KYPSELOS, Arca di
Arca in legno di cedro, con ricchi fregi figurati in avorio, opera perduta di ignoto artista corinzio del VI sec. a. C., dono votivo fatto al santuario di Olimpia dalla dinastia dei Cipselidi. Nel II sec. d. C. Pausania vide l'Arca nell'Heraion e la descrisse minutamente nel libro v (17, 5 - 19, 10); questo testo serve di base ad ogni trattazione dell'argomento.
1. Tradizione storica. - Oltre Pausania, il solo Dione da Prusa, retore di età flavio-traianea (Orat., ii, 45) ne fa menzione. Egli la vide nell'opistodomo del tempio di Hera. Entrambi gli autori la chiamano dono votivo, con questa variante: per Dione Cipselo ne è l'offerente, per Pausania i Cipselidi. Secondo Erodoto, Cipselo sarebbe stato sottratto alle insidie dei Bacchiadi dalla madre che lo avrebbe nascosto in una kypsèle, salvandogli in tal modo la vita (v, 92). Il ragazzo avrebbe avuto il nome dal suo nascondiglio: un recipiente per conservare provviste. Pausania ritiene che l'Arca da lui vista fosse appunto quella tale kypsèle che egli considerava essere un antico oggetto di famiglia (xviii, 7). Naturalmente non siamo tenuti a questa supposizione, il prezioso materiale usato fa pensare che l'Arca fosse un dono votivo appositamente eseguito; però essa potrebbe essere la copia della kypsèle da cui la stirpe prese nome: i Cipselidi erano noti per i fastosi doni votivi fatti a Delfi e ad Olimpia (J. Overbeck, Schriftquellen, 295-301). Dopo la cacciata dei Cipselidi i Corinzî cambiarono a Delfi il tenore dell'iscrizione votiva (Plut., De Pyth. or., 13). Allorché essi vollero far apparire anche il "Colosso aureo" dei Cipselidi in Olimpia come dono della loro città, gli Elei non glielo permisero (Paus., v, 2, 3); essi si mantennero fedeli alla dinastia anche dopo la sua caduta e vennero perciò esclusi dai giochi istmici. Le relazioni tra i Cipselidi ed Olimpia erano particolarmente strette; qui è stata trovata una magnifica coppa aurea con una loro iscrizione (museo di Boston. Massow, suppl., p. 63). È testimoniato che il giovane Cipselo crebbe fuggiasco ad Olimpia per sfuggire ai Bacchiadi (Nic. da Damasco, Fr. 57 Jacoby), fu allora che promise a Zeus il "Colosso d'oro". L'ipotesi dello Studniczka, ripetuta dal Massow, che l'Arca servisse da base al colosso non ha alcun fondamento. Bisogna considerarla un dono votivo a sé, il cui carattere personale ben s'addice alle intime relazioni esistenti tra i Cipselidi e Olimpia. Fu sollevata l'obiezione che Pausania non cita alcuna iscrizione. Ma la riproduzione di una kypsèle non era per se stessa un parlante dono votivo dei Cipselidi? Non regge neppure l'altra obiezione che il colosso venne già citato da Platone e l'Arca solo da Dione: la statua aurea era un esempio ormai proverbiale del dono di un tiranno, non così l'Arca. Se Pausania, nonostante il numero stragrande dei monumenti olimpici, la descrive tanto minutamente, ciò è dovuto alla nota predilezione dell'autore per l'arte arcaica; si dica lo stesso per Dione. Si deve al gusto arcaizzante di questa tarda età se ci è giunta notizia di quest'opera capitale dell'arte arcaica.
