Genere di Insetti Imenotteri (Apis) della famiglia Apidae, comprendente le specie Apis dorsata, A. florea, A. indica, A. mellifica.
Vivono in società polimorfe, persistenti, formate da tre caste: regina, fuchi e operaie. Apis mellifica è l’a. domestica, allevata perché produce il miele e la cera. La forma tipica ha color nero, con peluria grigia (➔ calicodoma).
Nella società delle a., l’ a. operaia, femmina con organi genitali rudimentali, è l’individuo più piccolo. Ha capo piramidale, antenne ricoperte di peli, ricche di sensilli tattili o olfattori, occhi composti laterali, tre ocelli sul vertice del capo. Raccoglie nettare e polline dai fiori. L’apparato boccale ha una struttura adatta a tale scopo: le glosse, o lobi intermedi del labbro inferiore, si fondono a formare una proboscide tubulare, la ligula; i palpi restano liberi e riunendosi includono la proboscide. Queste parti costituiscono un organo entro il quale viene aspirato il nettare. Le mandibole, alla base dell’apparato boccale, servono per aprire le antere dei fiori onde raccogliere il polline, per lavorare la cera ecc. L’addome termina con un pungiglione costituito dallo stilo a bulbo, con lo sbocco delle due ghiandole velenifere, l’acida e l’alcalina. Delle due paia di ali, membranose, le posteriori sono le più piccole. Le tre paia di zampe terminano con due unghie bilobe, per attaccarsi a corpi scabri, e con un empodio per aderire a superfici levigate. Le zampe posteriori sono le più robuste e portano il cestello, la spazzola e la pinea, per la raccolta del polline. La regina, femmina, fertile, è l’individuo più grande della società. Ha l’addome lungo, leggermente appuntito verso l’estremità posteriore. Incapace d’assorbire il nettare, viene nutrita dalle operaie, manca delle strutture per la raccolta del polline e non produce cera. I maschi, detti fuchi, hanno il capo grosso, l’apparato boccale poco sviluppato, con ligula corta e inadatta ad assorbire il nettare, occhi composti convergenti sul vertice e ocelli frontali. Addome posteriormente arrotondato, ali molto lunghe.
Una società di a. è in genere costituita da una sola regina, 20-25.000 operaie, e da fuchi presenti in determinati periodi dell’anno. I favi dell’alveare sono costruiti con la cera in cellette a sezione esagonale riempite di miele e polline per la nutrizione delle larve. Le uova disposte nelle celle comuni originano operaie e fuchi, quelle deposte in alcune celle più grandi, diverse per forma e riempite di un alimento speciale, la pappa reale, danno invece le regine, destinate poi a sciamare. La regina, che è l’unica femmina dell’alveare generante, vive 4-5 anni. Si accoppia una sola volta nella vita, durante il volo di nozze, 5-6 giorni dopo lo sfarfallamento (➔), e riceve una provvista di sperma, che viene accolto nella spermoteca e dura per quasi tutta la sua vita. Ritornata all’alveare, inizia la deposizione delle uova, che s’interrompe d’inverno, con una media giornaliera da circa un centinaio di uova all’inizio della deposizione, fino a 1500-3000 nel periodo primaverile-estivo. Dalle uova fecondate nascono femmine, dalle non fecondate, che si sviluppano partenogeneticamente, maschi. I fuchi compiono soltanto la fecondazione delle regine e muoiono dopo l’accoppiamento. Essi, incapaci di raccogliere nettare e polline e di fare qualsiasi altro lavoro, sono allevati e tollerati nella società soltanto nei periodi di sciamatura, quando la minaccia della prossima sterilità della regina li rende necessari alla fecondazione. Cessate queste condizioni, le operaie li scacciano dall’alveare o impediscono loro di nutrirsi.
