CAVALLARI, Aristide
Nato a Chioggia (Venezia) l'8 febbr. 1849, iniziò gli studi nel seminario di quella diocesi, trasferendosi poi in quello di Venezia verso la fine del corso teologico in seguito al cambiamento di residenza della sua famiglia. Venne ordinato sacerdote nel 1872 ed esercitò il suo primo ministero nella piccola parrocchia di S. Maria Elisabetta del Lido, abitata da qualche centinaio di poveri ortolani e vignaioli. Nel 1880 fu trasferito, sempre come coadiutore, nella parrocchia cittadina di S. Canciano, dove ebbe modo di distinguersi per l'assistenza assidua prestata ai colerosi nel 1884, e, nel 1886, prima in qualità di vicario economo e poi di parroco, ai Treporti, una delle zone più disagevoli e difficili della diocesi. Ma vi restò poco, perché nel 1888 gli fu affidata la cura pastorale della più popolosa, e anche più povera, parrocchia della città: quella di S. Pietro di Castello.
Potenziò allora l'Istituto del Buon Pastore, fondato dal suo predecessore mons. Giovanni Maria Gregoretti per il recupero delle giovani donne traviate o pericolanti, numerose nella zona, annettendovi pure una scuola superiore di religione con un convitto per le allieve delle scuole normali, onde poter formare maestre che fossero convinte cristiane, e quello delle dorotee. In favore dei giovani invece chiamò i fratelli delle scuole cristiane a reggere quel patronato "per i ragazzi vagabondi e viziosi" che don Iacopo Stanislao Avogadro aveva fondato nel 1850, con l'intento di toglierli dalla strada, per insegnare loro "gli elementi del leggere, scrivere, conteggiare, del disegno lineare e d'ornato" e indirizzarli successivamente "al più opportuno esercizio di una professione che, togliendoli dall'ozio e dal vizio", li ponesse "in grado di avere un mezzo stabile di sussistenza". Per la formazione spirituale dei parrocchiani aveva poi istituito l'Associazione delle madri cristiane, quella delle figlie di Maria, la Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, con l'intento di diffondere quella devozione che pensava molto utile alla vita religiosa, e una Confraternita in onore del protopatriarca s. Lorenzo Giustiniani, il cui corpo riposava in quella chiesa, ex cattedrale.
Ma se l'educazione religiosa, le pratiche di devozione e di culto, i restauri della chiesa parrocchiale ebbero, secondo la concezione tradizionale del buon parroco ottocentesco, le sue principali cure, non aveva trascurato di dare la sua attività per il potenziamento del comitato parrocchiale dell'Opera dei congressi, uno dei primi istituiti in Italia, fulcro della nascente Azione cattolica. Né tanto meno poteva restare estraneo a quel movimento economico-sociale che l'organizzazione dell'intransigenza cattolica aveva iniziato proprio in quegli anni per contrastare l'avanzata del socialismo e impedire la scristianizzazione della massa operaia. E così aveva istituito il Circolo operaio cattolico Marcantonio Bragadin, luogo di ritrovo e di formazione per lavoratori e una delle prime casse operaie di depositi e prestiti per venire incontro in modo facile ai loro più fondamentali bisogni economici.
Tutto questo lungo, paziente e faticoso tirocinio di parroco, apprezzato dal suo diretto superiore, il patriarca Sarto, lo aveva ben preparato a compiti più impegnativi, così che quando nel 1903 il Sarto verrà eletto papa col nome di Pio X, uno dei suoi primi atti sarà quello di nominare il 20 agosto il C. a provicario generale della diocesi di Venezia, di cui lo stesso Pio X aveva voluto conservare il governo, col titolo di vescovo di Filadelfia, e successivamente, il 13 marzo 1904, patriarca della città lagunare. Nel suo governo pastorale della diocesi di S. Marco, durato fino al 1914, non ci furono avvenimenti spettacolari e prese di posizioni notevoli o iniziative di richiamo. Tuttavia alcuni settori lo videro particolarmente impegnato nel periodo del suo patriarcato. Più significativo, anche se non originale, in quanto l'iniziativa era dovuta al suo predecessore, è il comportamento assunto nei confronti dell'amministrazione comunale clerico-moderata, che dal 1895 aveva il governo della città, che conserverà fino al 1920. Era stata una delle prime esperienze di quell'alleanza che sarà poi trasferita col patto Gentiloni sul piano politico. Non mancarono le frizioni e il C. venne talvolta accusato da una parte di intransigenza e dall'altra parte di inframettenza. In genere egli procurò che i cattolici continuassero ad appoggiare quella giunta che sostanzialmente salvaguardava i loro interessi.
