GUZZO, Augusto
Nacque a Napoli il 24 genn. 1894 da Federico e Luisa Scognamiglio. Il padre, avvocato, allievo e collaboratore di F. Persico, morì quando il G. aveva cinque anni.
A indirizzare il G. verso la filosofia furono alcuni insegnanti del liceo Umberto I di Napoli: U. Fiore, crociano, docente di storia dell'arte, e S. Maturi, professore di filosofia, allievo di B. Spaventa, che esercitò una notevole influenza sul giovane G. il quale in casa sua conobbe G. Gentile, mentre sarebbe entrato in contatto con B. Croce appena dopo la morte del Maturi, avvenuta nel 1917.
Dopo il liceo il G. s'iscrisse al corso di laurea in lettere presso l'Università di Napoli e, contemporaneamente, all'Istituto orientale, ma dopo due anni passò a filosofia.
Del vivo interesse manifestato dal G. già in questi anni per l'architettura, e più in generale per le arti figurative, la musica e la letteratura sono testimonianza i numerosi studi su L. van Beethoven, R. Wagner, C. Debussy, F. Busoni, sulla letteratura inglese, tedesca, russa e persiana, e su pittori come l'Angelico (raccolti più tardi in Scritti critici e studi d'arte religiosa, Torino 1959).
Il G. completò gli studi universitari nel novembre 1915 discutendo una tesi su "I primi scritti di E. Kant (1746-1760)" (pubblicata parzialmente in due monografie nello stesso anno e interamente nel 1920, sempre a Napoli). Negli anni immediatamente successivi, esonerato dagli obblighi militari, si dedicò a un lavoro politico-pedagogico - che non vide mai le stampe ma del quale pubblicò separatamente alcuni capitoli in riviste - e a una serie di studi sulla civiltà artistica italiana, che egualmente videro la luce come articoli sparsi (poi riuniti in Studi d'arte religiosa, ibid. 1932).
Intanto, nel 1918, aveva cominciato a insegnare presso il liceo Plinio Seniore di Castellammare di Stabia dove rimase per sei anni prima di intraprendere la carriera universitaria; qui conobbe Cordelia Capone, che sposò nel 1925. In questi anni il G. approfondì la storia della filosofia, che costituì sempre un aspetto di grande rilievo della sua produzione. Nacquero due lavori, Il pensiero di Spinoza (Firenze 1924) e Kant precritico (Torino 1924) che gli valsero nel 1924 la cattedra di filosofia e di storia della filosofia presso l'Istituto superiore di magistero del Piemonte a Torino, dove rimase sino al 1932. Alla didattica accompagnò l'attività di organizzazione culturale che fu sempre un aspetto significativo della sua biografia intellettuale: nel novembre del 1929 fondò la rivista L'Erma, che diresse sino all'ottobre 1932, e l'associazione Amici del Magistero.
Il G. intanto si andava dedicando agli studi platonici, con l'edizione di numerosi dialoghi (pubblicati tutti a Firenze nel 1925), e allo studio di Agostino (Agostino dal "Contra Academicos" al "De vera religione", ibid. 1925). Sempre nel 1925 pubblicò inoltre il primo libro di impianto teoretico, Verità e realtà. Apologia dell'idealismo (Torino), seguito da Giudizio e azione (Venezia 1928), in cui difendeva una propria versione dell'idealismo, che non era né quella di Croce né quella di Gentile, e che suscitò una notevole discussione. Ma a una revisione della versione dominante dell'idealismo il G. contribuì, soprattutto a partire dal 1929, con una rivalutazione dell'esperienza religiosa come sfera che trova compimento nella religione positiva.
Si vedano Agostino e il sistema della grazia, dapprima in L'Erma, quindi in volume, Torino 1930 (e, nelle edizioni successive al 1934, con il titolo Agostino contro Pelagio); La "Summa contra Gentiles", ibid. 1931; I Dialoghi del Bruno, ibid. 1932 (rifusi in Giordano Bruno, ibid. 1960); Idealismo e cristianesimo, Napoli 1936.
