Latella, Antonio
Latèlla, Antonio. – Regista e attore teatrale (n. Castellammare di Stabia 1967). Formatosi al Teatro stabile di Torino e alla Bottega teatrale di V. Gassman, ha iniziato a lavorare come attore – diretto da L. Ronconi, M. Castri, A. Syxty, E. De Capitani – alternando interpretazioni di testi classici e contemporanei. Nel 1998 ha firmato la prima regia, Aghata di M. Duras; dal 2004 si è stabilito a Berlino, dove, continuando a lavorare con l’Italia, si è dedicato anche all’opera lirica (Orfeo di C. Monteverdi e Orfeo ed Euridice
di C. W. Gluck, 2004; Tosca di G. Puccini, 2005). Il suo percorso artistico si è costruito attorno alle tematiche della diversità, del senso di appartenenza contro il sentimento di estraneità, del disagio del vivere, e con le sue messinscene ha riscritto con forza, crudeltà, veemenza e in modo provocatorio testi classici e moderni. Dopo aver vinto il premio Ubu 2001 con il progetto Shakespeare e oltre, ha proseguito a reinterpretare il mondo shakespeariano con una serie di spettacoli fra cui Riccardo III (2002), La bisbetica domata (2003) e La tempesta (2003), tornando nel 2008 all’Amleto (presentato nel 2001) con Non essere-Progetto Hamlet’s portraits, spettacolo articolato in quadri in cui, facendo un ritratto di tutti i personaggi della tragedia, ha messo in scena tutti i linguaggi del teatro, dal monologo alla performance, al teatro-danza, al teatro-immagine. L. ha attraversato anche altri universi poetici, in particolare quello di J. Genet (Stretta sorveglianza, 2001; I negri, 2002; Querelle, 2002) di cui ha colto il mondo ‘maledetto’ nella ribellione alle costrizioni e nelle esplosioni di danze tribali; quello di P.P. Pasolini (Porcile, 2003; Bestia da stile, 2004; Pilade, 2005) con spettacoli in cui ponendosi al servizio della parola amara e incisiva, con una scenografia essenziale, ha lavorato sulla fisicità degli attori per coinvolgere il pubblico. Dal 2006 ha realizzato uno Studio su Medea (articolato in tre capitoli: Medea e Giasone, Medea e figli, Medea dea) in cui, con un montaggio serrato, i suoni arcaici e i corpi nudi risultano funzionali alla sua interpretazione del mito. Sperimentando il modello tedesco di gestione di un teatro nel 2010 ha curato la direzione artistica del Nuovo teatro nuovo di Napoli con un progetto sul fondamentalismo politico, culturale e religioso. Nel 2012 ha portato in scena Die Nacht kurz vor den Wälden in cui ha riaffrontato, nella lingua d’adozione, la necessità di trovare un’identità nella diversità e nella fratellanza, e, in Italia, A streetcar named desire di T. Williams.