2. Datazione. - In base alla cronologia dei Cipselidi, studiosi precedenti avevano datato l'Arca circa il 6oo a. C. (v. avorio, p. 939), data inammissibile dopo le ricerche fatte da H. Payne: considerando il ricco stile narrativo dell'opera, egli la pone nel secondo venticinquennio del VI secolo. Nuove ricerche spostano questa data alla metà o al terzo venticinquennio del VI sec. (v. H. v. Steuben, Sagendarstellungen auf korinthische und attische Vasen, dissertaz., Friburgo 1960). Alcuni studiosi credono che una datazione tarda non consenta di porre l'Arca in rapporto con i Cipselidi. Ma anche questo non è esatto. Sono state tramandate due diverse cronologie relative alla tirannide dei Cipselidi in Corinto, che differiscono tra loro di più di 30 anni (v. corinto, p. 840). La cronologia più tarda, basata su Erodoto, è la più probabile; solo essa consente di porre i Cipselidi in relazione con il mondo greco di quel tempo. Secondo questa cronologia essi furono scacciati da Corinto circa la metà del VI secolo. Così è dimostrato che l'esecuzione dell'Arca di K. può risalire ad alcuni anni prima del 550, ma anche questa data non ci è necessaria; gli intimi rapporti esistenti tra Olimpia e i Cipselidi essendosi mantenuti anche dopo la loro caduta, l'Arca poteva essere stata offerta da questi durante l'esilio. Con questo argomento ci liberiamo definitivamente dalla polemica sull'epoca in cui i Cipselidi tennero Corinto, né potrà infirmare la nostra proposta il fatto che l'Arca rivelasse, tanto nel tema narrativo quanto nell'iscrizione, caratteri tipicamente corinzî. I Cipselidi potevano, anche lontani da Corinto, far lavorare degli artisti corinzî. Si pensi agli Alcmeonidi a Delfi.
3. Forma dell'Arca. - Già dallo scorso secolo esistono due diverse ipotesi: rettangolare o rotonda. I sostenitori della prima teoria (per esempio Blümner, Furtwängler, Massow) si richiamano al termine usato da Pausania, làrnax, che indica anche un mobile di forma rettangolare; essi fanno delle comparazioni con figurazioni vascolari del V sec., la làrnax di Danae. Ma Dione chiama l'Arca kibòtos, cioè con un'espressione di significato più ampio (v. G. M. A. Richter, Coll. Latomus, xxviii, 1957, p. 418 ss.). Ora Pausania usa tanto il termine làrnax quanto kibòtos per designare la cista mystica, certamente rotonda (vii, 19, 6 ss.; x, 28,3). Non conta la parola, bensì la descrizione di Pausania, nella quale egli usa l'espressione περίοδος ed il relativo verbo (18, 1; 19, 1), per dire che ha girato intorno al monumento. I sostenitori dell'Arca rettangolare tentano di suddividere su le quattro facciate la decorazione. Ma Pausania avrebbe allora parlato di fronte e di lati, come egli fa, per esempio, per descrivere il trono di Zeus (5, 11 ss.). La ricostruzione del fregio in questa forma non ha presentato una soluzione soddisfacente. Il Massow limitava perciò la decorazione alla fronte ignorando semplicemente il "girare intorno" di Pausania. Essendo questo inammissibile, bisogna concludere che l'Arca avesse forma rotonda, come aveva sostenuto il Bahlow nella sua dissertazione, presa troppo poco in considerazione (p. 22 ss.). La forma rotonda si addice anche alla supposizione che l'Arca imitasse la kypsèle della leggenda nata intorno all'infanzia del capostipite dei Cipselidi, rotonda tanto secondo la tradizione scritta quanto figurata. Si son portate anche come argomento alcune monete della città di Kypsela, in Tracia, sulle quali si ha per stemma una kypsèle (Ephemerìs, 1890, tav. 8; Sylloge numm. Oraec., Thrace, i, tav. 10, n. 532).
