AUGUSTO II, re di Polonia
Nacque nel 1660, da Giovanni Giorgio III e da Anna Sofia di Danimarca; fu principe elettore ereditario di Sassonia della famiglia dei Wettiner. La corona polacca che egli ebbe (1696), previa conversione al cattolicesimo, nonostante la rivalità di parecchi candidati (tra cui anche un italiano, don Livio Odescalchi, nipote di Innocenzo XI), doveva servirgli di gradino per una grande monarchia assoluta ed ereditaria, che egli non cessò di vagheggiare per tutta la prima parte del suo regno. Fornito di eccezionale forza fisica (di qui il soprannome di "Forte"), di buona intelligenza e di carattere vivo, mobile e ambizioso, egli, sebbene molto indulgesse al libertinaggio, fu costantemente travagliato da questo suo sogno politico. Non si rese conto delle enormi difficoltà che presentava l'unione personale della Sassonia e della Polonia, date le differenze d'interessi e di tendenze politiche nelle due nazioni e nei due regimi, l'uno assoluto e l'altro poggiato sull'eccessivo potere dell'aristocrazia. Ebbe fortuna sul principio. Alla pace di Karlowitz (1699) raccolse il frutto delle vittorie di Sobieski sotto Vienna e di Eugenio di Savoia sotto Zenta: la Polonia ricuperò sulla Turchia la fortezza di Kamienietz, la Podolia e l'Ucraina. Ma il resto del suo regno fu un susseguirsi di continui insuccessi personali, di guerre e d'invasioni; fu la decadenza politica, intellettuale e morale della Polonia.
La guerra nordica, progettata fra Pietro il Grande, Augusto II e la Danimarca contro il giovane Carlo XII di Svezia, fu una guerra di conquista; i Polacchi non vi parteciparono: gl'interessi marittimi della Polonia erano sempre alla foce della Vistola (Danzica), e non nel Settentrione baltico. Ma le rivalità fra i magnati polacchi della Lituania permisero ad Augusto di mantenere truppe sassoni in Polonia e parvero secondare i suoi progetti dinastici e militari. Se non che, il re Carlo XII batté uno dopo l'altro i suoi avversarî. Sconfitto Pietro il Grande a Narva (1700), egli irruppe in Polonia e se ne rese padrone, vincendo Augusto a Kliszów (1702) e facendo eleggere il palatino di Posnania, Stanislao Leszczyński, re di Polonia (1704). La Polonia ebbe così, per due anni, due re e due governi, finché Augusto, dopo l'invasione svedese in Sassonia, rinunciò alla corona polacca col trattato di Altranstädt (1706). Questo addentrarsi nel labirinto degli affari interni polacchi non portò fortuna né alla Polonia né a Carlo XII. La Polonia, oltre a invasioni, scissioni e carestie, vide da un lato l'elevarsi della Prussia, fino allora vassalla, a regno indipendente (1701) e, presto, anche a grande potenza confinante; dall'altro, vide il sorgere della grande potenza russa, mercé l'opera di Pietro il Grande. Perché infatti vincitori e vinti, Svedesi, Polacchi e Sassoni e in seguito i Turchi, tutti lavorarono per lo zar di Russia. L'alleanza di Augusto con Pietro il Grande fu fatale alla Polonia e non servì i piani dinastici di Augusto. Se, da un lato, la catastrofe di Carlo XII a Poltava (1709) gli rese la corona polacca, dall'altro questa vittoria dello zar sul giovane re di Svezia sottopose Augusto all'influenza di Pietro il Grande, che diventò mediatore tra il re di Polonia e i suoi sudditi. In mezzo a sconfitte e umiliazioni, Augusto II non abbandonò nella sua mente travagliata i progetti di un colpo di stato dinastico, se non nella Polonia intera, almeno in una Polonia ridotta da una spartizione. Di qui le sue trame per uno smembramento dello stato polacco, che egli non cessò mai di ordire e che gli valsero nella storiografia polacca il nome di "traditore coronato".
Si capisce perciò come egli trovasse scarsa rispondenza e seguito nelle forze nazionali, durante i gravi avvenimenti che seguirono. Proprio nella fase più drammatica della tensione tra il re e i suoi sudditi polacchi, quando la confederazione di Tarnogród (1715) s'oppose all'ultimo tentativo dinastico di Augusto II, entrò di nuovo in scena Pietro il Grande come mediatore ed impose il trattato di Varsavia (1716), per sventare definitivamente le mire personali di Augusto, per disarmare la Polonia e per avvilupparla nella rete dei suoi intrighi. Augusto II, avvicinatosi ancora una volta all'Inghilterra e all'Austria (trattato di Vienna 1719), cercò di svincolarsi dalla tutela russa; ma non trovò l'indispensabile appoggio presso i magnati e la nobiltà polacca, che lo trattavano sempre con diffidenza. Al trattato di Vienna la Russia e la Prussia risposero con quello di Potsdam (17 febbraio 1719), col quale si fecero garanti del rovinoso regime politico polacco, specie della libera elezione dei re, e vegliarono ad impedire qualsiasi processo rigeneratore in Polonia. Da allora fino alla morte (1733), Augusto si limita a preparare a ogni costo la successione a suo figlio. È il periodo più triste della decadenza dello spirito pubblico in Polonia e della rilassatezza del costume sociale e politico. Le due potenze militari, Russia e Prussia, che si affacciano alla vita europea proprio all'inizio del Settecento, non potevano trovare più favorevoli circostanze per la loro ascesa e il loro sviluppo, di questa Polonia di Augusto II. Il giudizio della storiografia polacca su Augusto II, per quanto possa essere non definitivo, è quindi giudizio di condanna. Ma neanche quello degli storici tedeschi è troppo favorevole per lui. Incontrastate rimangono solo le sue benemerenze per la Sassonia nel campo dell'arte. Il suo più recente storico, il Haake, dice di lui che "per il progresso morale, a parte la sua tolleranza religiosa, Augusto II fece poco; per la formazione dello spirito statale ottenne risultati ben miseri; come politico fu e rimase, un sognatore".
Bibl.: K. Jarochowski, Dzieje panowania Augusta II, Poznań 1856-1874: id., Opowiadania i studja historyczne, Poznań 1890; S. Askenazy, Do charakterystyki Augusta II, in Dwa stulecia, II, Varsavia 1910; Feldman, Polska w dobie wojny polnocnej 1701-1709, Cracovia 1925; id., Polska a Sprawa wschodnia 1709-1714, Cracovia 1926; P. Haake, August der Starke, Berlino-Lipsia 1927.
Per la bibliografia completa, v. Historja polit. Polski, ed. dall'Akad Um., II, Cracovia 1923, pp. 415-420.