Nei confronti del movimento cattolico, ristrutturato dopo lo scioglimento dell'Opera dei congressi, nelle tre unioni (popolare, economico-sociale ed elettorale), il C. ebbe un atteggiamento piuttosto tradizionale. Volle che fossero mantenuti i comitati parrocchiali, alle dirette dipendenze del parroco, come suoi collaboratori nell'apostolato; curò la trasformazione delle sezioni giovani nei vecchi circoli della gioventù cattolica, più sicuri in quanto a dottrina e a disciplina; spronò la fondazione delle leghe dei padri di famiglia, germe dell'associazione degli uomini di Azione cattolica. Si preoccupò in modo particolare della diffusione delle casse operaie parrocchiali, la cui utilità aveva esperimentato a S. Pietro di Castello, stabilendo però condizioni attraverso le quali fosse garantita la moralità dei soci e la dipendenza dall'autorità ecclesiastica. Uno dei suoi primi provvedimenti quale patriarca fu appunto la circolare del 17 marzo 1904,con la quale stabiliva che ogni cassa tenesse affisso nella sede sociale il testo del motu proprio di Pio X sull'Azione cattolica e avesse un assistente ecclesiastico con il diritto di veto per l'accoglienza dei nuovi soci e la discussione di temi morali e per la sorveglianza "sullo spirito di disciplina indispensabile nelle Società cattoliche".
Si potevano infatti temere possibili cedimenti a quello spirito moderno, a quell'indipendenza di giudizio e di comportamento, che potevano aver per origine o sconfinare nel così detto "modernismo". Pio X aveva raccomandato tale vigilanza proprio in occasione della consegna della berretta cardinalizia ai nuovi nominati, tra cui il C., poco tempo prima dell'emanazione della Pascendi, nel 1907, sottolineando quell'"attacco che non è un'eresia ma il compendio e il veleno di tutte le eresie, che tende a scalzare i fondamenti della fede ed annientare il cristianesimo". A Venezia però il fenomeno non era preoccupante e il C. aveva dovuto intervenire direttamente soltanto nel 1909 per vietare a preti e a laici la partecipazione a due conferenze tenute dall'"infelice sacerdote Murri". Tale atteggiamento di riserva e prudenza, incoraggiato del resto dalla S. Sede, poteva sembrare ad alcuni membri più giovani o più aperti del clero come insensibilità verso i problemi del mondo moderno o mancanza di apertura culturale e qualche accusa in proposito venne effettivamente più sussurrata che mossa al Cavallari.
Un settore di cui il C. si occupò personalmente durante il suo episcopato veneziano fu il seminario, anche perché Pio X l'aveva voluto rettore dal 1903 al 1910. Suoi furono i radicali lavori di restauro, culminati nella costruzione di una aula magna e delle nuove scuole ginnasiali, e l'acquisto di una casa per villeggiatura per i chierici a Pederobba. Non si fermò però all'aspetto materiale, pur importante per le condizioni in cui si trovava allora il vecchio palazzo del Longhena che da quasi un secolo ormai ospitava il seminario, ma cercò di incrementare il numero e la qualità dei sacerdoti con richiami personali ai parroci, con la formazione di un qualificato corpo docente, con frequenti contatti con i seminaristi.
