Djebar, Assia
Pseudonimo di Fatima Zohra Imalayen, scrittrice algerina di lingua francese, nata a Cherchell (cittadina a ovest di Algeri) il 4 agosto 1936. Dopo essersi diplomata al liceo di Blida, ha continuato gli studi in Francia dove ha frequentato l'École supérieure a Sèvres (1955); nel 1958, trasferitasi a Tunisi, ha conseguito la laurea in storia e ha iniziato a collaborare a fianco di F. Fanon alla rivista El Moudjahid ("Il combattente"), organo del Fronte di liberazione nazionale. Divisa tra l'insegnamento (università di Rabat, 1959-61; università di Algeri, 1962) e il cinema, ha lavorato come assistente di regia a Parigi (1965-74). Dal 1997 è direttrice del Center for French and Francophone Studies in Louisiana, dove tiene conferenze e corsi di letteratura.
Nel 1957 ha esordito col romanzo La soif, cui è seguito Les impatients (1958), sulle costrizioni e i limiti della società borghese algerina. Nel 1962, anno dell'indipendenza dell'Algeria, D. ha pubblicato Les enfants du nouveau monde, sulla lotta armata e il ruolo che in essa deve svolgere la donna, e la raccolta poetica Poèmes pour l'Algérie heureuse. Tra il 1970 e il 1980 ha scritto una serie di racconti, confluiti nel volume Femmes d'Alger dans leurs appartements (1980; trad. it. 1988), in cui tenta di sollecitare una presa di coscienza femminista all'interno della cultura musulmana. Più apertamente militante è il suo impegno in Loin de Medina (1991; trad. it. 1993), dove D. ricerca le fonti del femminismo algerino nelle opere della tradizione arabo-musulmana.
La conquista delle libertà umane unitamente a una ridefinizione dell'identità personale, temi dell'intera opera della scrittrice, sono rintracciabili anche nella sua produzione cinematografica. Il primo film-documentario, La nouba des femmes du Mont Chenoua, in cui D. parla della guerra attraverso la memoria delle donne, ha vinto il premio della critica internazionale alla Biennale del cinema di Venezia (1979); La Zerda et les chants de l'oubli, prodotto, come il primo, dalla televisione algerina (1982), è stato presentato nel 1983 al Festival del cinema di Berlino.
In L'amour, la fantasia (1985; trad. it. 1995), tra storiografia e autobiografismo, la scrittrice racconta la realtà algerina in rapporto alla violenza del passato coloniale; più imperniate sulla condizione femminile sono Ombre sultane (1987; trad. it. 1999), sul tema della solidarietà, che ha ricevuto a Francoforte il premio Liberator, e Vaste est la prison (1995), in cui l'autrice, attraverso il racconto di avvenimenti storici, esplora i più oscuri recessi della coscienza individuale. In ricordo dei numerosi Algerini uccisi nella guerra civile, ha pubblicato Le blanc d'Algérie (1996; trad. it. 1998), un saggio in forma di racconto, e Oran, langue morte (1997; trad. it. Nel cuore della notte algerina, 1998), sulle donne vittime delle violenze. Dello stesso anno è Les nuits de Strasbourg.
bibliografia
J. Dejeux, Assia Djebar. Romancière algérienne, cinéaste arabe, Sherbrooke-Naaman 1984.
World literature today, autunno 1996, nr. monografico.
A. Djebar, Andare al cuore delle ferite. Renate Siebert intervista Assia Djebar, Milano 1997.