CARTARI, Antonio Stefano (Antonstefano)
Nacque in Orvieto nel dicembre del 1651 da Carlo, giurista e poligrafo, e da Maria Maddalena Marabottini.
Destinato dal padre agli studi legali e incitato dall'esempio di costui all'esercizio letterario, già nel 1662 pubblicava a suo nome la versione in volgare di una leggenda locale orvietana (Istoria antica latina… del martirio di s. Pietro Parenzo, Orvieto 1662); e iniziava, anche in questo caso ripetendo un modello paterno, la stesura di un Diario di notizie diverse, continuato poi sino al 1668 (Archivio di Stato di Roma, Fondo Cartari-Febei, b. 105).
Più spiccati interessi letterari mostrano le edizioni, da lui curate, di sillogi diverse di discorsi accademici, arricchite di notizie circa le medesime accademie (Infecondi e Intronati) di cui egli stesso faceva parte, nonché alcune trascrizioni di oratori sacri, effettuate forse in vista di un'edizione mai compiuta, e lo straordinario "scherzo" intitolato: La grandezza e preminenza dell'huomo espressa con i cognomidi varie famiglie;in esso lunghe serie di cognomi sono riprodotte a significare le parti del corpo umano, i mestieri, i rapporti sociali, le dignità, le appartenenze nazionali, e così via, con evidente gusto per il curioso e il meraviglioso, esplicitamente teorizzato nella premessa, ove si dichiara che "questa gran mole dell'universo… è senza fallo agli occhi di chi la mira un teatro vastissimo di meraviglie" (ibid., b. 221, parte 2, non num.).
Ma già nel 1672, ad Orvieto, il ventenne C. mostrava i primi segni di interesse per iscrizioni e sigilli e provvedeva ad avviare l'ordinamento del locale archivio Febei; onde il padre se ne compiaceva scrivendogli: "mi piace che cominciate a divenire huomo antico, cioè curioso delle antichità" (ibid., b. 33, lettera non num. del 31 agosto 1672). Da allora, abbandonata ogni velleità letteraria, egli individuò nell'araldica e nella sigillografia i campi di interesse che gli riuscivano più congeniali, e prese a raccogliere sia sigilli originali, sia impronte, sia infine descrizioni o disegni di stemmi di famiglie nobili. Nacque così in lui il progetto, vastissimo ed ambizioso, di un repertorio generale degli stemmi di tutte le famiglie nobili europee, disegnati e descritti accuratamente; e in pochi anni il C., con accanita opera di spoglio da fonti e da testi di ogni tipo, finì per raccogliere la riproduzione di oltre ventimila stemmi (ibid., bb. 156-176). Nel 1679 egli pubblicò il volume primo e preliminare della grande opera: Prodromo gentilizio overo trattato delle armi ed insegna delle famiglie…, Roma 1679, dedicato a F. M. Febei, che consiste in un vero trattato teorico-pratico di araldica, preciso e conciso nella parte tecnica, basata, per confessione dell'autore, su fonti francesi, inattendibile e abborracciato nelle parti storiche; importante appare il glossario dei termini tecnici (pp. 422-458), nonché l'indicazione di metodo volta a privilegiare le fonti antiquarie, "monete, sigilli e medaglie" in confronto di quelle scritte (p. 52). Nel 1681 fu pubblicato anche il secondo volume, dedicato agli stemmi degli Stati sovrani europei, passati e presenti (Europa gentilizia, overo armi ed insegne di Regni, provincie città e famiglie di Europa…, Roma 1681), in cui si insiste con particolare forza sulla necessità tecnica della "chiarezza" delle descrizioni e delle notizie e si sorvola sulla favolosità improbabile del contorno storico (pp. 3-5). Ma già il giovane erudito, che passava tutto il suo tempo nello studio e mostrava salute cagionevole, avviava un altro ed altrettanto ambizioso progetto, consistente nella raccolta e nella pubblicazione di tutti i sigilli, italiani e non italiani, di cui sarebbe riuscito ad avere notizia diretta o indiretta: progetto favorito, in un certo senso, dall'esistenza della collezione paterna, già cospicua, e di altre collezioni private in Roma; ma che il C. non riuscì a realizzare sia per le difficoltà oggettive, sia per il peggioramento del suo stato di salute, che lo portò in pericolo di vita nel 1683. L'anno precedente il C. era intanto riuscito a completare, sia pure soltanto in manoscritto, un primo saggio dell'opera vagheggiata: Sigillografia universale, overo descrizione di sigilli di ogni sorte…(ibid., b. 228), dedicata alla riproduzione dei settantacinque sigilli che costituivano la sua collezione privata, e preceduta da una pregevole "Introduzione" di carattere teorico-giuridico.
"Essendo vissuto sempre da vecchio", come affermò il padre, il C. venne a morte ad appena trentatré anni e due mesi il 15 marzo del 1685; e intorno alla sua precoce scomparsa, attribuita agli indefessi studi, si venne intessendo una leggenda di santità erudita che il padre tentò di avallare e di trasferire direttamente sul piano religioso parlando di cilici e di miracoli (ibid., b. 263. c. 150rv); senza peraltro che quest'estrema e un po' macabra ambizione paterna fosse presa da alcuno in molta considerazione.
Fonti e Bibl.: Tutto il materiale relativo al C. e i mss. delle sue opere sono conservati nell'Arch. di Stato di Roma, Fondo Cartari-Febei; vedi inoltre su di lui L. Sandri, La sigillografia universale di A. S. C. Contributo agli studi di sigillografia nel secolo XVII, in Rass. degli Archivi di Stato, XV (1955), pp. 141-188 (con rinvio alla bibl. precedente).