità costa e, malgrado ogni prevedibile grado di efficienza tecnica, il fattore economico non può essere trascurato e l'aeronautica commerciale, di importanza essenziale per le nazioni, come già per alcune la marina mercantile, non potrà esser viva e vitale se non sarà basata su rigidi criterî economici e su una razionale utilizzazione del materiale (frequenze, lunghezza delle tappe, percorrenze, coefficienti di riempimento, ecc.).
Oggi (1948), a tre anni dal termine del conflitto, la situazione dell'aeronautica commerciale mondiale, brillantissima dal punto di vista delle numerosissime realizzazioni pratiche, non lo è altrettanto dal punto di vista economico: molte società sono in crisi, alcune fra le principali denunciano passività rilevanti (nel 1947, in un anno di esercizio le due principali Società inglesi, la BOAC e la BEA, hanno avuto deficit, rispettivamente di 8 milioni e 2 milioni di sterline); altre infine scompariranno o saranno assorbite.
Le cause di tale fenomeno sono molteplici: a) piani di esercizio un po' caotici, per iniziative in cui le considerazioni commerciali sono subordinate ad interessi politici o di altra natura e per la frettolosa costituzione di società con capitali inadeguati e programmi errati; b) ingenti spese che le compagnie debbono sostenere nella fase di impianto e di sviluppo; c) molteplicità dei tipi di velivoli, molti derivati da trasformazione e adattamento di velivoli militari e comunque non tecnicamente ed economicamente adatti a servizî commerciali; d) deficienze nell'organizzazione delle rotte aeree e dei servizî relativi, cui i varî paesi, impegnati nel riassetto della propria economia generale, non possono, o possono solo in parte, provvedere; e) per alcune linee, cattiva utilizzazione dei velivoli, per la scarsità del traffico dovuta alla situazione politica ed al ristagno nelle correnti di affari.
Con il graduale assestamento politico ed economico degli stati, molte di tali cause spariranno ed un miglior coordinamento della politica aeronautica internazionale, una più esatta visione dei problemi e dei metodi per risolverli, faranno sì che l'attività aerea commerciale andrà avvicinandosi al raggiungimento del fine economico di ogni attività industriale e commerciale: pareggiare gli introiti alle spese ed assicurare un utile al capitale investito. Nel campo dei trasporti intercontinentali lo sviluppo dei trasporti aerei darà vita a quella concorrenza con quelli marittimi, ché alcuni anni fa appariva quasi inconcepibile.
Organizzazione nei principali paesi (1948). - In Italia, il trattato di pace ha tolto ogni limitazione alle iniziative aeronautiche civili. Il governo, prima che il trattato di pace fosse firmato, associò la rinascita dell'aviazione civile agli interessi di grandi società di due dei paesi vincitori. Firmò pertanto accordi con la Trans World Airline e la British Overseas Airways Corporation, per la costituzione di due società, rispettivamente, italo-americana: Linee Aeree Italiane (LAI) e italo-inglese: Aerolinee Italiane Internazionali (Alitalia), con capitali per il 40%, rispettivamente, americano ed inglese e per il 60% italiano, in parte maggiore sottoscritto dall'IRI, in parte da privati. Accanto a queste due compagnie, sono risorte le vecchie aviolinee - unica società privata dell'anteguerra - e sono state costituite le nuove compagnie: Aereo Teseo, Transadriatica, SISA, Airone, Salpanavi. È in corso la definizione degli accordi fra tali società per la ripartizione delle attività sulla rete aerea nazionale ed internazionale, che, oltre i collegamenti interni, dovrà assicurare entro un biennio i collegamenti con le due Americhe, con tutta l'Europa, con l'Africa meridionale ed orientale, nel bacino Mediterraneo con prolungamenti per l'Estremo Oriente.
In Inghilterra l'aviazione civile è stata nazionalizzata, con la creazione di tre grandi società nazionali: British Overseas Airways Corporation, per il traffico intercontinentale; British European Airways, per il traffico europeo ed interno; British South America Airways, per il traffico con l'America del Sud.
In Francia, la Air France, in gran parte statale, si è rapidamente ripresa ed irradia i suoi servizî su quasi tutta l'Europa, verso le due Americhe, l'Africa e la Cina. Nel Belgio, la SABENA, le cui azioni sono per il 51% statali, gestisce molti importanti collegamenti in Europa, con il Nord America e con il Congo. In Olanda, la KLM, ritornata all'efficienza prebellica, fa concorrenza alle compagnie americane sulle linee per le Americhe e gestisce importanti collegamenti in Europa e con le Indie Olandesi.
In Russia, la guerra ha accentuato la valorizzazione dell'immenso territorio e la sua Aeroflot gestisce una vastissima rete interna, di cui sono poco noti i particolari, mentre non esistono importanti servizî aerei internazionali, oltre quelli colleganti Mosca con le capitali delle nazioni sotto l'influenza sovietica.
Svezia, Norvegia e Danimarca, come si è detto, hanno riunito le loro società aeree in un unico sistema, che assicura i collegamenti fra tali paesi e di questi con le principali nazioni europee, con l'America del Sud e con l'Africa. Collegamenti intercontinentali, oltre che intereuropei, gestiscono anche le compagnie del Portogallo (Transportes Aereos Portugueses), della Spagna (Iberia), della Svizzera (Swissair).
Soltanto traffico intereuropeo o anche solamente interno esercitano compagnie minori in Irlanda (Aer Lingus), Cecoslovacchia (CSA), Finlandia (Aero O/Y), Polonia (LOT), Iugoslavia (JAT), Grecia (Greek Airlines), Turchia (Turkish State Airlines).
Negli Stati Uniti, oltre alle principali società: Pan American World Airways, Trans World Airline, American Overseas Airlines, che gestiscono le grandi linee mondiali, esistono una trentina di compagnie, che assicurano i servizî interni ed i collegamenti con le regioni delle due Americhe e del Pacifico. Nell'America del Sud si hanno importanti compagnie aeree in Argentina (FAMA), in Brasile (Panair do Brazil), nel Venezuela (Aerovias Venezolanas). Numerose altre compagnie aeree civili si hanno ancora in Australia, Canada, India, Cinā, Iran, ‛Irāq, Transgiordania, Libano, Siria, Egitto, Etiopia, Kenia,Africa Portoghese, ecc.
Oltre le compagnie che esercitano i servizî regolari di linea, esistono un po' dappertutto numerosissime società minori, che gestiscono servizî non di linea (servizî di noleggio, di taxi aerei, di lavoro aereo, ecc.). In Italia, fra le principali società di questo tipo, si citano: la Aiax di Milano, la Meteor di Trieste, la Icaro e la Alica di Roma.
Bibl.: A. Ambrosini, Nuovo Statuto dell'aviazione civile, in Rivista Aeronautica, novembre 1945; A. Cucci, Progressi economici della navigazione aerea, ibid., novembre 1946; A. Giannini, Problemi attuali dell'aviazione civile, ibid., luglio-agosto 1946; G. Simone, Lo Stato e i suoi trasporti aerei, ibid., marzo 1946; R. Vannutelli, Le comunicazioni aeree nel dopoguerra secondo le previsioni odierne, ibid., gennaio 1946; H.F. King, Transports to-day and tomorrow, in Flight, 25 dicembre 1947; H. Self, The status of civil aviation in 1946, in The Airplane, 4 ottobre 1946.