NERI, Antonio Lodovico
NERI, Antonio Lodovico. – Nacque a Firenze il 29 febbraio 1576 (1575 secondo il calendario fiorentino) da Jacopo e da Dianora dei Parenti.
Le notizie sui suoi anni giovanili sono scarse. Il padre era un medico, sposato nel 1570, e Antonio era il primo di altri tre figli maschi. Tra il 1585 e il 1600 fu ordinato sacerdote e viene talora designato come abate, anche se non ci sono informazioni sulla sua appartenenza o meno a uno specifico ordine religioso.
Nel 1601 cominciò la sua attività di sperimentatore nell’arte vetraria con Niccolò Landi presso il casino di S. Marco a Firenze.
Dal 1597 il casino, posto tra via S. Gallo e piazza S. Marco, era la residenza di don Antonio dei Medici, figlio di Bianca Cappello e di Francesco dei Medici, reggente e granduca di Toscana dal 1564 al 1587. Particolarmente interessato alla medicina, all’alchimia e alla nuova tradizione medico-filosofica inaugurata da Paracelso, don Antonio aveva fatto costruire nel casino una fonderia (un laboratorio) dove operava insieme ai suoi collaboratori alla ricerca di preparati e segreti alchemici e medicinali. Raccolse una consistente biblioteca chemico-medica e fornì un forte sostegno all’opera di traduzione di testi appartenenti al filone del paracelsismo che si opponeva alla tradizione medica di impianto aristotelico e galenico. Nel casino Neri entrò a far parte di un circolo di naturalisti impegnati nella ricerca medica, alchemica e chemica a partire da un retroterra costituito da magia, alchimia e paracelsismo
Nel casino di S. Marco e quindi a Pisa, Neri si dedicò con continuità alla fabbricazione del vetro e alla sperimentazione per la preparazione di particolari vetri colorati. Nel 1601 conobbe a Firenze il cavaliere portoghese Emanuel Ximenes, residente ad Anversa, che era in visita alla sorella ed era interessato all’arte vetraria. Rientrato ad Anversa, tra l’agosto 1601 e il 31 marzo 1611 Ximenes gli inviò varie lettere (oggi conservate nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze [ms. II, I, 391, cc. 1r-56r], descritte in Grazzini 1983-84) per ringraziarlo di diverse ricette, soprattutto per fabbricare vetri colorati. Le lettere confermano i progressi di Neri nell’attività vetraria, tanto decisiva da spingerlo a mettere a repentaglio la sua stessa salute per l’ansia di sperimentare.
Dal 1609 al 1611 si stabilì ad Anversa, ospite di Ximenes, e nelle Fiandre continuò la sua indagine sull’arte vetraria, cominciando a preparare il suo trattato. Nel marzo 1611 era di nuovo a Firenze e nel gennaio dell’anno successivo consegnò allo stampatore Giunti il manoscritto, pubblicato nel 1612 col titolo L’arte vetraria distinta il libri sette ... ne quali si scoprono, effetti maravigliosi, e insegnano segreti bellissimi, del vetro nel fuoco e altre cose curiose. L’opera, dedicata a don Antonio dei Medici, è uno testi più importanti sull’arte di fabbricare il vetro della prima età moderna.