Dopo una parentesi a Pisa, dal 1932 al 1934 - dove tenne l'insegnamento di filosofia morale presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università, fu direttore del seminario di filosofia della Scuola normale e, con Gentile, fondò l'associazione Amici della Normale - il G. portava a termine la sua carriera universitaria tornando a Torino presso la facoltà di lettere e filosofia sulla cattedra di filosofia morale; nel 1939 passò a filosofia teoretica, conservando per incarico filosofia morale.
La facoltà di lettere di Torino, che era certamente una roccaforte della cultura crociana in campi di studio come la letteratura e la storia dell'arte, aveva invece una tradizione filosofica largamente indipendente dall'idealismo. Vi avevano fatto scuola personalità come E. Juvalta, A. Faggi, A. Pastore, G. Vidari, che appartenevano alla cultura positivistica e neokantiana che l'idealismo si proponeva precisamente di rinnovare. Il G. introduceva perciò l'idealismo a Torino, sebbene in una versione particolare dominata da motivi spiritualistici, e fu, accanto a N. Abbagnano, una figura di riferimento della filosofia in quell'ateneo.
Il risultato dei corsi di questi primi anni fu raccolto dal G. in "Sic vos non vobis" (I-II, Napoli 1939-40), ancora una volta un'opera con intenti teoretici. Seguirono poi: Sguardi su la filosofia contemporanea (Roma 1940); Concetto e saggi di storia della filosofia (Firenze 1940); La filosofia e l'esperienza e altri saggi (Roma 1942); La filosofia domani (Sensus sui) (Milano 1943).
Il G. stava intanto elaborando l'idea di un progetto teoretico di vaste proporzioni, un "sistema di filosofia": ne pubblicò un piano nel 1944 (L'uomo, in Filosofi italiani contemporanei, a cura di M.F. Sciacca, Como 1944, pp. 243-253). Nei due decenni successivi lavorò alla preparazione dei sei volumi che ne dovevano costituire l'impianto.
Nel 1947 usciva il primo volume, L'io e la ragione (Brescia) su questioni di psicologia e logica; nel 1950 La moralità (Torino). I successivi, La scienza e L'arte apparvero dapprima come singoli saggi nella rivista Filosofia, e quindi in volume nel 1955 (Torino) e nel 1962 (ibid.). Il quinto e il sesto tomo prospettati furono sostituiti da due saggi pubblicati come memorie dell'Accademia delle scienze di Torino: La filosofia: concetto, struttura, caratteri (ibid. 1961) e La religione: fenomenologia e filosofia dell'esperienza religiosa (ibid. 1964).
Dal luglio 1943 il G., scosso dalla tragica perdita della figlia Luisa, visse per un lungo periodo appartato, dedicandosi esclusivamente al lavoro filosofico e alla didattica; gli impegni internazionali, le conferenze ripresero gradualmente a partire dal 1948.
Su proposta del filosofo morale francese R. Le Senne, nel 1953 fu eletto membro dell'Institut international de philosophie, di cui divenne vicepresidente nel periodo 1958-61; dal 1939 fu socio dell'Accademia delle scienze di Torino; nel 1956 divenne socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei e nel 1962 socio nazionale; dal 1963 fu corrispondente dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Palermo; nel 1961 aveva fondato la Biblioteca filosofica dell'Università di Torino.
Dal 1950 il G. aveva preso a pubblicare la rivista Filosofia, che costituì sia lo strumento principale di espressione del suo programma filosofico sia il contributo allo sviluppo della propria scuola, cui aggiunse, nel 1959, un fascicolo internazionale trasformato nel 1969 negli annali Studi internazionali di filosofia. Il G. insegnò fino al 1969; tuttavia, nei numerosi anni successivi al pensionamento, continuò a tenere seminari all'Università.
