ARREDAMENTO (IV, p. 577; App. I, p. 157; II, 1, p. 255)
L'interno domestico nell'ultimo decennio ha subito modificazioni talora profonde, condizionato com'è, per la sua stessa natura, principalmente da tre fattori: l'architettura, il costume, la produzione. Dall'architettura si riflette nell'a. lo svincolo dalla ortodossia razionalista, ma, anche, una diversa, e assai ridotta, dimensione, coincidente con la ormai estrema contrazione dimensionale della cellula - cioè l'unità-locale - di cui il gigantesco blocco edilizio è composto: l'arredo tende o a sparire incorporandosi nella struttura stessa dell'immobile, o - quanto meno - a ridurre al limite le proprie dimensioni di ingombro. Il costume, in una società sempre più estroversa e mobilissima, ha finito per ridurre il valore della casa come unico rifugio della vita di ciascuno, per spogliarla di ogni pretesa di rappresentanza, lasciandole soltanto un valore strumentale. D'altro canto la produzione, con l'applicazione della lavorazione in serie, ha originato una nuova tipologia del mobile e, indirettamente, inedite risorse per l'a.
L'espressione "di serie" o "standard" non deve più d'altronde essere intesa in senso deteriore. Il concetto della lavorazione in serie (il solo conciliabile con l'attuale civiltà industriale), se mira logicamente a una contrazione dei costi e se è, naturalmente, il contrario di quello prezioso della unicità, tende d'altro canto a una perfezione tecnica e formale che, a parità di condizioni, non sarebbe altrimenti raggiungibile. Va inoltre detto che la serie - derivando, quando sia rettamente concepita, da prototipi appositamente studiati, sperimentati e controllati dai progettisti - possiede piena legittimità d'arte nell'ambito dell'estetica industriale (industrial design), che, attraverso gli apparecchi sanitarî, gli impianti, gli elettrodomestici, tanta e così incidente parte ha oggi anche nell'arredamento.
Si verifica d'altra parte, per quanto riguarda il costume, anche una tendenza opposta a quella prima delineata, e cioè la ricerca di un lusso più o meno autentico, di raffinatezze complicate e perfino sofisticate, puntuale riflesso della café-society, del night club, del cinema. Inoltre la rivalutazione mondana (e spesso l'invenzione) dei titoli nobiliari in paesi in cui essi titoli erano stati aboliti, la mania nordamericana del tono aristocratico all'europea e della inglese high life non sono estranee, anche se più o meno inconsciamente, al desiderio di ambienti arredati secondo un cosiddetto decoro all'antica. Di questi aspetti, pur contraddittorî, occorre tener conto perché i mutamenti del gusto, specialmente in questo settore, ubbidiscono ai motivi di fondo che abbiamo in primo luogo accennati, ma reagiscono prontamente anche, se non più, alla moda, al capriccio, allo snobismo.
Il gusto per il mobile antico, per il prezioso "pezzo" di stile - che già era stato messo al bando dal primo razionalismo europeo - ha ripreso vigore. Ma, mentre in un primo tempo, e proprio sulle tracce di un suggerimento di Le Corbusier, la cosa aveva avuto un eccitante sapore di eccezione in quanto il pezzo antico veniva violentemente immesso in un ambiente modernissimo quasi a crearvi uno iato conturbante, un contrappunto squisito, in un senso vagamente surrealista, si è poi passati - in molti casi - ad arredamenti interamente combinati con mobili antichi. Hanno avuto fortuna i pastiches composti di mobili di varie epoche e stili purché autentici: esigenza, questa della autenticità, presto e largamente elusa da una fiorente industria dei falsi. Falsi a parte, l'ambientazione con mobili antichi nella casa attuale incontra gravissime difficoltà materiali ed estetiche, per la sproporzione fra la ristrettezza degli ambienti e l'importanza di alcuni mobili, per il contrasto evidente con le nostre necessità, con il nostro abbigliamento, ecc. La mania antiquaria ha comunque indicato alla produzione esigenze legittime, da interpretare evidentemente come aspirazione, per la casa, a una nuova intimità anche formale, a un calore che il funzionalismo di stretta osservanza non aveva saputo offrire, a una varietà lontana dagli schematismi cari alle avanguardie - gloriose ma impopolari - del periodo fra le due guerre. Una rivalutazione del già deploratissimo folclore, con i suoi a. intonati ai tradizionali stili o sottostili rusticani, parve - a molti - una sorta di comodo alibi per una produzione che volesse tener conto delle nuove esigenze del pubblico e cioè, per parlare in sensibili termini commerciali, della clientela. Naturalmente si trattava, e ancor oggi si tratta, soltanto di un maldestro compromesso.
Più colte, ma anche più perniciose, risposte alle richieste di cui abbiamo parlato sono venute dai tentativi di revival, e cioè proprio di ritorno ad antiche o vecchie forme. Nella ricerca dei modelli meno o non mai imitati, non rimaneva - di un po' meno frusto - se non il liberty della belle époque e, magari, il balbettante e candido neogotico del 1830, o, in America, il colonial style dei pionieri e dei film western. E là si aggrapparono architetti e mobilieri, arrivando perfino a confondere quelle che erano state legittime e anzi necessarie rivalutazioni critiche con la prassi dell'arte. Lo strano movimento ebbe assai poca fortuna e vitalità; non si nega tuttavia che - per le vie segrete e semiinconscie del lavoro creativo - qualche utile suggerimento, qualche inedita inflessione non siano venuti anche di là all'a. attuale; come per esempio l'uso del ferro brunito (piattine, montanti a T, profilati varî), impiegato spesso con un senso al quale non sono estranei suggerimenti liberty né, talora, vaghe consonanze con le preferenze neogotiche o preraffaellite.