Per il resto la sua attività pastorale, tradizionalmente ispirata ai criteri dell'epoca e all'ambiente veneto, conobbe fastose celebrazioni di ricorrenze quali il settimo centenario del trasporto del corpo di s. Lucia da Costantinopoli a Venezia (1904), la ricostruzione del campanile di S. Marco (1912), il giubileo sacerdotale di Pio X (1908). Tra il 1906 e il 1905 il C. compì una prima visita pastorale, di cui ci restano pure acute osservazioni personali sul clero e sulla popolazione e una seconda ne iniziò nel 1912.
Il C. morì a Venezia il 24 nov. 194 e venne sepolto in S. Cristoforo; le sue spoglie furono poi traslate durante il governo del patriarca Roncalli, assieme a quelle degli altri presuli dell'Ottocento e del Novecento, nella cripta della basilica di S. Marco.
Fonti e Bibl.: La documentaz. fondamentale è nella busta Cavallari della Sezione Patriarchi del Fondo moderno dell'Arch. della Curia patriarcale di Venezia, che contiene i documenti uffic. del suo curriculum sacerdotale, le circolari e alcune pastorali a stampa (Lettera pastorale per il giubileo sacerdotale di S. S. Pio X, Venezia 1908; Omelia sull'odierno vestire delle donne, Venezia 1912), i manoscritti di alcune prediche, rapporti con l'autorità civile, congratulazioni e condoglianze. Altri docum. si trovano sparsi nelle varie cartelle, divise per argomento, dello stesso fondo. Gli atti della visita pastorale del 1906-1908 e di quella parziale, iniziata nel 1912, sono in due buste del Fondo Segreto, sezione Visite pastorali;gli appunti del C. sono scritti a matita in alcuni foglietti. Nello stesso fondo, sezione, Cause di Beatificazione, buste S. Pio X, esistono pure alcune lettere del papa al C. che dimostrano l'affettuosa familiarità tra i due (quella a lui indirizzata in occasione dell'inauguraz. del ricostruito campanile di S. Marco è stata pubblic. in Lettere di San Pio X, a cura di N. Vian, Roma 1954, pp. 363 ss.). Altre lettere di S. Pio X al C. si trovano in mano di un anonimo spagnolo e sono state segnalate da N. Vian nel numero del 14 ott. 1973 de L'Osservatore romano della domenica. Lo stesso Vian ne ha pubblicata una nel numero del 28 ottobre. Si vedano gli opuscoli celebrativi con scarsi dati biografici in occasione della sua elevazione al cardinalato (C. Bullo, Cenni biografici di A. C. patriarca di Venezia, Venezia 1907; Omaggio alla pia memoria del card. A. C., Venezia 1914; G. Jeremich, Discorso in onore dell'em. card. A. C. patriarca di Venezia, Venezia 1907; G. Jeremich, Discorso in onore dell'em. cardinale A. C. patriarca di Venezia, Venezia 1914), e l'elogio funebre recitato dal vescovo di Treviso (in G. A. Longhin, Lettere pastorali, panegirici e discorsi, Treviso 1929, pp. 623-629, come pure l'anonimo Omaggio alla pia memoria del cardinale A. C.,Venezia 1914). Maggiori dati biografici sono nei numeri del quotidiano cattolico veneziano La Difesa dei giorni successivi alla sua morte (24-29 novembre 1914). Una breve sintesi del suo patriarcato è in A. Niero, I patriarchi di Venezia da L. Giustiniani ai nostri giorni, Venezia 1961, pp. 205 ss. Per l'istituz. della cassa operaia di S. Pietro di Castello e lo sviluppo della stessa durante i primi anni del suo governo pastorale, cfr. S. Tramontin, Le prime casse operaie cattoliche in diocesi di Venezia (1898-1904), in Boll. dell'Arch. per la storia del movim sociale catt. in Italia, II (1967), pp. 98-124; per il suo atteggiamento nei confronti dell'Azione cattol., e del movimento sociale e politico cfr. S. Tramontin, Azione cattolica, azione sociale e azione politica nel pensiero dei vescovi veneti dal 1904al fascismo, ibid., IX (1973), pp. 201-237.