TELESIO, Antonio
– Nacque a Cosenza verso il 1482 dai nobili Berardino e Giovanna Quattromani. Ebbe come fratelli Giovanni e Adriano.
Nulla di certo è noto sulla sua formazione. Pare avesse studiato con l’umanista marchigiano Tideo Acciarino, docente a Cosenza negli anni Ottanta del XV secolo. Inoltre, è probabile che sul suo cursus studiorum avesse giocato un ruolo il concittadino Giovan Paolo Parisio (Aulo Giano Parrasio), caposcuola dell’umanesimo cosentino, per la morte del quale scriverà una sentita elegia (Poemata, 1524, cc. Giirv).
Intorno al 1518 fu chiamato a insegnare a Milano («fui condutto in questa città con publico e honorato salario, per isponere poeti e oratori a la nobilissima gioventù milanese»: Bandello, 1573, c. 85r), dove era nel gennaio del 1519, quando pronunziò una Oratio alle esequie di Gian Giacomo Trivulzio andata subito a stampa. Ciò induce a legare la sua chiamata a Milano al nome di Parrasio, che vi aveva insegnato anni prima frequentando il condottiero milanese. Del resto, non pare che al tempo Telesio avesse pubblicato alcunché.
A Milano frequentò nobili e letterati, mentre la sua fama valicava le Alpi, poiché ne seguirono i corsi, tra gli altri, Rudolf Ambühl (Collinus) e Johannes Jakob Ammann (Ammianus), in seguito docenti nella Zurigo riformata (Ammann parlò di Telesio a Huldreich Zwingli in una lettera del 1520; Zwingli, 1830, p. 131). Allontanatosi da Milano forse a causa dell’occupazione imperiale, fu chiamato a insegnare nel Gymnasio romano, giungendo a Roma entro il novembre del 1523 e pubblicandovi un’Epistola ad Alexandrum Cacciam sull’elezione di Clemente VII. Divenuto «familiare» del papa (Mercati, 1937, pp. 239 s.), protetto dal datario pontificio e vescovo di Verona Gian Matteo Giberti «patronum suum» (Poemata, cit., dedicatoria, p. n.n.; Id., De coronis libellus, 1525, c. Aiir), ciò gli garantì accesso a benefici ecclesiastici per sé e alcuni suoi familiari. Nel maggio del 1524 ottenne il canonicato e le prebende di tre chiese calabresi (Oppido, Gerace, Bruzzano) e, nell’ottobre di quell’anno, gli fu assegnata la reggenza di un’altra chiesa (a San Pietro, presso Cosenza), cui rinunciò nel giugno del 1525 a favore del nipote Paolo. Mentre l’anno seguente ottenne un beneficio anche il nipote Bernardino (v. la voce in questo Dizionario).
Nell’Urbe, oltre a tenere i suoi corsi e gravitare nell’orbita della corte pontificia, Telesio frequentò dotti come Paolo Giovio e Girolamo Vida. Vi stampò, inoltre, alcune opere: una raccolta di Poemata (1524), due dei quali (Cyclops e Galatea) riapparvero a Zurigo nel 1531; poi il De coronis (1525), che fu ristampato a Colonia nel 1531 e a Basilea nel 1545 (all’interno di una raccolta di sue opere uscita per i prestigiosi tipi Johannes Oporinus); e, infine, un’introduzione alle Odi di Orazio (1527 ca.) che, con altri commenti, fu riedita più volte a Venezia in un’edizione di Omnia poemata oraziani.
Coinvolto nel sacco di Roma, Telesio riuscì a mettersi in salvo e, nello stesso 1527, fu chiamato a Venezia, dove il 17 ottobre iniziò «a lezer in Humanità [...], conduto a lezer a li secretari per il Conseio di X, con ducati 100 a l’anno» (Sanuto, 1897, col. 215). Nella città lagunare si fermò un paio d’anni, stampandovi il De coloribus, il suo testo di maggior successo, che, dopo l’editio princeps (1528), uscì a Parigi e a Basilea nel 1529, per poi essere ristampato nella capitale francese nel 1536, 1548, 1549, 1556; e nella città svizzera nel 1537, 1541, 1545 (nella raccolta di sue opere edita da Oporinus prima ricordata), 1563, oltre che a Colonia nel 1530 ca. e a Wittemberg nel 1588. Discreto successo ebbe anche l’altra sua opera edita a Venezia (1529), la tragedia Imber Aureus, che fu riedita a Norimberga l’anno dopo, a Basilea nel 1545 (sempre nella raccolta Oporinus) e ad Anversa nel 1546.
Nel 1529 lasciò l’insegnamento veneziano e s’imbarcò per rientrare a Cosenza, affrontando un viaggio con il compatriota Apollonio Merenda in cui rischiarono di naufragare. Verso la fine del 1530, poi, si trasferì a Napoli – sotto la protezione del viceré Pompeo Colonna – dove frequentò gli ambienti dell’Accademia Pontaniana: Scipione Capece, Giano e Cosimo Anisio, nonché suoi concittadini come Bernardino Martirano.