4. Ordine dei fregi. - Ve ne erano cinque: Pausania, cominciando dal più basso, descrive ogni fregio a sé, solo di due, del 2° e del 4° indica espressamente che vanno da sinistra verso destra. Egli descrive il terzo nel suo insieme come un'unità tematica, per questo fregio non è quindi importante la questione della direzione del suo giro circolare, mentre lo diviene, invece, per il primo e per il quinto fregio, il più basso e il più alto. Egli descrive nuovamente scena per scena, ma in quale senso? Molti argomenti sembrano testimoniare che si movesse verso sinistra. Tuttavia la ricostruzione del Massow in questo senso è poco soddisfacente. Specialmente considerando la sua tav. i si è sopraffatti da un eccesso di scene e di forme; si avverte che questo meritevole disegno appartiene al tempo dei fregi accurati e appiattiti, come quelli dell'opera del Furtwängler-Reichhold. L'eccesso di strisce ornamentali, che fu ancora accresciuto dallo Studniczka (Massow, 112 ss.) e che ricorda l'efflorescenza ornamentale delle costruzioni di età guglielmina, non è oggi più sostenibile. Per di più, Pausania non parla affatto di ornamenti e questi non compaiono neppure sui contemporanei recipienti in ceramica, le cui composizioni sono state avvicinate all'Arca. Nel cratere di Kleitias i fregi figurati sono separati solo da due sottili doppie linee, una sola volta unite ad un ornamento a linguette. Ciononostante le singole strisce si articolano organicamente fra di loro o per diversità di larghezza e accentuazione, o per la varietà dei temi e della direzione nel loro svolgimento, per il movimento e la stasi dell'azione. Il fregio principale delle nozze di Peleo si distingue per la sua solennità, la copia di personaggi, la ricchezza delle vesti; qualcosa di simile sarà avvenuto sull'Arca di Kypselos. Giustamente il Massow ha riconosciuto nel terzo fregio, quello più importante, una "parata militare dei Cipselidi", ma nella ricostruzione esso affonda in un groviglio di fiori di loto, cosa assolutamente inutile, giacché i due fregi contigui si distaccano decisamente per le loro scene composte a mètopa dal tema continuo del fregio mediano. Ampiezza, pienezza e accostamento alla vita forse anche una tecnica diversa (v. n. 5) - gli conferiscono certamente un accento particolare. Il fregio ornamentale del Massow sorge dalla necessità di articolare un fregio piatto. Se si ammette la forma circolare, si crea automaticamente una serie ritmica di scene, giacché si vede sempre una parte sola del fregio, muovendosi nello stesso senso di Pausania, le immagini contemplate si fondono osi distaccano in modo naturale. Si possono così seguire i fregi, inferiore e superiore, nei quali temi diversi si susseguono da vicino. Ma come era risolto nel l'arca rotonda il problema della sutura, cioè dell'inizio e del termine dei fregi? il Bahlow immaginò una striscia ornamentale perpendicolare, partendo dalla quale Pausania si sarebbe volto ora a destra, ora a sinistra (p. 30 ss.). Una simile striscia si trova nelle ciste metalliche, come esigenza dello stesso materiale, ma non è necessaria in una forma lignea; la si poteva evitare anche per ragioni di composizione. Tanto il fregio centrale con i guerrieri, quanto quelli a metope, cioè il secondo ed il quarto, non ne abbisognavano. Nel primo e nel quinto fregio non sembra che le scene fossero chiaramente separate l'una dall'altra, come è stato dedotto dall'errore in cui è incorso Pausania a proposito di Iolao (xvii, ii). Tuttavia vi erano a disposizione numerosi mezzi di delimitazione usati anche nei vasi: atteggiamento diverso delle figure, una grotta, oggetti come tripodi o la casa di Anfiarao. Si può quindi in varî modi evitare la striscia perpendicolare, poco gradevole. Rimane tuttavia insoluta la questione circa la causa che indusse Pausania a indicare la direzione del suo giro solo per i fregi due o quattro. Erano forse qui inseriti dei manici perpendicolari, come si rilevano dalle kypsèle riprodotte sulle già menzionate monete? Allora ci sarebbe stato a partire dai manici una destra e una sinistra, mentre il fregio principale, il primo e l'ultimo si sarebbero svolti senza interruzione. Se a causa dell'interruzione provocata dai manici, parte del secondo e del quarto fregio rimanevano privi di ornamento, ciò non poteva avere altro che un effetto favorevole sulla composizione complessiva. Infatti nella ricostruzione del Massow, il secondo fregio appare eccessivamente scarno rispetto al primo. Particolarmente scomposta, artisticamente, la scena delle Gorgoni che inseguono Perseo: qui ci era posto sufficiente per il manico.