Le operaie compiono tutti i lavori necessari alla società. Quelle giovani secernono la cera, elaborata da ghiandole addominali. Esse vengono nutrite di miele e si allacciano fra di loro con le zampe, costituendo catene a festoni entro l’alveare. La cera viene segregata e si consolida in minute scaglie, che, con le mandibole, sono trasportate e lavorate per la costruzione del favo. Alle giovani operaie competono anche la nutrizione della covata delle regine e dei fuchi, la difesa, la pulizia, la ventilazione dell’alveare e la completa trasformazione del nettare in miele. La raccolta del nettare, del polline, del propoli e dell’acqua è operata invece dalle foraggere o bottinatrici, a. adulte (più di 16-17 giorni di età). Il nettare, raccolto con la glossa, viene inghiottito e trasformato in miele nell’ingluvia o borsa melaria, mediante la secrezione delle ghiandole salivari. Nell’alveare è rigurgitato dalle bottinatrici alle a. giovani, le quali lo collocano nelle celle. Il propoli (➔) viene trasportato all’arnia nei cestelli delle zampe posteriori, come il polline. La vita delle a. operaie dura 5-6 settimane d’estate; le operaie nate d’inverno raggiungono la primavera seguente. La regina ha il solo compito dell’ovodeposizione, e viene nutrita, curata e protetta dalle operaie.
La moltiplicazione della società di a. e la loro diffusione avviene per mezzo di sciami. Quando la società è popolosa e in periodi favorevoli, la vecchia regina e un gran numero di operaie, che costituiscono il primo sciame, lasciano l’alveare, dove da una cella reale uscirà presto una nuova regina. Il primo sciame talvolta è seguito da sciami successivi, formati dalla vergine regina meno giovane, da fuchi e operaie.
L’ apicoltura è l’allevamento dell’a. domestica, per la produzione e il commercio del miele e della cera. Nel sistema rustico d’allevamento, gli sciami sono raccolti nell’arnia rustica, che è generalmente una porzione di tronco d’albero cavo chiusa superiormente (bugno villico) oppure una corteccia di sughero o una cassetta di legno. Qui le a. costruiscono i favi attaccati alle pareti, costituiti da un insieme di cellette esagonali di cera. Per estrarre il miele si asfissiano le a. e si distruggono i favi.
Nell’apicoltura razionale, si usano arnie a favo mobile, tali che l’estrazione del miele non richieda l’apicidio, né la distruzione dei favi. Essa è inoltre facilitata da attrezzi moderni, quali lo smielatore e il foglio cereo. Vi sono vari tipi di arnie; la più usata in Italia è l’americana nella sua variante Carlini (fig. 2), costituita da un corpo principale di forma quadrata, con una porticina anteriore. Nell’interno si distinguono una parte inferiore, camera di covata (o nido), con fondo mobile con circa 12 telai che sostengono i favi; e una superiore, soffitta, ricoperta dal tetto. Durante il raccolto, fra nido e soffitta si pone il melario con i favi da miele.
Per un’abbondante produzione di miele sono necessarie colonie popolose, che dispongano di moltissime bottinatrici nei periodi delle grandi fioriture. Se alla fine della primavera gli alveari hanno esaurito la provvista di miele, si forniscono alle a. favi colmi di miele e zucchero in appositi nutritori. Per ottenere colonie forti si riuniscono, con opportuni accorgimenti, gli alveari e si cerca di diminuire la sciamatura. La produzione di miele dipende anche dalle condizioni ambientali ed è strettamente legata all’abbondanza di piante nettarifere poste entro un raggio di 3 km dall’arnia.
Per la raccolta del miele ( smielatura), quando i favi del melario sono colmi, si provoca, con buffate di fumo, l’esodo delle a. dal melario al nido e dai favi estratti si tolgono con appositi coltelli (disopercolatori) gli opercoli che chiudono le celle. La smielatura deve essere fatta con cautela per non eccitare le a. al saccheggio. Svuotati del miele, i favi s’immergono in acqua calda per far fondere la cera che poi, col raffreddamento, si rapprende in forma di pannelli.
In Italia l’apicoltura è sviluppata, soprattutto in Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto e Umbria. I consorzi degli apicoltori e degli enti apistici hanno lo scopo di vigilare sull’applicazione delle norme legislative concernenti la prevenzione delle malattie delle a., di diffondere la conoscenza dei metodi razionali d’allevamento e di reprimere le frodi.