CHAMBERLAIN, Arthur Neville (IX, p. 918; App. I, p. 404)
Dal 28 maggio 1937 al 10 maggio 1940 fu primo ministro di Gran Bretagna, leader del partito conservatore dal maggio 1937 al novembre 1940, fieramente ostile all'ideologia e alla politica interna ed estera di parte laburista. Perseguì tenacemente un programma di rappacificamento con i dittatori, nella speranza di poter evitare così, e a questo prezzo, l'alea e il cimento della guerra. Ma non risponde a verità l'accusa, diffusa fra il 1937 e il 1940, meno spiegabilmente creduta e accreditata poi anche da storici e pubblicisti, che C. sollecitasse la guerra nazista contro la Russia. Al miraggio della conciliazione con la Spagna franchista sacrificò la sinistra francese e le forze vive della Terza repubblica; al miraggio dell'intesa con Mussolini sacrificò, nel febbraio 1938, il suo ministro degli Esteri Anthony Eden e poco mancò non vi sacrificasse, quel dicembre, la stessa Francia, decisa a non cedere alle rivendicazioni fasciste. Accettato l'Anschluss, resisté però alle manovre tedesche contro la Cecoslovacchia (maggio 1938), a luglio inviò Runciman ad arbitrare fra Beneše Henlein: quindi nei tre incontri con Hitler di Berchtesgaden, Godesberg e Monaco abbandonò a Hitler tutta la preda col gramo e vauo compenso di un "pezzo di carta": la dichiarazione sua e del Führer in data 30 settembre, che dal Führer medesimo venne annullata col colpo di mano su Praga del 15 marzo 1939. Impaziente di critiche parlamentari e per ottenere un più diretto e personale controllo della politica internazionale, sostituì Eden con Lord Halifax al Foreign Office e Duff Cooper con Lord Stanhope all'Ammiragliato (ottobre 1938). Dopo Monaco decise l'entrata in vigore (16 novembre) del patto di Pasqua e il riconoscimento de iure dell'impero fascista d'Etiopia, per ingraziarsi così e col viaggio a Roma suo e di Lord Halifax (11-14 gennaio 1939) Mussolini, in cui continuò a confidare nonostante il colpo di mano sull'Albania (venerdì santo 1939) e la consegueute violazione dell'accordo italo-inglese. Mentre fin dall'ottobre 1938, costretto dal risveglio dell'opinione pubblica, aveva promesso di intensificare il riarmo, all'indomani dell'occupazione nazista di Praga, quasi condonata nel discorso ai Comuni del 15 marzo e condannata invece il 17 nel discorso di Birmingham, sotto l'urgere dell'universale indignazione, commise, obbligato a mutare politica, il suo massimo errore: di non dimettersi. Perché, mentre con le guarentige alla Polonia (31 marzo), alla Romania e alla Grecia (13 aprile) impegnava eventualmente la Gran Bretagna alla guerra, né l'opposizione laburista, né il paese né, tanto meno, la Russia si sentivano giustificati a fargli fidanza. Di qui il fallimento dei negoziati con Mosca e l'impossibilità di aver seco al timone, dopo il 3 settembre 1939, altri se non Churchill e Eden. Quindi, nei mesi successivi della crisi finnica e dei negoziati con l'Italia, il generale sospetto di una seconda Monaco, benché fermamente respingesse (12 ottobre 1939) profferte di pace hitleriana. Impari alle esigenze dell'ora, accettò il verdetto della camera (7-8 maggio) e divenne Lord presidente del consiglio nel governo di coalizione presieduto da Winston Churchill. Finito anche fisicamente, si dimise il 3 ottobre; morì il 9 novembre, ed è sepolto a Westminster.
Bibl.: I discorsi del 1937-39 in The struggle for Peace, Londra 1939. Biografia ufficiale di K. Feiling, The Life of N. C., Londra 1946 (su cui P. Treves, in Relaz. Internaz., 1947). Fra gli scritti degli apologeti: Sir C. Petrie, The C. Tradition, Londra 1938, p. 203 segg.; D. Walker-Smith, N. C. man of Peace, Londra 1940; Viscount Maugham, The Truth about the Munich Crisis, Londra 1944, p. 35 segg.; W. W. Hadley, Munich, Londra 1944, p. 29 segg. Insigni fra gli scritti degli oppositori: V. Gollancz, Is Mr. C. saving Peace?, Londra 1939; A. L. Rowse, The End of an Epoch, Londra 1947; L. B. Namier, Diplomatic Prelude, Londra 1948; W. Wheeler-Bennett, Munich, Londra 1948. Cfr. inoltre W. Churchill, The unrelenting Struggle, Londra 1942, p. 1 segg. (elogio funebre ai Comuni); H. Wilson Harris, 99 Gower Street, 2ª ed., Londra 1944, p. 44 segg.; M. Oxford, Off the Record, 3ª ed., Londra 1944, p. 74 segg.