I sette libri – per un numero complessivo di 133 capitoli di dimensione assai varia – comprendono per lo più ricette e regole per la preparazione dei vetri colorati. Lo stile espositivo è molto libero perché Neri alterna descrizioni e prescrizioni in terza persona a istruzioni rivolte direttamente al lettore, rappresentato come come un adepto desideroso di apprendere o perfezionare l’arte di fare il vetro. Il libro più ampio è il primo ed è dedicato alla preparazione delle sostanze che entrano nella composizione del vetro, ossia la materia fondente: vi sono descritte le diverse operazioni necessarie per la preparazione dei componenti di base, fondenti e silice. Rocchetta e polverino sono i termini utilizzati per indicare la soda in generale; cenere vegetale è la soda allorché si presenta in forma minuta o in pezzi più grossolani. Una parte del libro primo tratta della preparazione dei coloranti e Neri usa per le sostanze una nomenclatura di matrice alchemica o chemica non facilmente traducibile, in maniera esatta, nella moderna nomenclatura chimica. I vetri colorati sono riferibili al blu, al rosso, al rosso porpora, al giallo e al verde. I procedimenti illustrati e il linguaggio usato per indicare forni e attrezzi testimoniano la conoscenza e l’influenza delle tecniche utilizzate a Murano. I rimanenti libri riguardano la colorazione della fritta preparata ossia «una calcinazione di materiali che fanno il vetro» (L’arte vetraria, a cura di F. Abbri, Firenze 2001, p. 43). In particolare, il quinto libro è dedicato all’imitazione delle pietre preziose, una pratica che è all’origine dell’alchimia ellenistica in terra d’Egitto; il sesto riguarda gli smalti da orefici, mentre il settimo riguarda solo in parte il vetro perché qui Neri considera la colorazione di diversi oggetti. In questo caso non fa riferimenti a proprie esperienze compiute a Pisa o a Anversa ma probabilmente riprende conoscenze che circolavano grazie ai cosiddetti libri di segreti.
L’arte vetraria è un testo quasi esclusivamente di ordine tecnico. Neri vi sottolineava tuttavia il rilievo epistemologico e il valore dell’esperienza diretta, della pratica ripetuta, dell’importanza dell’arte in quanto capace non solo di imitare la natura ma di superarla. In tal modo intendeva rivendicare e conferire piena dignità culturale a un sapere operativo appartenente socialmente al mondo degli artigiani. Unica opera edita di Neri, conobbe una fortuna sorprendente dal punto di vista editoriale.
Nel 1661 apparve a Firenze una nuova edizione rivista, che aprì la strada alle ristampe veneziane del Seicento e del Settecento. Nel 1662, nel contesto della Royal Society di Londra, Christopher Merrett tradusse il trattato in inglese con diverse annotazioni sulla costruzione delle fornaci e sulla loro organizzazione nel ciclo produttivo del vetro. Il testo di Merrett servì da base per la traduzione in latino (Amsterdam, 1668) e quella in tedesco (Frankfurt-Leipzig 1678), curata dall’alchimista e farmacista Johannes Kunckel, a sua volta tradotta in francese nel 1752 da Paul Thiry barone d’Holbach, a testimonianza del rilievo storico del trattato di Neri e delle aggiunte dei vari traduttori e editori. È da segnalare che la traduzione di Kunckel era corredata da tavole in modo da favorire l’apprendimento dell’arte vetraria.
Nella dedica del libro Neri scrive di essere intenzionato a pubblicare il resto delle sue sperimentazioni «circa alle cose chimiche, e mediche» (L’arte vetraria, cit., p. 29). In realtà non pubblicò altro, tuttavia nel 2008 Paul Engle ha segnalato l’esistenza nella collezione Ferguson della Glasgow University Library in Scozia di un manoscritto illustrato a colori databile intorno al 1599 e attribuito a Neri: il Libro intitolato Il tesoro del mondo di prete Antonio Neri, che tratta di alchimia con diverse figure, non solo di forni, vasi, et instrumenti chimici, ma altre figure intorno alle miniere di tutti i metalli (Glasgow University Library, Special Collections, ms. Ferguson 67, GB 0247). Il manoscritto contiene il trattato di alchimia al quale Neri lavorò nel periodo fiorentino e conferma come egli fosse un alchimista attivo, noto per avere realizzato la trasmutazione dei metalli comuni in oro e per avere lasciato un’ermetica ricetta donum Dei. Nei manoscritti della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, si ritrovano inoltre una ricetta sul Lapis donum Dei ad rubrum, un’altra sul Lapis admirabile ad album (ms. Pal. Targioni 2, cc. 2r, 4r-5v), un Discorso e un (anonimo) ragionamento in merito all’arte chimica (ms. Conventi Soppressi, B.3.1613).