5. Tecnica. - Pausania inizia nel modo seguente la sua descrizione: λάρναξ κέδρου μὲν πεποίηται, ζῴδια δὲ ἐλέϕαντος ἐπ᾿ αὐτῆς, τὰ δὲ χρυσοῦ, τὰ δὲ καὶ ἐξ αὐτῆ ἐστὶν εἰργασμένα τῆς κέδρου (l'Arca è in legno di cedro, su di essa vi sono figure in avorio, alcune cose in oro, altre cose sono ricavate dallo stesso legno di cedro). Il τὰ δὲ ripetuto due volte, non può significare ζῴδια (figure), altrimenti intere figure sarebbero state in oro, invece Pausania parla di oro due volte soltanto: per la coppa di Dioniso (xix, 6) e per le ali dei cavalli del fregio superiore (xix, 7); l'oro venne quindi usato solo per accentuare particolari dettagli. Si dica altrettanto per lo stesso legno di cedro, anch'esso connesso al τὰ δέ: anche qui non possono essere intese ζῴδια; tuttavia si è parlato spesso delle "figure dell'Arca intagliate nel legno". Secondo lo stesso Pausania il legno di cedro costituiva il fondo dell'Arca e qualche parte della decorazione, mentre il materiale principale per le figure era l'avorio, nominato per primo. Questo semplice dato del periegeta non è sembrato sufficiente a molti studiosi. Essi hanno tentato di ricostruire il noto effetto coloristico dei vasi a figure nere (v. F. Hauser, in Furtwängler-Reichhold, iii, 3, tavv. 121-22). Per la carnagione femminile sarebbe stato usato l'avorio bianco (v. avorio, p. 939); per quella maschile, l'ebano nero, che Pausania si sarebbe dimenticato di citare (il legno di cedro è rossiccio). Ma egli parla due volte espressamente di colore nero, a proposito di un figlio della dea della notte (xviii, i) e a proposito della veste di Aithra (xix, 3). Essendo ignota a Pausania la tecnica dei vasi a figure nere, che per noi è corrente, egli avrebbe notato certamente come una curiosità propria ad un'opera arcaica la carnagione nera degli uomini in contrasto con quella bianca delle donne. Già il Massow si oppose alla tesi che l'effetto prodotto dall'Arca dovesse essere simile a quello di una ceramica (18), ma ammise un'altra teoria, quella dell'intarsio, dovuta anch'essa agli sforzi degli studiosi per conferire all'Arca l'effetto di superficie proprio dei vasi a figure nere. Ma mentre per gli intarsi metallici gli esempî abbondano, ben pochi e dubbî se ne possono citare sugli intarsi in avorio (21 ss.). La migliore confutazione di queste due teorie, intimamente connesse, l'ha data il Bahlow (p. 3 ss.). Egli considera il rilievo come eseguito principalmente in avorio intagliato, con alcune parti dorate, mentre le strisce di separazione tra i cinque fregi sarebbero state "ricavate dallo stesso legno di cedro", che formava il supporto. Effettivamente il rilievo in avorio godette in Grecia di una ricca tradizione sin dall'epoca micenea (v. avorio). Alla stessa epoca dell'Arca di K. risalgono circa 2000 frammenti di rilievi in avorio trovati a Delfi (Amandry, Bull. Corr. Mell., lxiii, 1939, p. 103 ss., tavv. 35-36). Pare che venissero fissati su sostegni di legno. La loro ricognizione non è ancora ultimata, ma già si riconoscono scene mitriche, per esempio la partenza di Anfiarao: esse portano inoltre traccia di dorature. Tutto ciò corrisponde assai bene con le deduzioni che, seguendo Pausania, si possono fare per l'Arca di Kypselos. Bisogna quindi rinunciare definitivamente all'idea di un intarsio. Essendo gli antichi rilievi eburnei, sin giù ai dittici tardo-antichi, generalmente colorati, potremmo ammettere che originariamente lo fosse anche l'Arca. Pausania però ricorda solo due volte il nero e nessun altro colore. È da supporre che attraverso i sette secoli trascorsi dall'esecuzione dell'Arca all'età di Pausania il colore fosse andato sbiadendo. Essendosi invece così bene conservate le iscrizioni, se ne può dedurre che esse non erano dipinte, bensì incise sul fondo del rilievo in avorio. I fregi uno, due e quattro non sarebbero stati quindi a traforo, come i rilievi delfici, tecnica che avrebbe potuto essere usata nel fregio principale e in quello superiore, privi di iscrizioni. Variando un rilievo pieno ad uno traforato (tecnica che si ritrova sulle ciste, di analoga forma), si sarebbe inoltre ottenuto un mezzo efficace per differenziare i fregi uno dall'altro.