Rientrato a Cosenza non prima del gennaio del 1533, vi morì entro il maggio del 1534, «non plane senex» (Giovio, 1577, p. 204), d’«immatura morte» (Pantusa, 1534, p. [4]: questo testo, edito il 1° giugno 1534, fa da terminus ad quem per la data della scomparsa).
Opere. Oratio quam habuit in funere illustrissimi Ioannis Iacobi Trivultii, Milano, Agostino da Vicomercate, 1519; Epistola ad Alexandrum Cacciam [...] de publica omnium laetitia ob Julii Medicei, nunc Clementis VII, Pontificatum maximum felicissimumque, Roma, s.t. [ma M. Calvo], 1523; Poemata, Roma, M. Calvo, 1524; De coronis libellus, Roma, M. Calvo, 1525; In Odas Horatii Flacci auspicia ad iuventutem romanam, s.n.t. [ma Roma 1527 ca.]; De coloribus, Venezia, B. Vitali, 1528; Imber Aureus. Tragoedia, Venezia, B. Vitali, 1529. Altri testi postumi e alcune epistole furono poi raccolti, con le opere edite, da Francesco Daniele: A. Telesio, Opera, Napoli 1762; Id., Carmina et epistolae quae ab editione neapolitana exulant, Napoli 1808. A oggi è introvabile un Epithalamium in nuptias Scipionis Capycii & Iuniae Caracciolae, Napoli 1526, al pari di vari altri inediti (A. Telesio, Carmina et epistolae..., cit., pp. XLI s.).
Fonti e Bibl.: Napoli, Società napoletana di storia patria, ms. XX.C.12: B. Martirano, Commentariolum de aliquibus antiquioribus patriciis consentinis familiis (post 1534), c. 16v; G. Anisio, Satirae, Napoli 1532, cc. 99r-100r; G.P. Cimino, Epistola nuncupatoria ad [...] Coriolanum Martyranum..., in F.S. Carisio, Institutionum grammaticarum..., Napoli 1532, c. iiv; C. Anisio, Poemata, Napoli 1533, c. 50v; G. Pantusa, Liber de cœna Domini, Roma 1534, p. [4]; G.T. Casopero, Epistolarum libri duo, Venezia 1535, cc. 19v-21r, 30v-31r; Id., Sylvarum..., Venezia 1535, cc. 43r-44v; N. Salerni, Silvulae..., Napoli 1536, cc. Hiiirv; C. Gesner, Bibliotheca universalis..., Zurigo 1545, c. 63rv; L. Alberti, Descrittione di tutta Italia, Bologna 1550, c. 187v; M. Bandello, La terza parte delle novelle, Lucca 1554, c. 21r; C. Martirano, Epistolae familiares, Napoli 1556, c. 8v; L. Dolce, Dialogo [...] nel quale si ragiona delle qualità, diversità e proprietà de i colori, Venezia 1565, c. 6v; M. Bandello, La quarta parte delle Novelle, Lione 1573, cc. 84r-86v; P. Giovio, Elogia virorum literis illustrium..., Basilea 1577, p. 204; G.P. d’Aquino, Oratione [...] in morte di Berardino Telesio..., Cosenza 1596, pp. 15 s.; S. Spiriti, Memorie degli scrittori cosentini, Napoli 1750, pp. 39-42; F. Daniele, Antonii Thylesii consentini vita, in A. Telesio, Opera, Napoli 1762, pp. VII-XVII; P. Giovio, Fragmentum trium dialogorum, in G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IX, Modena 1781, p. 259; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 4, Modena 1792, pp. 1496-1498; H. Zwingli, Opera. Epistolarum, pars prima, Zurigo 1830, p. 131; F. Fiorentino, Bernardino Telesio. Ossia studi storici su l’idea della natura nel Risorgimento italiano, I-II, Firenze 1872-1874, poi a cura di R. Bondì, Cosenza 2018, ad ind.; M. Sanuto, I diarii, XLVI, Venezia 1897, col. 215; A. Pagano, A. T., Nicotera 1935; S.G. Mercati, Appunti telesiani, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, VII (1937), pp. 239 s.; A. Prosperi, Tra evangelismo e controriforma G.M. Giberti (1495-1543), Roma 1969, p. 99; V.M. Egidi - M. Borretti, I Telesio. Regesto dei documenti del sec. XVI, Cosenza 1988, p. 151; S. Quattromani, Scritti, a cura di F.W. Lupi, Rende 1999, pp. 139, 198, 258 s.; T.R. Toscano, Letterati corti accademie, Napoli 2000, p. 123; R. Osborne, T.’s dictionary of Latin color terms, in Color. Research and application, XXVII (2002), pp. 140-146; A. Ottaviani, Da A. T. a Marco Aurelio Severino: fra storia naturale e antiquaria, in Bruniana & Campanelliana, XVI (2010), pp. 139-148; Id., Fra Napoli e Cosenza: appunti per una geografia della “Historia naturalis” da A. T. a Marco Aurelio Severino, in Giornale critico della filosofia italiana, XCIII (2012), pp. 32-43; L. Addante, Valentino Gentile e il dissenso religioso nel Cinquecento, Pisa 2014, ad indicem.