DESPUIG (De Podio), Ausias
Nacque nel 1423 a Xativa, nel Regno di Valenza, dal ramo, che si era insediato a Xativa ed aveva ottenuto la signoria d'Alcantera, da una famiglia di antica nobiltà, probabilmente originaria del Rossiglione, stabilitasi a Tortosa alla metà del sec. XII. Era nipote di Luis Despuig, maestro dell'Ordine cavalleresco di Montesa e per qualche tempo anche governatore e luogotenente generale del Regno di Valenza: un personaggio che ebbe un ruolo importante, per l'azione militare e per quella diplomatica, alla corte dei sovrani aragonesi Alfonso V il Magnanimo, Giovanni II e Ferdinando II il Cattolico.
Dottore in utroque iure e in teologia, il D. fu canonico e cantore della cattedrale di Barcellona. Il 18 sett. 1458 fu nominato arcivescovo di Monreale (il Regno di Sicilia era allora unito alla Corona d'Aragona). Rimase tuttavia alla corte del re Giovanni II come consigliere di quest'ultimo. Il 29 sett. 1461 fece infatti parte, con lo zio Luis, del seguito che accompagnò l'infante Ferdinando e la regina Giovanna, sua madre, da Calatayud a Barcellona, dove fecero ingresso il 21 novembre. In questa occasione il D. svolse il delicato compito di fare assumere al giovanissimo principe, dopo la morte di Carlo di Viana, l'ufficio di luogotenente generale del Principato di Catalogna, sulla base della capitolazione di Villafranca. Ai primi di gennaio del 1462 fu chiesta dai Catalani, in base agli accordi conclusi con il re, l'espulsione del D. e dello zio dal Consiglio reale: tale richiesta era evidentemente una conseguenza della azione dai due svolta a sostegno della Corona.
Il 4 marzo 1470 il D. fu nominato da Ferdinando il Cattolico cancelliere per il Regno di Sicilia. Ai primi di gennaio del 1471 si trovava a Roma, presso la Curia pontificia, incaricato da Giovanni II d'Aragona di ottenere l'approvazione del pontefice Paolo II per il matrimonio concluso tra Ferdinando e la regina Isabella di Castiglia. Degli affari aragonesi e dei diritti di successione al trono castigliano il D. si occupava ancora nel gennaio del 1473 presso il nuovo papa Sisto IV. A Roma gli fu affidato dal pontefice l'ufficio di governatore della città.
Il 7 maggio 1473 venne nominato cardinale da Sisto IV e gli fu consentito di mantenere l'arcivescovato di Monreale. Gli fu assegnato inizialmente il titolo di S. Vitale, cambiato più tardi con quello di S. Sabina, col quale il D. fu comunemente noto ai suoi contemporanei. Ricoprì anche l'ufficio di vicecamerlengo. Fece parte, nel giugno del 1473, della delegazione di ecclesiastici inviata incontro ad Eleonora d'Aragona, figlia del re Ferrante di Napoli, la quale andava sposa al duca di Ferrara, Ercole d'Este. L'anno successivo invece fu l'unico dei cardinali a rifiutare - e il gesto ebbe eco clamorosa - di restituire la visita a Federico d'Aragona, altro figlio di Ferrante: dichiarò infatti che, trattandosi del secondogenito di un re vassallo della Sede apostolica, l'atto gli appariva sconveniente alla dignità cardinalizia.
Il 15 dic. 1475 gli fu conferita in amministrazione la diocesi di Saragozza, vacante per la morte dell'arcivescovo Giovanni d'Aragona. Il 13 gennaio successivo ricevette da Sisto IV il potere di conferire tutti i benefici vacanti in quella diocesi. Il D. avrebbe dovuto in seguito rinunciare a Monreale, non appena ad esso fosse stato assegnato un nuovo presule. Il provvedimento pontificio incontrò l'ostilità dei sovrani aragonesi, i quali volevano che la diocesi di Saragozza fosse concessa ad Alfonso d'Aragona, figlio naturale, allora seienne, del re Ferdinando il Cattolico. Il 9 agosto, intanto, per intervento del re Ferrante, ottenne dal papa l'amministrazione della diocesi di Capaccio, nel Regno di Napoli, che avrebbe dovuto mantenere fino a che non si fosse risolta la controversia relativa alla diocesi di Saragozza. Contemporaneamente ricevette in commenda anche il monastero benedettino di S. Pietro d'Eboli, nella diocesi di Salerno, che già era stato amministrato dal defunto vescovo di Capaccio. Nel 1478 fu raggiunto un accordo tra il papa e il re per la diocesi di Saragozza. Il D. rinunciò alla sua amministrazione, perché potesse essere conferita ad Alfonso d'Aragona, come avvenne il 14 agosto. Il 13 aprile precedente il D. aveva però ottenuto da Sisto IV il rinnovo del conferimento dell'amministrazione del vescovato di Capaccio e del monastero di S. Pietro, senza più alcuna limitazione di tempo, e li mantenne fino alla morte insieme con l'arcivescovato di Monreale, che fu da lui affidato all'arcivescovo di Palermo, Simone Bonovio.
