AVANZO
. Pittore veronese (o padovano, o vicentino, secondo altri) della seconda metà del sec. XIV. Gli antichi scrittori ne fecero uno solo con il bolognese Iacopo Avanzi (v.). La critica moderna ritiene trattarsi di due distinte personalità. Oltre a una incerta traccia documentaria e alle notizie del Savonarola (De Laudibus Patavii, in Rerum Italicarum Scriptores) e del Campagnola (al quale attingono il Michiel e il Vasari) che ne fanno un compagno di Altichiero a Padova, si ha di lui una firma, ora non più discernibile, sotto l'ultima storia di S. Lucia (I funerali) nell'oratorio di S. Giorgio a Padova: letta variamente [de] Avanciis, Avancius, Avantus. Avantus sembra la lezione più esatta come appare dalla riproduzione nel Gonzati. Il Savonarola scambia l'opera di Altichiero e di A., attribuendo a quello la cappella di S. Giorgio e a questo la cappella di S. Giacomo (ora S. Felice) al Santo. Gli affreschi di queste due cappelle sono dagli studiosi variamente attribuiti all'A. e ai suoi collaboratori.
La personalità di A. appare chiara, secondo noi, in tutta la serie delle storie di S. Lucia (l'ultima reca la firma), dipinte con grossa pasta di colore robusto talvolta un po' gessoso nei volti e crudamente contrastato, con atteggiamenti vivacissimi, con un senso dello spazio meno elegante che in Altichiero nel giocare sui ritmi di pieno e di vuoto, ma mirabile per la plasticità, per il modo con cui rende il volume delle singole persone pur densissimamente affollate. In perfetto accordo con queste qualità di rude ma pronto e schietto osservatore della realtà, A. si dimostra un ritrattista potente sovrattutto nel gruppo di uomini in piedi a sinistra dei Funerali di S. Lucia. Notevole, come in Altichiero, l'amore delle belle ricamate architetture. Si possono poi ritenere di A. la Crocifissione, le storie dell'infanzia di Gesù e probabilmente l'ultima storia di S. Caterina: nelle altre si sente forse la sua collaborazione, ma certo e soprattutto il suo fortissimo influsso. Perciò vi si devono cercare altri artisti che non Altichiero, già ben formato e fermo nella sua propria definita personalità, artisti che di Altichiero avean subito l'influenza nella cappella di S. Felice, e qui vanno più e più sommettendosi al dominio di Avanzo. Secondo il Michiel, A. avrebbe anche dipinto, nella Sala dei giganti a Padova, la Cattività di Giugurta e il Trionfo di Mario (probabilmente quei trionfi che il Vasari colloca invece nella reggia scaligera di Verona), ora perduti.
Artista di meno squisite eleganze di meno lirica sensibilità che Altichiero, A. appare in ancor più stretti rapporti con Tomaso da Modena; tanto che il Coletti propose di assegnargli, come lavoro giovanile, le storie della Passione, certo tomasesche, in S. Lucia di Treviso. Di Tomaso, A. sviluppa, in senso francamente popolaresco, la tendenza a novellare piacevolmente, a trasformare la scena religiosa in quadro di genere dai molti episodî attinti alla vita contemporanea; caratteristica che diverrà peculiare dell'arte dell'alta Italia, e nordica in generale, in confronto all'austera e drammatica rappresentazione fiorentino-giottesca.
Bibl.: Per la bibl. v. sotto Altichiero. Inoltre G. Biadego, Il pittore Iacopo da Verona, ecc., Treviso 1906; P. Schubring, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, II, Lipsia 1908; R. Baldani, La pittura del '300 a Bologna, Bologna 1912; R. van Marle, The development of the Italian Schools of painting, IV, L'Aja 1924, pagg. 124-62; L. Coletti, Tommaso da Modena, ecc., in Boll. d'arte, 1925, pp. 291 e 318.