arto fantasma, sindrome dell’
Sensazione anomala di presenza di un arto a seguito della sua amputazione: il soggetto percepisce sensazioni tattili provenienti dall’arto amputato, ne avverte la posizione e riferisce di poterlo muovere, ma soprattutto accusa in loco un dolore continuo e debilitante (algoallucinosi), descritto come qualitativamente molto vario. Sebbene questo tipo di patologia sia comunemente associata all’amputazione di un braccio o di una gamba, si può verificare anche dopo la rimozione chirurgica di altre parti del corpo, come il seno, il pene, un occhio, la lingua o un dente. In passato, la sindrome era identificata come un disturbo psichiatrico; oggi questa ipotesi è stata abbandonata in favore di spiegazioni di natura neurologica, anche se è noto che il dolore dell’arto fantasma può essere innescato o aggravato da fattori psicologici, quali ansia, depressione e stress.
Una delle prime ipotesi formulate prevede che le terminazioni nervose del moncone (neuromi), appartenenti alle fibre sensoriali e dolorifiche che in origine innervavano l’arto scomparso, si infiammino e si irritino, diventando una sorgente di attività elettrica aberrante che induce i centri superiori del cervello a percepire la parte del corpo perduta e la sensazione dolorosa. Inoltre, alterazioni a carico del sistema autonomo simpatico possono contribuire ad aumentare il dolore. Tuttavia, i fattori periferici da soli non spiegano i meccanismi causali di insorgenza della sindrome dell’a. f., dal momento che la rimozione chirurgica dei neuromi e trattamenti di anestesia periferica eliminano il dolore solo temporaneamente e solo nel 50% dei soggetti amputati. Questa osservazione suggerisce che anche fattori dell’SNC possano giocare un ruolo importante.
Un ulteriore sito di scarica elettrica ectopica, che può fungere da substrato del dolore fantasma, è rappresentato dai gangli delle radici dorsali del midollo spinale. A seguito della deprivazione dell’afferenza sensoriale e dell’incremento di attività dei nocicettori periferici conseguente ai processi infiammatori, i neuroni sono soggetti ad alterazioni delle proprietà elettriche di membrana, che determinano un aumento della loro eccitabilità. Tuttavia, recenti esperimenti suggeriscono che la genesi delle sensazioni dell’arto fantasma sia dovuta ad una riorganizzazione dei circuiti della corteccia somatosensoriale e dei relativi nuclei talamici: le aree ancora attive formano connessioni con l’area privata dell’afferenza sensoriale, facendo sì che il soggetto percepisca sensazioni tattili e termiche riferite all’ arto fantasma quando vengono stimolate aree topograficamente contigue nella rappresentazione corticale (nel caso dell’amputazione di una mano, i pazienti presentano due sedi di sensazioni riferite, una sul viso e una sull’arto superiore). Non è chiaro, però, quali siano i meccanismi di questo processo di plasticità a livello cellulare. Due sono le ipotesi: una prevede un fenomeno di sprouting, ossia l’emissione di fibre collaterali assoniche e la genesi di sinapsi da parte di fibre che di norma innervano le aree adiacenti a quella della parte amputata; la seconda possibilità è che ci siano numerose connessioni silenti (transcorticali o sottocorticali) tra le diverse aree del sistema nervoso, che diventano funzionali in caso di necessità. Fenomeni di plasticità corticale spiegano anche il motivo per cui alcuni soggetti sostengono di poter muovere l’arto amputato: infatti, nella corteccia motoria di questi individui si verifica una riorganizzazione dei circuiti neurali simile a quella descritta per le aree somatosensoriali, che fa sì, per es., che il movimento delle labbra venga percepito come fantasma motorio dell’arto. Studi di neuroimaging hanno riscontrato una correlazione positiva tra l’entità delle alterazioni corticali e il grado di dolore esperito a seguito dell’amputazione, suggerendo che l’insorgenza della sindrome dolorosa sia una conseguenza delle modificazioni plastiche della corteccia somatosensoriale. La riorganizzazione dei circuiti avviene di solito tra le vie nervose deputate a specifiche qualità sensoriali (per es., tatto, caldo), ma si può ipotizzare che durante questo processo patologico si verifichi un collegamento accidentale tra le fibre sensoriali, per es., del tatto e i centri superiori del dolore, determinando manifestazioni dolorose a seguito di semplici stimoli tattili.
Alcuni pazienti affermano che il dolore all’arto fantasma è simile, per qualità e localizzazione, a quello esperito prima dell’amputazione. Sebbene il ricordo conscio del dolore sia riferito solo da un ristretto gruppo di soggetti, è possibile che un’esperienza dolorosa intensa e prolungata determini lo stabilirsi di una memoria implicita del dolore a livello della corteccia somatosensoriale primaria. La riorganizzazione dei circuiti di questa regione corticale conseguente all’amputazione potrebbe determinare una frequente attivazione dei neuroni che codificano sensazioni dolorose e la relativa comparsa della sindrome patologica.
Il dolore dell’ arto fantasma rimane un fenomeno di difficile comprensione e le terapie farmacologiche (e non) impiegate fin qui hanno benefici limitati. Approcci alternativi finalizzati a prevenire la riorganizzazione dei circuiti corticali (tra cui l’uso di protesi, sessioni di discriminazione di stimoli elettrici somministrati al moncone, l’uso della realtà virtuale) sembrano avere effetti vantaggiosi, ma sono necessari ulteriori studi corredati degli appropriati controlli per confermare l’efficacia di questo tipo di trattamenti.