autotrasfusione
Reinfusione endovenosa dei propri globuli rossi precedentemente prelevati e conservati a bassa temperatura (4 °C). È una tecnica utilizzata per evitare la trasfusione di sangue proveniente da un’altra persona. Poiché l’infusione di sangue o emoderivati comporta alcuni rischi (trasmissione di agenti infettivi non individuabili, immunizzazione verso proteine estranee all’organismo), nel caso in cui un soggetto debba essere sottoposto a procedure chirurgiche che possono essere accompagnate da significative perdite di sangue (per es., intervento ortopedico di protesi di anca), è possibile prelevare due unità di sangue (ciascuna di circa 400 ml) nelle due settimane precedenti l’intervento, conservarle presso una banca del sangue e restituirle al paziente nel corso dell’intervento o subito dopo, per rimpiazzare il sangue perso nel corso dell’operazione chirurgica. Naturalmente questo è possibile solo quando le condizioni di base del paziente consentono l’effettuazione della procedura: se il paziente è già anemico, o se l’intervento è urgente e non dilazionabile, l’autotrasfusione non può essere utilizzata. Una procedura nel corso della quale si utilizza correntemente l’autotrasfusione è la donazione di midollo osseo; poiché il donatore è un soggetto sano, è necessario che si eviti qualsiasi rischio di effetti tardivi negativi. Il donatore volontario, al quale devono essere prelevati 1000÷1500 ml di sangue midollare necessari per la donazione, si sottopone a due prelievi di sangue una settimana prima della donazione, e le due sacche sono reinfuse all’atto della donazione. Una variante dell’autotrafusione è il recupero intraoperatorio del sangue: se si perde molto sangue nel corso dell’intervento, ci sono oggi apparecchiature che consentono di recuperare i globuli rossi, liberarli da scorie di qualsiasi tipo e reinfonderli al paziente stesso nel corso dell’intervento, evitando anche in questo modo il ricorso a trasfusione di sangue da persona diversa.