6. Iscrizioni. - L'interesse principale di Pausania (xvii, 6) si rivolge proprio ad esse: "accanto a quasi tutte le figure sull'Arca si trovano delle iscrizioni, scritte in caratteri arcaici. Alcune di esse corrono diritte, altre scritture sono dette dai Greci boustrophedon. Ciò avviene nel modo seguente: dall'estremità della riga la seconda ritorna indietro, come in una corsa di andata e ritorno. Anche altre iscrizioni dell'Arca sono scritte a spirali, difficili a seguire". Queste iscrizioni a spirale sono caratteristiche anche per le iscrizioni sui vasi corinzî (v. corinzi, vasi; fig. iiii). Le iscrizioni sull'Arca sono un elemento di integrazione delle scene rappresentate. Il fregio superiore dimostra come senza di esse ne sarebbe stata difficile l'interpretazione. Il fregio principale non portava leggende, perché in esso non figuravano personaggi mitici, ma solo un esercito dell'età dei Cipselidi. In modo affine, sulla brocca Chigi l'ornamento principale è costituito da guerrieri dell'epoca (v. greca, arte, tav. a colori a p. 1018), mentre la scena mitica con iscrizione, il giudizio di Paride, è situata sull'orlo. Le iscrizioni si dividono in due categorie: semplici nominativi o brevi commenti alle scene, in forma epigrammatica. Si tratta di Otto epigrammi, distribuiti egualmente tra il secondo e il quarto fregio, decorati a tipo metopa. Tre di questi riquadri posti l'uno accanto all'altro hanno ciascuno un epigramma; forse questa condensazione vuol indicare il centro della composizione. Sono veri e propri epigrammi, di uno o due esametri, composti appositamente per spiegare le immagini. Erroneamente Pausania li attribuisce al poeta corinzio Eumelos (xix, 10), il quale visse in età anteriore all'esecuzione dell'Arca (v. G. Vitalis, Die Entwicklung der Sage von der Rückkehr der Herakliden, Dissertaz. Greifswald 1932, p. 32 ss.).
7. Temi. - a) Fregio inferiore (xvii, 7 ss.): Enomao insegue, tirato da una pariglia di cavalli, Pelope che, con Ippodamia, fugge con una pariglia alata. Partenza di Anfiarao - Giochi funebri per Pelia con Eracle quale arbitro, e cioè, corse con carri, pugilato, lancio del disco, gara di corse. Premi: tripodi, le figlie di Pelia - Eracle arciere lotta contro l'idra, alla presenza di Atena e di Iolao (Pausania considera erroneamente questa scena come parte dei giochi funebri) - I Boreadi scacciano le Arpie dal giaciglio di Fineo. - b) Secondo fregio (xviii, 1 ss.): la dea della Notte con i figli Morte e Sonno in braccio - Dike, una donna bella, percuote la brutta Adikia. Due donne pestano nel mortaio - Idas riconduce Marpessa - Zeus porge coppa e collana ad Alcmena - Menelao minaccia Elena - Medea, sposa, troneggia tra Giasone e Afrodite - Apollo Musagete in mezzo alle Muse che cantano - Atlante sorregge il cielo e porge a Eracle il pomo delle Esperidi - Enialo conduce Afrodite - Peleo lotta con Tetide - Le Gorgoni inseguono Perseo. - c) Terzo fregio (xviii, 6 ss.): fanti e cavalieri su pariglie: "guardando i soldati si può ritenere che marciano per incontrarsi in battaglia oppure per salutarsi e riconoscersi". I soldati si avviano quindi da due lati. Se l'artista arcaico avesse voluto rappresentare una battaglia, si sarebbe espresso in modo inequivocabile, il fregio ha quindi il carattere di una parata militare. Con ragione si sono quindi ricordati i celebri Doryphòroi dei Cipselidi. - d) Quarto fregio (xix, 1 ss.): Borea, con gambe serpentiformi, rapisce Orizia - Eracle lotta con Gerione - Teseo con lyra e Arianna con ghirlanda - Monomachia di Achille con Memnone, alla presenza delle madri degli eroi - Melanione e Atalante, che tiene un cerbiatto - Monomachia di Aiace ed Ettore (Iliade, vii, 206 ss.), tra di essi Iris - I Dioscuri vanno a prendere Elena da Atene, contemporaneamente trascinano ai suoi piedi Aithra, vestita di nero (questa scena è