Tradizionalmente, la posizione filosofica del G. è stata letta come uno sviluppo "a destra", spiritualista, dell'attualismo gentiliano, e accostata alle posizioni di A. Carlini e di M.F. Sciacca, in contrapposizione a un'elaborazione immanentista dell'eredità gentiliana, rappresentata da autori quali U. Spirito e G. Calogero. Di fatto l'intero arco della produzione del G., soprattutto a partire dal 1929, rappresenta un'operazione di conciliazione tra l'idealismo ed esigenze oggettivistiche. Tuttavia vi è stato chi ha sostenuto (Pareyson) che è difficile rintracciare le origini del pensiero del G. in Croce e Gentile, poiché, pur nelle differenze che distinguono i due padri dell'idealismo italiano, le loro concezioni filosofiche rappresentano comunque una forma gnoseologica e soggettivistica dell'idealismo, mentre la concezione del G. sarebbe piuttosto da collegarsi all'idealismo del suo maestro Maturi, chiaramente antistoricistico e impregnato di venature religiose. In ciò esso rappresenterebbe sin da principio, dai primi scritti, una posizione indipendente, una terza via, rispetto a Croce e Gentile. Tuttavia, di là dalla ricostruzione dell'eredità filosofica, è un fatto che il G. si dedicò allo studio di due autori che erano anche al centro dell'attenzione dell'idealismo gentiliano, come G. Bruno e B. Spinoza, ai quali egli accostò lo studio di Agostino (Rossi, 1994, pp. 99 s.). In queste letture troviamo quindi le origini di un idealismo improntato al carattere spirituale e rivelativo del soggetto umano.
Nei primi scritti, che risalgono al periodo che si chiude con il 1929, il G. risente chiaramente dell'impostazione gentiliana, ma usa il linguaggio gnoseologico attualistico per respingere l'attualismo e salvaguardare l'alterità tra soggetto e oggetto. Così in Verità e realtà e in Giudizio e azione troviamo la tesi attualistica che è il presente a dare ordine al passato attraverso l'interpretazione, integrata con la diversa tesi secondo cui il passato non è ricondotto interamente, cioè "superato", nel presente ma ha una sua oggettività e durevolezza, una sua sostanzialità storica che non è dissolta nell'atto.
Questi temi sono ripresi negli scritti del periodo intermedio, e in particolare nelle lezioni di "Sic vos non vobis", in cui il G. elabora una critica dell'idea dello spirito concepito quale insoddisfazione perenne che trova nutrimento solo nell'infinita inventività e progressione dell'atto presente. Il G. respinge questa visione romantica e faustiana, comune tanto a Gentile quanto a H. Bergson, e valorizza invece l'elemento di tesaurizzazione del passato, che egli stesso riconosce come centrale dell'ideale classicista, in quanto "operare civile, storico, che crea opere determinate, per vivere ivi, in concreto, la "creatività" dello spirito" (ibid., II, p. 43). Inoltre, l'atto creativo è tale in quanto non si disperde in una serie di slanci che si ripetono meccanicamente, ma in quanto si configura in forme. Le opere sono concepite dal G. come forme dotate di una oggettività, che è al contempo immanente allo spirito dell'autore che le ha prodotte, ma che in tale immanenza manifestano anche un carattere trascendente, tanto che la storia e il tempo possono essere considerati come espressione e creazione di tali forme. Allo stesso modo, negli scritti di questi anni ("Sic vos non vobis"; La filosofia domani) il G. distingue nell'individualità personale due componenti, l'io e il me: l'io costruisce liberamente il suo me di cui non può non prendersi responsabilità. Ma, come preciserà in un'opera successiva, L'io e la ragione, la libertà che è propria dell'io non è mai risolta del tutto nel me; la libertà che vi agisce è una condizione cui non può rinunciare e che non è essa stessa creata dall'individuo. Risuonano di nuovo in queste tesi echi kantiani che si contrappongono a una lettura semplicemente attualistica del pensiero del Guzzo.
