ORSINI, Antonio
ORSINI, Antonio. – Nacque il 9 febbraio 1788 ad Ascoli Piceno, da Emidio e da Agata Prosperi.
A causa della prematura scomparsa del padre, fu cresciuto dallo zio che esercitava la professione di farmacista in una spezieria sita in piazza del Popolo. Ebbe come precettore il naturalista abruzzese marchese Orazio Delfico, noto per aver scalato il Gran Sasso nel 1794, che da Pavia si era stabilito ad Ascoli Piceno nel 1799. Parallelamente, il torinese Francesco Galeazzi lo istruì sui preparati farmaceutici. A 18 anni, il 1° maggio 1806, si recò a Roma per ottenere il diploma in farmacia, che gli avrebbe consentito di sostituire lo zio nell’esercizio della spezieria. Decise però di proseguire gli studi, laureandosi in scienze naturali presso l’Ateneo di Bologna. Durante gli studi universitari, conobbe la futura moglie, Maria Atti.
Nel 1817 creò un gabinetto di storia naturale, ospitato in due stanze dell’ex convento gesuitico di S. Venanzio. Fra il 1830 e il 1840 allestì nei parchi annessi alla villa Rosati Sacconi a Cavaceppo, località sulla via Salaria nei pressi di Ascoli, un orto botanico, dove erano raccolti esemplari della flora locale ed esotica. Nel 1834, già noto per le sua fama di naturalista, fu interpellato per indicare provvedimenti utili a contrastare una pericolosa epidemia di colera, episodio che rivela una sua generale tendenza a coniugare la ricerca pura all’impegno civile, come dimostra anche l’allestimento di un secondo orto nella villa del marchese Diotallevi a Centobuchi, al fine di sperimentare migliori tecniche di produzione agraria. Nel 1856 ad Ascoli Piceno e in località vicine eresse alcuni lazzaretti, promuovendo a fini terapeutici la produzione di acquavite.
Di idee liberali, sebbene sessantenne, partì come soldato semplice per la prima guerra di Indipendenza. Partecipò alla campagna di Lombardia e si guadagnò i gradi di tenente della terza legione romana. Seguì poi le truppe a Vicenza, da dove, una volta avvenuta la presa della città, fece ritorno ad Ascoli.
Orsini coltivò con passione tutti i rami della storia naturale. Benché la sua produzione scientifica non fu copiosa, la vastità e la profondità delle sue conoscenze è stata riconosciuta dai naturalisti italiani ed europei, come la liberalità e prodigalità con cui partecipava osservazioni e scoperte. Indubbiamente il campo in cui eccelse fu la botanica. Nel 1825 Agostino Cappello pubblicò un suo catalogo della regione di Accumoli nelle Osservazioni geologiche e memorie storiche di Accumoli in Abruzzo, in Giornale Arcadico di scienze, lettere ed arti, XXVIII (1825), pp. 30-45; il pesarese conte Domenico Paoli gli dedicò una lettera Sopra alcune gomme particolari, pubblicata nel Giornale di fisica, chimica, storia naturale, medicina ed arti, VIII (1825), pp. 447-449; nel 1826 Paolo Spadoni lo invitò a collaborare alla stesura della Xilologia picena applicata alle arti (Macerata 1826); la fama conseguita per questa collaborazione gli valse subito una richiesta di consulenza da parte di Vito Procaccini Ricci, impegnato in un lavoro di classificazione delle filliti raccolte nella sua collezione, che sfociò nella pubblicazione delle Osservazione sulle gessaje del territorio sinigagliese (Roma 1828). Nell’estate 1829 accompagnò Michele Tenore ed Ernesto Mauri in numerose perlustrazioni in Abruzzo e nelle province pontificie: i risultati delle erborizzazioni furono resi noti nella Enumeratio plantarum edita in M. Tenore, Succinta relazione del viaggio fatto in Abruzzo ed in alcune parti dello Stato pontificio nell’esta’ del 1829, Napoli 1830, pp. 41-90. Nel 1838 compì inoltre una serie di studi sulle alghe che coprivano le pareti delle grotte di Acquasanta.