descritta anche da Dione di Prusa, ii, 45) - Monomachia tra Agamennone e Koon, sopra il corpo di Ifidamante ucciso (Iliade, xi, 248 ss.). Sullo scudo di Agamennone si vede Phobos con testa di leone e iscrizione - Hermes conduce a Paride le tre dee - Artemide alata con pantera e leone - Aiace strappa Cassandra dal simulacro di Atena - Monomachia tra Eteocle e Polinice, dietro al quale sta una Ker con denti fermi ed artigli - Dioniso barbuto recumbente con coppa d'oro entro una grotta, e intorno vite, mele e melograni. - e) Fregio superiore (xix, 7 ss.): una grotta, con dentro un uomo e una donna che dormono su una kline; davanti, quattro ancelle che eseguono gli stessi lavori domestici descritti da Omero a proposito delle ancelle di Circe (Odissea, x, 348 ss.): preparano le sedie, coprono la tavola da pranzo, mischiano il vino in un cratere, riscaldano l'acqua per il bagno in un paiolo su treppiede - Centauro con gambe anteriori umane, poi donne su carri, tirati da cavalli con ali d'oro. Una di esse riceve delle armi da un uomo che non sta saldo sulle gambe, dietro a questi sta un servo con delle pinze da fuoco. Seguono due donne su di un carro tirato da muli, una di esse ha la testa velata - Eracle combatte con l'arco contro i Centauri, che ha già ucciso in parte. L'interpretazione di questo fregio è incerta, salvo per l'ultima scena; come mostra Pausania, se ne cercò la spiegazione sin dall'antichità: tra le interpretazioni di allora possono considerarsi sicure solo l'identificazione di Efesto con lo zoppo e di Chirone con il centauro a gambe anteriori umane. L'interpretazione e la ricostruzione del Massow non soddisfano. Poiché non si conoscono altre scene affini nell'arte antica, il problema interpretativo rimane insoluto.
8. - I temi elencati rappresentano una ricca scelta fatta tra le scene mitiche proprie alla tradizione dell'arte figurativa arcaica; si tratta per lo più di temi prediletti in tale epoca: singoli combattimenti tra eroi, giudizio di Paride, Perseo e le Gorgoni, Peleo e Teti, Teseo e Arianna, Aiace e Cassandra, Menelao ed Elena. L'eroe prediletto Eracle è rappresentato in ognuno dei quattro fregi a soggetto mitico. Si intreccia con il mito di Eracle, talvolta, un altro ciclo, quello degli Argonauti. Ad esso appartengono i giochi funebri per Pelia, Fineo, Borea e Orizia (?), Giasone e Medea, forse anche le donne al mortaio, nella seconda striscia, sono aiutanti della maga Medea. Il mito degli Argonauti era collegato a Corinto attraverso Giasone e Medea, e forse perciò sembra sia stato uno dei temi prediletti per l'Arca. Piuttosto strano che manchi la leggenda di Bellerofonte, localizzata a Corinto. Esisteva forse in merito a questo mito un contrasto tra Cipselidi e Corinzî? Altri temi: Idas e Marpessa, Melanione e Atalanta provengono dal Peloponneso occidentale, il mito di Pelope ed Enomao ricordano il luogo di consacrazione dell'Arca, Olimpia. Poiché non compare Hera, e Zeus è accompagnato dalla madre di Eracle, si deduce che originariamente l'Arca fosse consacrata a Zeus, consacrazione documentata per il Colosso aureo dei Cipselidi; ciò non contrasta con l'esposizione dell'Arca nell'opistodomo dell'Heraion. Risulta dalla relazione di Pausania che, al suo tempo, l'Heraion veniva usato come magazzino per statue ed altri doni votivi. Notevoli i riquadri con sole immagini di dèi. Oltre ad Ares ed Afrodite, che fanno parte delle coppie di progenitori predilette nell'Arca, ne compaiono solo tre: Apollo Musagete, Artemide, Dioniso. Tutti e tre si riferiscono ai Cipselidi. L'oracolo del dio di Delfi aveva loro promesso la potenza (Herod., 5, 92); Artemide s'accompagna al fratello; il cipselide Periandro era celebre per la sua devozione a Dioniso (Herod., i, 23). Inoltre i simulacri di Artemide Efesia e di Dioniso si trovavano nell'agorà di Corinto (Paus., ii, 2, 6).
