Arrigo
. Personaggio fiorentino ricordato da D. fra coloro ch'a ben far puoser li'ngegni (If VI 80), e per questo forse considerati con una certa indulgenza, che traspare nell'alternativa ottimistica della domanda rivolta a Ciacco, se 'l ciel li addolcia o lo 'nferno li attosca (v. 84). La risposta tuttavia annulla qualsiasi speranza di salvezza (Ei son tra l'anime più nere, v. 85), e infatti essi saranno incontrati da D. nella sua discesa, tutti tranne un A. di cui non si fa più menzione nel corso del poema. L'identificazione di questo personaggio quindi presenta notevoli difficoltà per l'assoluta mancanza di elementi e di riferimenti precisi. I commentatori più antichi, o tacciono a riguardo (Iacopo e Pietro Alighieri, Bambaglioli, Chiose Selmi, Lana, Buti, pseudo Boccaccio), ovvero lo dicono della famiglia dei Fifanti (Benvenuto, Landino, Vellutello), o di quella dei Giandonati (così l'Anonimo e il Boccaccio). Soltanto l'Ottimo pare lo confonda con Guido Guerra, dal momento che nota: " di questi tre [Tegghiaio, Rusticucci, A.] il poeta toccherà a cap. 16° inf. "; tuttavia al luogo dà diffuse notizie su Guido Guerra e gli altri due, senza far più riferimento ad Arrigo. Nelle Chiose Cassinesi, invece, A. è identificato con un personaggio di casa Arrigucci. Il fatto che A. è ricordato accanto al Mosca ha suggerito alla maggioranza degli antichi commentatori che questi fosse uno dei congiurati che nel 1315 uccisero Buondelmonte Buondelmonti, e quindi non sarebbe stato più nominato perché implicitamente si sarebbe alluso a lui con la condanna del Lamberti (" debet tacite poni cum Musca, quia fuit secum in eadem culpa ", scrive Benvenuto; e il Vellutello: " Intenderemo essere maculato del medesimo vizio del Mosca, mettendolo con lui insieme "): si tratterebbe dunque di Odarigo o Oderigo de' Fifanti, per cui cfr. G. Villani (V 38). L'ipotesi è stata accettata da quasi tutti i commentatori moderni (Bianchi, Andreoli, Lombardi, Scartazzini, Vandelli, Del Lungo, Rossi, Casini-Barbi, ecc.), sebbene presenti, come osserva il Santini, difficoltà non trascurabili: nessuna cronaca o documento dell'epoca offre infatti testimonianza che questo Fifanti abbia avuto nella vita politica fiorentina una parte tale da meritare l'alta lode di benemerenza che D. attribuisce al suo A., anzi sappiamo che il Fifanti fu personaggio violento e rissoso che provocò gravi incidenti con i Pisani quando questi e i Fiorentini erano accampati in Roma su Monte Mario in occasione dell'incoronazione (1220) di Federico II (cfr. G. Villani VI 2). Inoltre, in nessuna scrittura è stato finora possibile riscontrare l'uso del nome ‛ Arrigo ' come abbreviazione o diminutivo del nome ‛ Oderrigo ' o ‛ Oddo Arrighi ', come chiama il Fifanti lo pseudo Brunetto. Che si tratti di " licenza poetica " (come dice il Santini) è un po' troppo duro a credersi, per il fatto che D., così meticoloso nel far riconoscere i suoi personaggi, non avrebbe certo usato proprio con questo una forma che alterava la forma del nome. Potrebbe quindi non trattarsi del Fifanti.
Il Boccaccio, infine, ci parla di Odarrigo Giandonati, il che non è di necessità la designazione di un personaggio diverso, data la parentela e consorteria fra Fifanti e Giandonati; benché sia da osservare che nella rievocazione delle famiglie celebri fiorentine fatta da Cacciaguida (Pd XVI 104, 127) Fifanti e Giandonati sono citati separatamente e non si allude ad alcun legame fra le due genti.
Secondo l'interpretazione cassinese che deriva le sue chiose da Pietro Alighieri (cod. Vat. Ott. 2867), A. sarebbe " Arriguccius Compagni Arrigucci ". Questa identificazione, per quanto non seguita dai commentatori successivi, è giustificata sia per la rispondenza del nome proprio (il fatto che D. non usi la forma diminutiva costante nei documenti pubblici non sembra particolarmente indicativo), sia per il particolare rilievo che Arriguccio di Compagno degli Arrigucci ebbe nella vita pubblica di Firenze. Fu infatti fra i consiglieri sottoscrittori di un trattato commerciale stipulato fra i Fiorentini e i Bolognesi nel 1216, nel 1228 fra i testimoni che presenziarono il giuramento dei Pistoiesi nella pace fra Firenze e Pistoia concordata dal cardinal legato Goffredo; e nel 1231 console di giustizia della curia di S. Michele per i forestieri. Benché quanto ad attività politica questo personaggio s'inquadri nel gruppo di coloro ch'a ben far puoser li 'ngegni, le sue attività non si trovano legate con quelle degli altri personaggi menzionati al luogo, e ciò che conosciamo di lui non sembra autorizzare la sua collocazione tra l'anime più nere.
Un'ipotesi del tutto nuova è stata avanzata dal Santini, che identifica l'A. dantesco nel giureconsulto Arrigo di Cascia, " la cui operosità politica si manifestò in una delle occasioni che resero notabili ed onorati dal poeta l'Adimari ed il Rusticucci ", cioè nella mediazione fatta da Firenze per sedare le discordie di Volterra e S. Gimignano. Il nome di questo Arrigo appare infatti assieme con quello di Tegghiaio e di più altri Fiorentini fra i testimoni di lodo (1237). Nel 1240 inoltre egli fu giudice della Curia dei Forestieri delle tre Porte; e nel 1244 fu uno dei sei priori delle Arti che dettero il consenso alla deliberazione presa dai Consigli Maggiori, di cedere più appezzamenti di terreno ai frati domenicani di S. Maria Novella, per l'allargamento della piazza di prospetto alla chiesa, a scopo di predicazione, e a istanza di fra' Pietro dei Predicatori. Appare ancora ricercato e apprezzato per i suoi consulti legali in molti altri strumenti del sec. XIII. Apparteneva a famiglia di buona condizione ed ebbe casa in Orto San Michele, là, cioè, dov'erano le case dei maggiorenti fiorentini; e sposò a quanto pare una Uberti (cfr. Liriche di Fazio degli Uberti, a c. di R. Renier, Firenze 1883, p. LXII); ma lo stesso Santini ha notato la circostanza che in tal caso D. avrebbe detto messer (o ser) Arrigo.
Anche il Davidsohn ha avanzato un'ipotesi, poco attendibile però, data la scarsissima documentazione. Egli ha creduto di individuare l'A. dantesco nella persona di un certo " Henricus Lucterii ", amico del Tegghiaio e podestà di S. Gimignano per l'anno 1241.
Il Torraca infine propone un " Arrigo Avvocati ", ma non ci dà alcun elemento atto a provare questa identificazione.
Bibl. - F. Maggini, rec. a R. Davidsohn, Forschungen, in " Bull. " XVII (1910) 123; P. Santini, Sui fiorentini " che fur sì degni ", in " Studi d. " VI (1923) 40-44; Davidsohn, Storia, II I 61, 108-111; F. Mazzoni, in Nuove letture dantesche, Firenze 1966, 175.