Il discorso sopra la chimica, che cosa sia, e sue operazioni dimostra che Neri aveva fatto proprie la filosofia paracelsiana, la nuova visione dell’alchimia, la filosofia chimica di matrice rinascimentale, i cui principi trovavano i loro riferimenti concettuali sia nell’antica tradizione alchemica greca e in quella medievale sia nella nuova filosofia medica di Paracelso, nutrita di filosofia ermetica e neoplatonica.
Morì a Firenze nel 1614.
Alchimia e tecniche artigiane interagirono nell’opera di Neri al punto che non ha senso separare il Neri vetraio dal Neri alchimista; la tradizione alchemica e quella ermetica favorirono lo sviluppo delle scienze sperimentali con cui non era assolutamente in contrasto una visione magica, ermetica, paracelsiana del mondo. Certo è che il primo trattato moderno a stampa dell’arte di fare il vetro e i vetri colorati è opera di un alchimista, filosofo paracelsiano, attivamente impegnato nella grande opera di perfezionamento e di trasmutazione delle cose vili in cose preziose.
Una ristampa anastatica dell’Arte vetraria è stata curata da R. Barovier Mentasti, Milano 1980, una nuova edizione da F. Abbri, Firenze 2001. Un elenco completo delle edizioni in L’Arte Vetraria. The art of glass, a cura di P. Engle, I, Hubbardston, MA 2003, pp. 79-81.
Fonti e Bibl.: A. N., in Biografia universale antica e moderna, XL, Venezia 1827, pp. 246 s.; P.F. Covoni, Don Antonio de’ Medici al Casino di San Marco, Firenze 1892, passim; R. Grassini, La chimica e la farmacia a Firenze sotto il governo mediceo, in Rivista di fisica, matematica e scienze naturali, VIII (1907), pp. 335-345, 426-440; M. Battistini, Italiani nel Belgio del secolo XVII: A. N. di Firenze, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, XVI (1934), pp. 10-20; P. Galluzzi, Motivi paracelsiani nella Toscana di Cosimo II e di Don Antonio dei Medici: alchimia, medicina “chimica” e riforma del sapere, in Scienze, credenze occulte, livelli di cultura. Atti del convegno...1980, Firenze 1982, pp. 189-215; C. Webster, Paracelsus and demons: science as a synthesis of popular belief, ibid., pp. 3-20; M.G. Grazzini, A. N. e l’Arte vetraria: conoscenze tecniche e motivi ermetico-paracelsiani, Firenze, Università degli studi, tesi di laurea in filosofia, a.a. 1983-84; G. Zanier, La medicina paracelsiana in Italia: aspetti di un’accoglienza particolare, in Rivista di storia della filosofia, XL (1985), pp. 627-653; D. Heikamp, Studien zur mediceischen Glaskunst. Archivialen, Entwurfszeichnungen, Gläser und Scherben, Florenz 1986, pp. 81-92; L. Zecchin, Vetro e vetrai di Murano. Studi sulla storia del vetro, I, Venezia 1987, pp. 153-177; A. Perifano, L’alchimie à la cour de Côme Ier des Médicis: savoirs, culture et politique, Paris 1997, ad ind.; P. Engle, L’Arte Vetraria, cit., I, pp. 76-86; F. Luti, Don Antonio de’ Medici e i suoi tempi, Firenze 2006, pp. 125-130 sul casino di S. Marco, pp. 158-164 sugli interessi scientifici di don Antonio; The art of glass: the world’s most famous book on glassmaking by A. N.; translated into English by Christopher Merrett, a cura di M. Cable, Sheffield 2006; P. Engle, Depicting alchemy: Illustrations from A. N.’s 1599 manuscript, in Glass of the alchemists. Lead crystal - gold ruby, 1650-1750, a cura di D. von Kerssenbrock-Krosigk, Corning, NY 2008, pp. 49-62.