VASSALLO, Antonio Maria
– Nacque a Genova tra il 1617 e il 1618 all’interno di una famiglia locale dedita alla professione di «seateri» – ovvero commercianti di seta – e «di fortuna assai copiosa» (Soprani, 1674, p. 227).
Dopo una prima formazione in «lettere grammaticali» e nelle «scuole maggiori», il padre Lorenzo (non è stata tramandata l’identità della madre) accolse la volontà del figlio di dedicarsi all’esercizio della pittura. Sulla base di quanto ricordato sempre da Raffaele Soprani (1674, p. 227), Antonio Maria fu affidato in giovane età al maestro Vincenzo Malò, allievo di Pieter Paul Rubens. Il periodo formativo a contatto con il fiammingo è stato inizialmente collocato intorno alla metà degli anni Venti del XVII secolo (Orlando, 1999, p. 11, e 2012, p. 192), in occasione di un presunto primo soggiorno del maestro di Cambrai a Genova, dove risiedette stabilmente con probabilità dopo il 1634 (cfr. Marengo, 2018). Nel 1630 Vassallo compare in qualità di «laborator» – «un giovane un poco più grande degli apprendisti definiti pueri e un poco meno esperto di coloro che sono denominati discipuli» (Orlando, in Anton Maria Vassallo, 2018, p. 39) – presso la bottega del pittore genovese Giovanni Domenico Cappellino. In quell’occasione dovette versare la somma di sei lire nell’ambito della tassazione straordinaria destinata alla costruzione delle Mura Nuove di Genova. Tale attestazione, che vedeva il giovane Vassallo all’età di dodici-tredici anni circa lavorare presso Cappellino, ha portato a un avanzamento dell’inizio della frequentazione della bottega di Malò da parte dell’allievo, il quale potrebbe avervi dunque svolto una sorta di «perfezionamento» dopo una prima fase formativa con Cappellino (cfr. Marengo, 2018; Orlando, 2018, p. 77).
Intorno al 1641 si colloca la realizzazione della pala raffigurante S. Martino con s. Rocco e s. Antonio di Padova (Ronco Scrivia, chiesa di S. Martino), poiché in quello stesso anno fu consacrata la parrocchiale, di cui l’opera doveva costituire l’immagine devozionale principale a causa della posizione centrale conferita al santo titolare (Orlando, 1999, pp. 78 s., n. I.10). Risale alla seconda metà del quinto decennio la tela firmata con Il beato Andrea da Spello fa scaturire l’acqua dalla roccia (Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Bianco), commissionata dalla famiglia Romezzano per la chiesa di S. Francesco di Chiavari, edificio da dove l’opera venne allontanata nel 1812 per essere trasferita a Parigi in seguito alle soppressioni napoleoniche (cfr. Pessa, 1987; Orlando, 1999, pp. 88 s., n. I.15). Una datazione analoga è stata avanzata per la pala dedicata a S. Domenico e le anime del Purgatorio (Genova, Albergo dei poveri, chiesa dell’Immacolata: Orlando, 1999, pp. 100 s., n. I.21, e in Anton Maria Vassallo, 2018, p. 43, con la proposta di una commissione da parte di una confraternita cittadina dedicata al Rosario).
Il catalogo di Vassallo è connotato da un’esigua quantità di dipinti destinati a luoghi di culto cittadini – solo cinque dei quali ricordati da Soprani –, mentre ampiamente documentata è l’esecuzione di quadri da stanza, ossia le «tele historiate che si vedono in case private» ricordate dal biografo seicentesco (1674, p. 228). Si tratta di «tele ad olio in grande e in piccolo, nelle quali a meraviglia riusciva» (Soprani - Ratti, 1768, p. 333), talvolta contrassegnate con il monogramma composto dalle iniziali «AMV» (Antonio Maria Vassallo) sovrapposte, con soggetti sacri e mitologici, nature morte e ritratti «al naturale [...] ne’ quali tutti si portò perfettamente, avendoli espressi et effiggiati al vivo con sodisfatione universale, nella qual facendo hebbe felicità grande e fu molto accreditato» (Soprani, 1674, p. 228). Tali opere, commissionate sia da membri delle più influenti famiglie aristocratiche sia da mercanti, furono particolarmente ricercate nell’ambito del collezionismo cittadino e non solo, poiché nel 1651 una Circe di Vassallo venne menzionata nella raccolta del marchese del Carpio a Madrid (cfr. Orlando, in Anton Maria Vassallo, 2018, pp. 33-38, 40-49, con numerosi spunti in relazione ai committenti).
