FIASCAINI, Attilio
Nacque a Prato il 19 apr. 1778, primogenito di Niccola, funzionario della corte granducale, e di Teresa di Francesco Valentini. Non ancora settenne, venne inviato ad apprendere i primi elementi di grammatica e umanità nel collegio di S. Michele di Volterra retto dagli scolopi, quindi, liberatosi un posto nel collegio "Cicognini", venne richiamato a Prato per continuare gli studi. Il 2 sett. 1794 fu approvato dalla Congregazione degli ordinandi per la tonsura e i primi due ordini minori. Ottenuto quindi un posto della comunità nel collegio tFerdinando" di Pisa per conseguire la laurea in utroque iure, condusse vita assai ritirata e benché frequentasse solo le lezioni universitarie di fisica tenute da L. Pignotti, si laureò brillantemente il 26 maggio 1798.
Tornato in patria, fu inviato presso un consigliere di Cassazione a esercitarsi nella pratica forense, ma, nonostante la volontà paterna di indirizzarlo verso la carriera legale, il F. maturò la vocazione ecclesiastica. Nel 1799, dopo aver ricevuto gli altri ordini minori e il suddiaconato, ottenne la cappellania corale dello Spirito Santo della cattedrale. Divenuto diacono (i 800) e compiuti gli studi di teologia e di greco sotto la guida degli abati cassinesi Agostino da Rabatta e Michelangelo Lucchi della badia di Firenze, venne ordinato sacerdote il 21 marzo 1801.
Nel giugno 1805 fu incaricato della direzione spirituale del collegio "Cicognini" e, circa due anni dopo (agosto 1807), fu chiamato dalla regina d'Etruria Maria Luisa di Borbone a ricoprirne l'ufficio di rettore e di docente di diritto canonico e civile.
La nuova carica si rivelò particolarmente gravosa e delicata perché, di lì a poco, il granducato fu annesso all'Impero francese. Il F., uomo di fiducia del precedente governo granducale e del vescovo F. Toli, si comportò con molta prudenza e riservatezza, accondiscendendo agli ordini dell'Accademia pisana e alle manifestazioni a favore dei dominanti. Se non che l'introduzione dell'obbligatorietà della lingua francese nell'agosto 1812 e i contrasti con l'insegnante M. Chiteau crearono, all'interno dell'istituto, una situazione insostenibile.
Accusato dalle autorità francesi di tollerare uno "spirito di partito e di insubordinazione", preferì dimettersi da rettore il 31 ott. 1813. Dall'anno scolastico seguente cominciò a insegnare diritto canonico nel seminario di Prato e a impegnarsi nella predicazione delle missioni popolari nella pianura e nella montagna pistoiese. Dal 1817 al 1821 ricoprì anche l'incarico pubblico di deputato sopra gli studi della comunità di Prato e si fece promotore della innovativa proposta d'istituire una scuola di mutuo insegnamento per duecento bambini.
Per interessamento d'un fratello ottenne successivamente un canonicato nel duomo di Firenze, dove si trasferì anche dietro l'insistenza dei genitori. Distintosi per l'attività oratoria nelle chiese e confraternite fiorentine, nel 1828 fu nominato esaminatore sinodale e vicario generale della diocesi da mons. F. Minucci.
In seguito ai reiterati inviti del segretario del Regio Diritto, nel 1834 accettò la presentazione del governo toscano al vescovado di Colle Val d'Elsa. Nominato vescovo da Gregorio XVI il 19 dic. 1834, fu consacrato a Roma dal card. C. Odescalchi nove giorni dopo. Il 30 genn. 1843, dopo essere stato nominato assistente al soglio pontificio, venne trasferito alla sede vescovile di Arezzo, rimasta vacante da cinque anni.
Nonostante l'avanzata età pensò di dedicarsi subito alla visita pastorale. Anche nella nuova diocesi si dedicò, coll'aiuto del vicario generale Giuseppe Chiaromanni, al riassetto del seminario vescovile ampliandone gli insegnamenti con nuovi maestri. Rinnovò il corpo del capitolo cattedrale, nominandovi ecclesiastici meritevoli e dotti; promosse esercizi spirituali per il clero e per il popolo e si sforzò di accrescere la tradizionale devozione mariana del popolo aretino. Tuttavia, il maggiore ricordo che egli lasciò alla città fu l'iniziativa della ricostruzione del campanile della cattedrale che era pericolante (1857). Ma l'opera, sospesa dopo un anno, venne completata solo molti decenni dopo la morte del vescovo.
Il forte lealismo verso la corte granducale, di ascendenza familiare, e la ferma adesione ideologica al principio dell'alleanza fra trono e altare, portarono il F. a posizioni di netta chiusura prima verso i fermenti rivoluzionari quarantotteschi, poi verso il processo risorgimentale.A causa delle gravi infermità, e forse anche delle difficoltà col potere politico, per due volte chiese alla S. Sede di accogliere la sua rinuncia alla diocesi aretina. Gli fu concessa soltanto la facoltà di rimanere fuori sede. Tornò così a Firenze dove, grazie alla delicatezza del vicario che aveva lasciato ad Arezzo con amplissimi poteri, poté in qualche misura continuare ad occuparsi degli affari più importanti della sua diocesi. Morì poco dopo, il 25 nov. 1860. La salma fu tumulata nella chiesa di S. Marco di Firenze.
Benché il F. bruciasse una parte dei suoi manoscritti prima di morire, un suo fedele collaboratore, il sacerdote Vittorio Del Corona, li raccolse, li riordinò e li pubblicò col titolo Discorsi sacri di monsignore A. Fiascaini vescovo di Arezzo (Firenze 1861).
Fonti e Bibl.: Prato, Arch. della Curia vescovile, filze H 90; G 19, cc. 503 s.; G 29; Arch. di Stato di Prato, Archivio storico del Comune, n. 690; Prato, Bibl. Roncioniana, ms. Q-VIII-15 e carteggi vari; Firenze, Bibl. Riccardiana, Carteggi vari, cass. 6.22; C. Guasti, Sulle scuole del Comune..., in Pel calendario pratese del 1848, Prato 1847, p. 90; V. Del Corona, Notizie biografiche di mons. A. F., in Discorsi sacri di monsignore A. F. vescovo di Arezzo raccolti e pubblicati per cura del sacerdote don V. Del Corona, Firenze 1861, pp. XIII s.; L. Biadi, Storia della città di Colle in Val d'Elsa, Firenze 1859, p. 225; G. Merzario, Storia del collegio Cicognini, Prato 1870, pp. 154 s.; S. Baldini, Storia del seminario di Prato, Prato 1913, pp. 234 s.; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VII, Patavii 1968, pp. 88, 156; A. Tafi, I vescovi di Arezzo, Cortona 1986, pp. 174 s.; Lettere pastorali dei vescovi della Toscana, a cura di B. Bocchini Camaiani - D. Menozzi, Genova 1990, pp. 3 s., 31.