Proprio di questo periodo è anche il riconoscimento di un'esigenza religiosa nell'essere umano cui la religione positiva può dare una risposta (tra gli altri, Idealismo e cristianesimo). La religione costituisce infatti l'esperienza del fatto che vi è un'iniziativa che parte dal divino e che va incontro al singolo credente. Tale concezione agostiniana della religione rappresenta una novità rispetto all'orizzonte immanentista dell'idealismo e verrà conservata negli scritti successivi del G. sino alla memoria più sistematica La religione. Il G. vi arriva attraverso una meditazione sul panteismo di Bruno e Spinoza che si trasforma poi nell'accettazione del cattolicesimo.
Negli scritti dell'ultimo periodo questi temi vengono ripresi con intenti sistematici. Nell'opera L'io e la ragione il G. espone la sua concezione della natura dell'attività spirituale. Da una parte egli prende distanza dalla tesi gentiliana e bergsoniana di un naufragio del principio spirituale nel suo oggetto: "il fatto è inconcepibile fuori o dopo l'atto che lo fa (o altri atti che lo rifanno), il pensato non può essere che l'oggetto interno del pensiero che attualmente lo pensa (o attualmente lo ripensa correggendolo o variandolo), il meccanismo è impensabile senza un meccanico che lo inventi o lo adoperi (o senza una qualsiasi forza, qualunque essa sia, che, se aziona il meccanismo, non può esserne né una parte né un risultato)" (ibid., p. 347). L'io che si rivolge alle cose con la propria attività spirituale rimane un principio trascendentale indipendente dalle sue determinazioni. Ciò consente al G. di muoversi criticamente anche nei confronti della dottrina kantiana delle categorie. Il principio trascendentale, infatti, è essenzialmente unitario anche se nella sua attività determinante opera attraverso specificazioni dell'oggetto (Mathieu, 1964, p. 133). Il G., tuttavia, prendeva distanza anche dalla tendenza opposta che consiste nel concepire il principio trascendentale come perfettamente autonomo e conchiuso in se stesso; il programma filosofico del G. si delinea perciò come un tentativo di superamento della distinzione tradizionale tra realismo e idealismo, che è compiuta tuttavia all'interno dell'alveo idealista. Egli vuole rendere giustizia all'attività conoscitiva e di interazione che l'io ha con il mondo, in cui le cose sono conosciute in quanto diventano oggetti della nostra conoscenza, cioè oggetti-per-la-mente. È un'operazione che denunciava una certa tendenza alla conciliazione nel suo pensiero (Rossi, 1994, p. 101), ma che trova oggi corrispondenza nei numerosi tentativi di superare l'opposizione tra realismo e idealismo. Tuttavia, questo superamento è rivendicato nella chiave di una difesa dell'unità e originarietà dell'attività spirituale che non nutre grandi preoccupazioni nei confronti dello studio della dimensione empirica, e cioè della varietà dei modi e della mutevolezza storica in cui di volta in volta possiamo dire che gli esseri umani scoprono, conoscono, immaginano, ipotizzano.
In questa luce il G. avrebbe affrontato più tardi anche la natura della scienza (La scienza). La tesi centrale in proposito è che nelle scienze della natura l'attività spirituale si esprime attraverso la matematica, che ne costituisce perciò lo strumento espressivo. Il G. offre di questa disciplina una lettura che potremmo annoverare come antirealista e costruttivistica. La matematica non descrive una qualche ontologia ma costituisce uno strumento frutto dell'inventiva umana che serve per esprimere pensieri scientifici che sono sottoposti alla prova della verifica empirica.