Il 29 dicembre 1641 nell’inventario dei quadri della collezione di Bartolomeo Carminati furono annotati tre dipinti del maestro genovese con Cristo in croce adorato da s. Francesco, l’Assunta e la Beata Giovanna della Croce riceve l’Eucarestia dagli angeli (Belloni, 1973, p. 51; Orlando, 1999, pp. 11, 149). Poco dopo il 1642, anno di pubblicazione della Istoria della celeste vocatione, missioni apostoliche e gloriosa morte del padre Marcello Francesco Mastrilli, indiano felicissimo della Compagnia di Giesù (Viterbo 1642), si colloca La Visione e il martirio del beato Marcello Mastrilli (Genova, Galleria nazionale della Liguria a Palazzo Spinola), ricordata da Soprani (1674, p. 228) nella casa professa della Compagnia di Gesù, che reca la firma e la data, solo parzialmente leggibile, «16[..]» (cfr. Zanelli, in Anton Maria Vassallo, 2018, pp. 9, 18 s.). La pala, per la quale è stata ipotizzata una commissione da parte della famiglia Spinola con destinazione a una cappella nella chiesa del Gesù dedicata al gesuita Carlo Spinola (Orlando, in Anton Maria Vassallo, 2018, pp. 40, 42), raffigura, infatti, un episodio della vita del beato Mastrilli, che, come indicato nell’iscrizione in basso a sinistra, fu martirizzato in Giappone il 17 ottobre 1637. Nel 1648 Vassallo firmò e datò la tela, decurtata in corrispondenza della parte superiore, con I ss. Francesco d’Assisi, Agnese da Montepulciano, Teresa d’Avila e Caterina da Siena (Genova, Musei di strada Nuova - Palazzo Bianco) proveniente dalla chiesa di S. Gerolamo di Genova Quarto, dove fu segnalata da Soprani (1674, p. 228) unitamente a una seconda tela, di cui l’erudito non precisò il soggetto, andata in seguito dispersa (Orlando, 1999, pp. 102 s., n. I.22, pp. 50, 52, per due studi messi in relazione alla tela; Garaventa, in Anton Maria Vassallo, 2018, p. 55; Orlando, ibid., pp. 42 s.). All’inizio degli anni Cinquanta del Seicento è ascritta la Madonna col Bambino e i ss. Benedetto, Bernardo e Lorenzo (Zoagli, chiesa di S. Ambrogio), in origine nella cappella dedicata a s. Bernardo edificata presso la località di Mexi (Krawietz, 1989, p. 188; Orlando, 1999, pp. 110 s., n. I.26, e in Anton Maria Vassallo, 2018, p. 43). Come ricordato ancora da Soprani (1674), Vassallo dipinse per il nobile Carlo Spinola «due tele in forma di mezaluna grandi, copiose di figure, e di buona maniera» (p. 228): si tratta dei dipinti con S. Simone Stock riceve lo scapolare dalla Vergine e La Vergine detta la Bolla Sabatina a papa Giovanni XXII (Genova, chiesa di S. Anna), per i quali è stata proposta una collocazione intorno alla metà del sesto decennio del XVII secolo (Orlando, 1999, p. 19; Garaventa, in Anton Maria Vassallo, 2018, p. 55; Orlando, ibid., p. 42). Agli stessi anni è ascritta l’esecuzione della serie composta da quattro ritratti raffiguranti altrettanti membri della famiglia Torriglia (tre a Chiavari in palazzo Rocca e uno in una collezione privata cittadina), la cui realizzazione è stata accostata alla personalità di Giovanni Torriglia (Orlando, in Anton Maria Vassallo, 2018, pp. 43, 45).
Risale al 29 aprile 1656 una nota d’archivio dalla quale si apprende che il pittore Cornelis de Wael decise di affidare a Vassallo alcuni suoi dipinti destinati alla vendita, «se ci sarà occasione [...] per conto mio, mentre che sarò fuori», trasferiti presso la casa del collega (Marengo - Santamaria, 2018, p. 151). Tale fonte consente di documentare lo svolgimento da parte di Vassallo dell’attività di mercante, prima non nota (Orlando, in Anton Maria Vassallo, 2018, p. 27). Egli compare inoltre in un atto del 10 aprile 1660 in qualità di perito «nominato dal signor Cornelio»: unitamente a Domenico Piola esaminò in quel giorno «quadri, carte e libri» venduti da Domenico Cattaneo a Wael (Marengo - Santamaria, 2018, p. 151). Il 29 agosto dello stesso anno Vassallo si emancipò dal padre Lorenzo, il quale sarebbe morto a Genova il 1° dicembre 1666, sei anni dopo, dunque, la scomparsa del figlio (cfr. Orlando, 1999, p. 11, e in Anton Maria Vassallo, 2018, pp. 40, 50 s., nota 59).
Tra il dicembre del 1657 e il novembre del 1658 varie opere riferite a Vassallo risultano menzionate nelle collezioni di Giovanni Francesco Bonfiglio (27 dicembre 1657: Belloni, 1973, p. 53; Orlando, 1999, p. 149), del nobile Giovanni Battista Ferrari (1° maggio 1658: due tele con l’Entrata degli animali nell’arca, la Visione di s. Giuseppe, Loth con le figlie, il Figlio prodigo vende la primogenitura, Susanna e i vecchioni, il Ritrovamento di Mosè; Belloni, 1973, p. 53; Orlando, 1999, p. 149), di Giovanni Maria Balbi (23 maggio 1658: quattro dipinti con Animali e uno raffigurante Putti con cane; Boccardo - Magnani, 1987; Orlando, 1999, p. 149) e di Giovanni Battista Raggi (4 novembre 1658: il Giudizio di Paride, la Favola di Callisto – probabilmente Diana scopre la gravidanza di Callisto –, il Rapimento di Proserpina, la Favola di Latona; Belloni, 1988, p. 149; Orlando, 1999, p. 149).
È ancora Soprani (1674, p. 229) a ricordare che Vassallo fu colpito in «immatura età» da una «malattia da principio non conosciuta» che rese necessaria, secondo il suo racconto, «una mutazione d’aria» con il trasferimento a Milano. Vassallo, attestato ancora a Genova all’inizio di aprile del 1660, il 3 giugno di quell’anno morì nel centro lombardo, «senza sospetto di peste», presso l’abitazione di un membro della famiglia Grillo in prossimità del quartiere di Porta Nuova (Orlando, 2004, p. 71, e in Anton Maria Vassallo, 2018, pp. 50 s., nota 59).
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