L’altro campo a cui dedicò molte energie fu la geologia, soprattutto dopo aver conosciuto nel 1833 uno dei massimi geologi italiani, Leopoldo Pilla, che aveva avuto l’incarico di valutare la consistenza della miniera di carbon fossile nei pressi di Teramo (Pilla, in segno di stima, gli inviò una serie di lettere: Lettere inedite di Leopoldo Pilla ad Antonio Orsini, Cassino 1890). Accresciutasi così la notorietà come geologo, Orsini fu invitato alla prima Riunione degli scienziati italiani, che si tenne a Pisa nel 1839, in cui partecipò ai lavori della sezione di geologia, presentando una raccolta di fossili proveniente dai dintorni di Ascoli Piceno e Gran Sasso (Atti della Prima riunione degli scienziati italiani, Pisa 1840, pp. 102, 147 s., 151). Prese parte anche alla terza Riunione (Firenze 1841) e alla sesta (Milano 1844), dove presentò una memoria sullo Spaccato geologico dalle foci alla catena della Sibilla che riprendeva un tema discusso da Pilla nella prima Riunione (cfr. Atti della Sesta riunione degli scienziati italiani, Milano 1845, pp. 574 s.). Avendo stretto amicizia con il maceratese Alessandro Spada Lavini, con lui si impegnò a redigere una carta geologica della regione compresa tra il Catria e il Gran Sasso. Il progetto, rivelatosi troppo impegnativo, non andò in porto ma dalla collaborazione sortì il pregevole saggio Osservazioni geologiche su quella parte del versante Adriatico compresa tra il Monte Corno e l’Esino, in Raccolta di lettere ed altri scritti intorno alla fisica ed alle matematiche, Roma 1845, pp. 268-277; Spada Lavini e Orsini pubblicarono poi Quelques observations géologiques sur les Apennins de l’Italie centrale (in Bulletin de la Société géologiques de France, s. 2, XII [1855], pp. 1202-1233). Nel 1861 Orsini fece parte della giunta consultiva addetta a discutere i metodi e a stabilire le norme per la formazione della Carta geologica del Regno d’Italia.
Non mancò di compiere osservazioni in ambito zoologico, che gli valsero anche l’amicizia e l’apprezzamento di Carlo Luciano Bonaparte, al quale aveva inviato la descrizione di un chirottero rinvenuto sotto gli archi del ponte dei Ss. Filippo e Giacomo. Il chirottero, denominato in onore del suo scopritore Vespertilio Ursini, è descritto nella Iconografia della fauna italica, nel primo tomo dedicato ai mammiferi e agli uccelli (Roma 1831). Orsini si distinse anche nella zoologia degli invertebrati. Nel volume dedicato ai coleotteri curato da Achille Costa, che figura come ottavo della Fauna del Regno di Napoli iniziata dal padre Oronzo Gabriele Costa (Napoli 1849), il nome di Orsini compare più volte per l’invio di descrizioni e di esemplari di insetti dell’Abruzzo, fra cui lo Sparedrus Ursini, così denominato dall’entomologo genovese Massimiliano Spinola, a cui Orsini aveva comunicato la scoperta.
Nel 1852, in collaborazione con Serafino Belli, fu incaricato dalla magistratura di Ascoli di una ricerca sulla malattia delle viti: l’esito fu pubblicato in una ‘istruzione popolare’ intitolata Sulla malattia delle viti (Ascoli Piceno 1852) che fu inviata all’Accademia pontificia dei nuovi Lincei e riferita da Pietro Sanguinetti, il quale pubblicò poi su di essa un Rapporto edito negli Atti dell’Accademia pontificia dei nuovi Lincei, V (1851-52), pp. 307-313.
Nel 1856 divenne membro della neonata Società geologica (poi Società italiana di scienze naturali) e fu socio di molte accademie italiane e straniere, fra cui l’Accademia delle scienze di Bologna, la Società romana di agricoltura, la Gesellschaft Naturforschender Freunde zu Berlin. Fu uno dei promotori, nonché membro del consiglio della Società entomologica italiana, fondata a Firenze nel 1869 presso l’allora Regio Museo di storia naturale.
Nel 1861, su indicazione di Lorenzo Valerio, fu nominato senatore del Regno e fu eletto consigliere provinciale nel mandamento di Arquata.
Morì ad Ascoli il 18 giugno 1870.
Orsini lasciò una ragguardevole collezione di piante, minerali e fossili, adunati durante i suoi lunghi viaggi, oltre a medaglie antiche, libri e un epistolario di circa 4000 missive. Dopo varie vicissitudini e spostamenti, quanto sopravvissuto ha trovato definitiva collocazione come sezione espositiva permanente presso i Musei della Cartiera Papale di Ascoli Piceno.
Opere: A quelle ricordate va aggiunto Note sur la constitution géologique de l’Italie centrale, in Bulletin de la Société géologiques de France, s. 2, II (1845), pp. 408-16.
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