Il peculiare idealismo del G. trova espressione anche nella sua riflessione etica e in particolare nel volume che vi dedica, La moralità, che rielabora e modifica le tesi etiche già espresse in opere precedenti quali Giudizio e azione. Egli introduce distinzioni fertili in questo ambito, come quelle tra normativo, valutativo e deliberativo (La moralità, p. 8). Il primo è l'ambito in cui vengono asserite le prescrizioni morali, in cui la ragione comanda praticamente attraverso la legge morale. Il secondo è l'ambito in cui questa legge è percepita come direttiva dalle menti e dalle coscienze dei singoli, cioè nei singoli atti in cui essa è operante. Il terzo ambito attiene invece all'efficacia deliberativa della legge morale nella condotta degli individui. Attraverso queste distinzioni il G. può insistere su un tema che è centrale rispetto al suo tentativo di superamento della contrapposizione tra realismo e idealismo. Correggendo l'enfasi kantiana a proposito di una legge morale, espressione della ragione pratica, concepita come fonte unica della moralità, il G., attraverso l'elemento valutativo e apprezzativo, può sostenere che la legge non va concepita all'esterno della situazione in cui essa è resa operante da una coscienza morale che la fa propria e che al contempo la esprime come oggettivazione di uno slancio interiore che è richiesta di giustizia o desiderio di bene. Ma il terzo elemento connette poi la legge morale anche alla sua funzione pratica che la colloca come principio operativo della condotta degli individui. In questo modo la presunta impermeabilità e astrattezza della legge morale è congiunta al contesto della vita morale delle persone in cui essa trova un posto.
Il G. morì a Torino il 23 ag. 1986.
Una bibliografia delle opere del G. aggiornata fino al 1964 si trova in A. G., a cura di A. Plebe et al., 2ª ed., Torino 1964, pp. 7-34, arricchita da un Cenno autobiografico di mano del G. (pp. 1-6). Si veda inoltre A. Guzzo, Itinerario etico, in Filosofia, XXIV (1973), pp. 13-34. Per la bibliografia delle opere successive, dedicate in particolare a partire dagli anni Settanta soprattutto alla critica delle diverse forme dell'arte, si veda The Philosopher's Index, ad nomen (molte sono apparse nella sua rivista Filosofia).
Fonti e Bibl.: Necr., in Corriere della sera, 27 ag. 1986 (E. Severino); Il Tempo, 27 ag. 1986 (R. Assunto); L. Pareyson, Commemorazione di A. G., in Annuario filosofico, III (1987), pp. 255-266. Una bibliografia della letteratura critica sul G. si trova in A. G., cit., pp. 291-309; cfr. inoltre: V. Mathieu, La teoretica di A. G., ibid., pp. 125-169; L. Pareyson, L'etica di A. G., ibid., pp. 76-116; F. Barone, La filosofia della scienza, ibid., pp. 170-196; E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Bari 1970, ad ind.; E. Pera Genzone, Il pensiero estetico di A. G., Napoli 1974; P.F. Quarta, A. G. e la sua scuola, Urbino 1976; C.A. Viano, Va' pensiero. Il carattere della filosofia italiana contemporanea, Torino 1985, p. 85 n. 35; S. Ferraro, La scomparsa del filosofo A. G., 1894-1986, Castellammare di Stabia 1989; l'intero fascicolo speciale di Filosofia, XLV (1994), in particolare: F. Barone, A. G. (1894-1986) - La prospettiva teoretica, pp. 9-26; P. Rossi, Tavola rotonda, ibid., pp. 97-102; V. Stella, La prospettiva estetica di A. G., ibid., pp. 27-62; P. Rossi, Abbagnano a Torino, in Nicola Abbagnano. Un itinerario filosofico, a cura di B. Miglio, Bologna 2002, passim; Biografie e bibliografie degli accademici Lincei, Roma 1976, s.v.; Enc. filosofica, II, s.v.; Chi è?, 1948, s.v.; Chi è?, 1961, s.v.; La Piccola Treccani, sub voce.