AUER, Karl, Freiherr von Welsbach
Nato a Vienna il settembre 1858. Studiò chimica con il Bunsen a Heidelberg, iniziando colà negli anni 1880-82 la serie delle ricerche sulle terre rare, che, proseguite poi a Vienna nell'istituto del Lieben, lo condussero a fondare ad Atzgersdorf, presso la capitale austriaca, un impianto industriale per la lavorazione delle sabbie monazitiche e per la preparazione delle terre rare pure.
Nel 1884 descrisse un processo per ottenere il cerio allo stato puro. Nel 1885 dimostrò che il didimio, isolato dal Mosander intorno al 1840, era sdoppiabile in due elementi: il praseodimio e il neodimio. Per tali ricerche l'A. si serviva dello spettroscopio. Per aumentare la quantità di luce emessa dai suoi sali e che doveva essere esaminata allo spettroscopio, egli pensò di ricorrere a fiocchi di cotone imbevuti della soluzione salina, anziché al solito filo di platino atto a sostenere i frammenti del sale sottoposto all'indagine. Il fiocco di cotone veniva bruciato, ottenendo così un blocchetto voluminoso costituito dagli ossidi delle terre rare in esame, i quali, portati ad alta temperatura con una fiamma a gas, diventavano fortemente luminosi. In tal modo sorse nell'A. l'idea della calzetta di cotone resa incandescente con una fiamma a gas, ed ebbe origine la cosiddetta "luce Auer" (1885). I primi ossidi usati, di zirconio, lantanio ed ittrio, davano un prodotto troppo fragile, e vennero sostituiti nel 1886 dall'ossido di torio. Gli studî sull'emissione della luce di questi ossidi incandescenti portarono l'A. alla scoperta che l'aggiunta dell'uno per cento di ossido di cerio all'ossido di torio porta al massimo dell'emissione luminosa.
Si devono all'A. oltre alle lampade ad incandescenza a gas, quelle elettriche a filamento di osmio (1904) e di osmio e tungsteno (wolframio): (lampade Osram) si devono pure a lui le leghe piroforiche di ferro e cerio usate negli accenditori automatici a benzina.
Nello studio delle terre rare ottenute dalla gadolinite (cioè dell'itterbio con lo scandio) l'A rilevò, contemporaneamente all'Urbain in Francia, che l'itterbio era costituito da due elementi, chiamati dall'Urbain neo-itterbio e lutezio (1907), mentre ad essi l'A. avrebbe voluto dare il nome di aldebaranio e cassiopeio.
Fu membro dell'Accademia delle scienze di Vienna, membro corrispondente dell'Accademia prussiana, professore ordinario nei politecnici di Vienna e Karlsruhe; morì nel suo castello di Welsbach il 4 agosto 1929.