Dal conflitto di così diverse sollecitazioni e di così eterogenee esigenze, l'a. attuale - in America, in Giappone, e più specialmente in Europa - ha derivato una certa inquietudine, affiancata - in Francia e in Italia - da inopinati rigurgiti decorativistici; in altri paesi, - come il Messico, il Brasile, Israele - dalle tentazioni di un formalismo tanto bizzarro quanto gratuito.
Coloro che sono meglio riusciti a raggiungere una espressione tipicamente e talora arditamente moderna, senza cadere nel mostruoso o nell'inutile, e per di più a raggiungerla nel senso di una tradizione propria sono i Giapponesi e gli Scandinavi.
Gli Svedesi, i Norvegesi, i Danesi, e - soprattutto - i Finlandesi hanno saputo, in modi diversi ma con eguale costanza, perseguire un affinamento formale e funzionale nella tecnica del legno che è ridiventato, nonostante l'aggressiva avanzata delle materie plastiche, il protagonista dell'a., e a cui si è scoperta, in impieghi felicemente congeniali alla materia, una bellezza nuova e non meno tipica di quella antica: i compensati curvati, magistralmente usati da A. Aalto, O. Kristiansson, O. Hanninen, A. Jacobsen, C. A. Acking, G. Rosenberg, il massello di compensato aeronautico usato da T. Wirkkala, l'accostamento cou il cuoio largamente proposto dagli arredatori danesi, come F. Fogh, I. Klingerberg, J. Hansen, testimoniano una ricerca severa nella direzione del gusto moderno, senza concessioni né alla bizzarria immotivata, né alle nostalgie pseudoculturalistiche.
Una eguale facoltà di estrema modernità nel solco riconoscibilissimo di una tradizione (che sembra tanto più mantenersi, nella sostanza e nell'intimo senso, quanto più si discosta da forme abusate o soltanto note) è oggi riscontrabile nell'a. giapponese che vanta artisti di grande talento come G. Nakashima, Munemichi Yanagi, Daisaku Cho, Isamo Noguchi.
Il mobile italiano, in questi ultimi anni, ha avuto larga fortuna nel mondo. Difficile definirne il carattere, al di là di una generica finezza di gusto e di una indipendente modernità formale, proprio per la ricchezza di fantasia che vi profondono creatori e tecnici come Gio Ponti, C. De Carli, I. Gardella, L. Caccia-Dominioni, O. Borsani, i fratelli Poggi, F. Albini, Franca Helg, Gavina, M. Zanuso, i fratelli Castiglioni e altri molti.
Eguale varietà di temperamenti è riscontrabile in Francia, dove tuttavia un troppo accentuato gusto per il décor, per una raffinatezza sempre indecisa fra il genere mondano, quello teatrale e quello snobisticamente sorprendente, impedisce affermazioni del tutto rigorose. Il tecnicismo di un J. Prouvé o di un B. Burussel è troppo spesso e troppo paradossalmente smentito dalle fumisterie di un J. Cocteau (che, come decoratore, equivale al nostro Fornasetti, salva la maggiore abilità di quest'ultimo) o dalle eleganze salottiere di un A. Noll o di un J. Royère, pur trovando anche valide contrapposizioni nel lavoro di Janine Abraham, D. J. Rol, P. Paulin.
Il gusto inglese, un tantino sofisticato, ha raggiunto una sua espressione attuale attraverso l'opera di R. Day, D. Lennon, E. Race, E. Spence.
Di particolare nitore, se non di molta fantasia, l'a. svizzero, che dispone di agguerrite e aggiornatissime organizzazioni, come la Wahnbedarf e la Burch-Korrodi di Zurigo. Freddamente corretto l'a. tedesco, mentre qualche punta di raffinatezza si riscontra in Austria con artisti come C. Unger, R. Obsieger, F. Hagenauer, O. Haerdtl.
La tradizione razionalista conserva, anche nell'a., un certo vigore in Francia con A. Richard e Hervé de Looze, in Italia con R. Zavanella, in Svizzera con A. Altherr, e soprattutto in Olanda con G. Th. Rietveld, H. Stolle, J. Penraat.
Negli S. U. A. la produzione mobiliera offre la più vasta gamma di varietà, con espressioni le cui differenze sono accentuate, e insieme motivate, dalla diversa provenienza e cultura degli artisti, dei tecnici e degli artigiani che vi convergono da ogni paese. Fra i più noti progettisti di mobili e arredamenti sono da segnalare G. Nelson, Ch. Eames, H. Dreyfuss, Eero Saarinen, H. Bertoya, P. McCobb, oltre, come in ogni paese, ai più noti architetti, da Neutra allo stesso Wright. Tuttavia l'apporto più rimarchevole e più tipico della produzione americana, come di quella tedesca, è forse da indicarsi oggi nello studio e nella diffusione commerciale del mobile di serie. Vedi tav. f. t.
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