Padre e dottore della Chiesa (Alessandria 295 circa - ivi 373). Fu vescovo di Alessandria e combatté tenacemente l'arianesimo, subendo più volte l'esilio. Autore di opere apologetiche e dogmatiche, fu scrittore polemico, chiaro di idee ed efficace nell'esprimerle, anche se poco profondo e lucido. Tra le sue opere laVita di Antonio contribuì in modo determinante alla diffusione in Occidente del movimento monastico egiziano.
Figura di primaria importanza nella storia del cristianesimo e delle sue dottrine, nulla di sicuro si conosce della sua attività prima dell'elezione a vescovo di Alessandria nel 328. Certo egli non sarà stato estraneo ai gravi conflitti che turbavano da tempo la chiesa egiziana: lo scisma meleziano e la controversia ariana iniziata sotto il vescovo Alessandro (m. 328) e culminata nel concilio di Nicea (325), dove sembra che A., ancora diacono, sia stato collaboratore di Alessandro, guadagnandosi l'odio degli ariani. Costoro osteggiarono la sua elezione, aiutati in ciò dai meleziani, che forse speravano di ottenere, alla morte di Alessandro, un diverso sistema di elezione del vescovo alessandrino, che desse maggior importanza al clero egiziano non alessandrino. A. invece evitò ogni innovazione, forse con un colpo di mano. Per qualche anno le due opposizioni confluirono, dando origine alla lotta asperrima che A. dovette condurre per quasi tutto il periodo del suo vescovado, e che lo porterà numerose volte in esilio fra notevoli pericoli; lotta aggravata dall'ingerenza che gli imperatori vorranno avere negli affari ecclesiastici e d'altro canto dal suo carattere impetuoso. Le fasi principali di questa lotta sono: il primo viaggio a Costantinopoli per discolparsi presso Costantino da accuse mosse da meleziani e ariani (331-2); il concilio di Tiro, che si concluse con il primo esilio decretato nel 335 dallo stesso (A. rientrerà ad Alessandria nel 337); il concilio di Antiochia del 339 che lo dichiarò decaduto e nominò Gregorio al suo posto (A. si rifugiò presso Giulio di Roma che lo difese sempre); il concilio di Sardica (343) che determinò la definitiva rottura fra Orientali (ariani) e Occidentali, ma che permise il rientro di A. ad Alessandria per intervento dell'imperatore d'Occidente Costante (346); il nuovo esilio decretato dall'imperatore Costanzo, che inviò ad Alessandria un altro usurpatore, Giorgio (356); il rientro all'avvento di Giuliano (362) che però lo caccerà poco dopo per motivi di sicurezza politica; il rientro definitivo (salvo una breve parentesi sotto Valente) nel 364 sotto Gioviano. Festa, 2 maggio.
In tutta la sua vita A. fu al centro delle controversie dottrinali e politiche che agitarono la chiesa, essenzialmente come uomo d'azione, sia pure d'azione religiosa; pensatore di buon livello e autore letterario in quanto ciò si rendesse necessario per accompagnare e spiegare le sue posizioni e la sua attività. I suoi scritti furono comunque ritenuti importantissimi dalla Chiesa "ortodossa" come punto di riferimento anti-ariano, e già nel 5º sec. se ne fecero raccolte a Costantinopoli e ad Antiochia che divennero canoniche. Esse dividono le opere atanasiane in apologetiche (di difesa autobiografica ed esposizione degli avvenimenti) e dogmatiche. Le prime furono sistemate in modo da seguire passo passo gli avvenimenti dall'inizio della crisi ariana (ca. 323) a Sardica (Apologia contra Arianos; De morte Arii), all'esilio del 356 (Historia Arianorum; Apologia ad Constantium; Apologia de fuga) Fra le opere dogmatiche sono compresi i giovanili due libri contro i pagani, tre libri contro gli Ariani, un'opera sulle decisioni del concilio niceno, tre lettere sullo Spirito Santo. Importanti per diversi motivi sono la Vita di Antonio, che contribuì grandemente alla conoscenza e alla diffusione in Occidente del movimento monastico egiziano; e le Lettere Festali, che il vescovo di Alessandria inviava ogni anno ai fedeli in occasione della Pasqua, e toccavano argomenti morali, teologici, e di varia attualità. Ricorderemo che in quella per il 367 (conservata parzialmente anche in greco; le altre sono conservate in traduzione siriaca e copta) è contenuto il canone biblico di Atanasio: che è, per l'Antico Testamento, quello ebraico, pur raccomandando, per lettura pia, i deuterocanonici, salvo i Maccabei; per il Nuovo Testamento quello divenuto poi classico, con la raccomandazione per Erma e la Didaché. A. è scrittore soprattutto polemico, sia quando affronta argomenti storici e personali, sia quando affronta argomenti teologici. Non si cercherà dunque in lui profondità di pensiero o lucidità precisa nell'uso dei concetti, ma chiarezza di idee e decisione nell'esprimerle e nel farle valere. Come la sua condotta personale fu coerente ed energica, così il suo stile chiaro ed efficace.