9. Tipi iconografici. - Si possono stabilire concordanze tra una serie di scene dell'Arca con altri tipi iconografici conservatisi, specie su ceramiche arcaiche (sono raccolte negli studî del Massow, Lippold e Payne). Qui ci limiteremo ad accennare solo alle cose più importanti, Nel fregio inferiore, alla partenza di Anfiarao seguono immediatamente i giochi funebri per Pelia. Questi stessi due temi si trovano collegati su tre vasi arcaici: un cratere corinzio, un'anfora attica e una del Ponto (v. Hauser, in Furwängler-Reichhold, iii, p. 10 5., tavv. 121-122). La scena di Anfiarao riprodotta sul cratere concorda esattamente con la descrizione di Pausania. Si è creduto un tempo che una parte dell'Arca fosse stata copiata dal cratere, ma è anche possibile che Arca e cratere risalgano ad un comune prototipo. P. Cosi pone queste scene in rapporto con la grande pittura, già fiorente nella Corinto arcaica. Un tema trattato assai di rado, la punizione di Adikìa da parte di Dike, concorda con un'anfora attica del primo stile e a figure rosse oggi a Vienna (J. D. Beazley, Red-fig., p. 13). Anche qui si tratta di un comune modello o di una dipendenza del vaso, certo più tardo, dall'Arca. Molte delle vecchie ricostruzioni sono state emendate da scene vascolari, conosciute recentemente; ricordiamo solo la coppa laconica con Boreadi ed Arpie nel Museo di Villa Giulia (Arch. Class., iv, 1952, tav. 5) che dovrebbe essere più vicina all'analoga scena dell'Arca, che non la coppa di Fineo a Würzburg. Oggi si ha una quantità di nuovi esempî corinzi che riproducono l'avventura di Eracle e l'idra (Mon. Piot, xl, 1944, 23 ss.). Oltre che alle scene vascolari possiamo riferirci anche ad alcuni rilievi in lamina bronzea su bracciali per scudi (E. Kunze, Archaische Schildbander, Berlino 1950) che chiariscono particolarmente le composizioni a forma di metopa dei fregi due e quattro; vi si ritrovano una serie di temi: gesta di Eracle, coppie, monomachie.
10. Conclusione. - La descrizione dell'Arca di K. fatta da Pausania ci presenta un'opera d'arte arcaica, che può chiarirci la composizione, la ricchezza, l'originalità delle scene mitiche del sec. VI. Numerosi temi si trovano qui menzionati per la prima volta, per esempio il ratto di Orizia, Eracle e Atlante, Idas e Marpessa, Giasone e Medea, combattimento tra Eteocle e Polinice, ecc. Particolare interesse hanno le più antiche personificazioni che sono figurate sull'Arca prescindendo dalle epiche descrizioni di scudi in Omero ed Esiodo (v. L. Petersen, Zur Geschichte der Personifikazion, Würzburg 1939, 16 ss.). Si noti che dalla descrizione di Pausania risulta che le personificazioni sono rappresentate in modo da conferire loro particolare risalto. Mai vengono notati sull'Arca tanti particolari caratteristici: il bianco sonno e l'atra morte in braccio alla madre Notte (xviii, i); la bella Giustizia che colpisce la brutta Ingiustizia (xvm, 2); Eris, dèmone della lite, figura repellente tra due eroi omerici (xix, 2); Phobos, dèmone del terrore, con testa leonina sullo scudo di Agamennone (xix, 4). La personificazione della sorte di morte, Ker, con denti ferini e artigli dietro Polinice (xix, 6). Questi esseri non sono allegorie, idee astratte concretizzate, bensì figure che agiscono con forza e demonia. Data l'importante parte assunta dalle personificazioni nell'arte antica e post-antica, il loro primo comparire sull'Arca assume un particolare significato.
Bibl.: Hitzig-Blümner, Pausniae Graeciae descriptio, II, i, 1901, p. 389 ss.; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, XII, 1924, c. 121 ss.; Massow, in Ath. Mitt., XLI, 1916, p. i ss. (Diss. Lipsia 1922, stampato 1926); H. Bahlow, Untersuchungen zur frügriechischen Flächenkunst (Diss. Greifswald 1926); H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 125 ss.; G. Méautis, in Rev. Ét. Gr., XLIV, 1931, p. 241 ss.; J. L. Myres, in Journ. Hell. Stud., LXVI, 1946, p. 122; E. Will, Korinthiaka, Parigi 1955, p. 412 ss.; P. Cosi, in Arch. Class., X, 1958, p. 81 ss.