Continuò a difendere nella Curia pontificia gli interessi di Ferdinando il Cattolico. Il re, ad esempio, si rivolse a lui, il 26 apr. 1479, per ottenere dal papa la concessione di un beneficio ecclesiastico nei suoi regni a favore del nipote Filippo d'Aragona. Il 7 maggio 1479 il D. fu nominato legato apostolico con il compito di recarsi presso l'imperatore Federico III d'Asburgo e presso i sovrani di Ungheria, di Boemia e di Polonia, per incitarli a partecipare alla crociata contro i Turchi. Fu presente, nel corso della legazione in Germania, alla Dieta che si tenne a Francoforte. Il 30 giugno 1481 era nuovamente a Roma, dove cantò la messa nella chiesa di S. Paolo durante la solenne cerimonia nel corso della quale Sisto IV benedisse gli stendardi che consegnò al cardinale di Genova Paolo Fregoso, nominato legato apostolico per la crociata contro i Turchi, i quali avevano compiuto l'orrendo massacro di Otranto. Il 17 luglio il re Ferdinando si rivolse al D., e ai cardinali Rodrigo Borgia e Giovanni d'Aragona, perché sostenessero dinanzi al pontefice la sua richiesta che il capitolo generale dei frati carmelitani si svolgesse, come previsto, nella città di Saragozza, nonostante la morte sopravvenuta del maestro generale, e che quindi l'ufficio di vicario generale dell'Ordine carmelitano fosse ricoperto nel frattempo dal provinciale d'Aragona, fra' Graziano de Vilanova. Il D., da parte sua, teneva intanto informato Ferdinando il Cattolico sugli ultimi sviluppi della situazione politica italiana.
Il 30 ag. 1482 il re e la regina Isabella, tramite il vescovo di Barcellona Gonzalo Fernandez de Heredia, nominato loro ambasciatore presso il pontefice e il Collegio cardinalizio, intimarono al D. e a tutti gli altri ecclesiastici nativi dei loro regni di abbandonare la Curia pontificia entro quindici giorni e presentarsi entro cinquanta dinanzi ai sovrani, qualora Sisto IV non avesse modificato il proprio atteggiamento, schierandosi a favore del duca di Ferrara Ercole d'Este e del re di Napoli Ferrante d'Aragona nel conflitto con la Repubblica di Venezia. Al provvedimento - che altro non era se non un mezzo di pressione sulla Sede apostolica ritenuto di peso equivalente, ma più corretto dal punto di vista della disciplina ecclesiastica, al rifiuto di obbedire al papa - si accompagnava la minaccia di privare dei loro redditi gli ecclesiastici che non avessero obbedito all'ordine e di considerarli come stranieri, escludendoli in futuro da ogni beneficio. Nella stessa data il re Ferdinando chiedeva al D. di intervenire presso il papa anche in merito ad una questione, della quale già si era occupato in passato, riguardante il diritto al possesso del priorato di Tortosa, conteso tra due pretendenti. Il 29 genn. 1483 il D. ricevette i ringraziamenti del sovrano per quanto aveva fatto in pro della conclusione della pace in Italia. Contemporaneamente il sovrano accoglieva le raccomandazioni che il D. gli aveva fatto in favore di suo fratello e dei suoi nipoti e ne accettava le scuse, assicurandolo di non avere dato credito alle voci che gli erano pervenute di un suo atteggiamento ostile verso le richieste di benefici ecclesiastici per il proprio nipote Filippo d'Aragona, che gli raccomandava nuovamente. Il 5 febbraio successivo Ferdinando gli domandò di intervenire presso il pontefice perché concedesse al suo precettore Vidal de Noya il decanato di Santiago e un canonicato ad Avila.
Accrebbe il D. il numero dei sacerdoti nella sua chiesa titolare di S. Sabina e la arricchì con la costruzione di un nuovo edificio. Il 25 maggio 1483 papa Sisto concesse a lui, e ai suoi successori in quel titolo cardinalizio, il possesso di un giardino annesso alla chiesa, dietro prestazione di tre botti di vino per il Natale, la Pasqua e l'inizio della quaresima.
Il D. morì a Roma il 7 sett. 1483. Il suo corpo fu sepolto in S. Sabina, in un monumento funebre opera della scuola di Andrea Bregno, con l'iscrizione: "Ut moriens viveret, vixit ut moriturus".
Fonti e Bibl.: Documentos sobre relaciones internacionales de los Reyes Católicos, a cura di A. De La Torre, I, Barcelona 1949, pp. 16, 166 s., 214, 266, 269 s., 301 s., 310, 417, 428, 433, 436; G. L. Lello, Historia della chiesa di Monreale, Roma 1596, pp. 79 ss.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, VII, Venetiis 1721, p. 474; R. Pirri, Sicilia sacra, a cura di A. Mongitore, I, Panormi 1733, p. 467; L. Boglino, La Sicilia e i suoi cardinali, Palermo 1884, p. 26; J. Vicens Vives, Fernando II de Aragón, Zaragoza 1962, pp. 83, 88, 92, 309, 519, 557 s.; G. Moroni, Diz. di erud. storico-eccles., LIV, p. 9;C. Eubel, Hierarchia catholica..., II, Monasterii 1914, pp. 17, 113, 118, 196; Gran Encicl. Catalana, VI, pp. 193 ss.