FREZZA (de Frizis), Antonio
Nacque probabilmente negli ultimi decenni del sec. XV a Corinaldo, cittadina della Marca di Ancona. Egli si sottoscrisse, generalmente, Frezza nelle opere in volgare da lui stampate e de Frizis nelle opere in lingua latina. Il F. si trasferì ben presto a Napoli, dove operò come tipografo dal 1517 al 1526, salvo una breve parentesi ad Aversa nel 1520.
Il Manzi ipotizza un'origine meridionale della famiglia Frezza, che potrebbe discendere da un certo Orso Frezza vissuto all'inizio del sec. XII e originario della città di Ravello. Il ramo di Antonio si sarebbe, invece, stabilito nella Marca anconitana per trasferirsi poi a Napoli, dove la sua presenza è attestata a partire dal Quattrocento.
Fin dall'inizio, il F. mostrò notevoli capacità come tipografo. Poiché all'inizio del secolo XVI non risultano tipografie a Corinaldo, e sembra improbabile che si fosse recato presso le tipografie di Jesi o Ancona, è da presumere che egli si sia trasferito a Napoli e abbia fatto pratica in un'officina della città, forse quella di Sigismondo Mayr. D'altra parte l'anno in cui si interruppe l'attività del Mayr è anche quello in cui ebbe inizio quella del Frezza: il 5 maggio 1517 con la seconda edizione dei Collectanea in diversos authores del grammatico napoletano Lucio Giovanni Scoppa.
La sua attività fu costante: dal 1517 al 1526 stampò 31 edizioni, due delle quali ad Aversa nel 1520. Proprio in quell'anno, infatti, si era trasferito in questa cittadina, a pochi chilometri da Napoli, per stampare due opere di Luca Prassicio, filosofo e nobile aversano: l'Impugnatiocontra Augustinum Niphum, dedicata al duca di Atri, Andrea Matteo Acquaviva d'Aragona, e le Confutationes in commentationes Augustini Niphi. Ma non abbandonò mai del tutto l'officina di Napoli, dove, sempre nel 1520, uscì per i suoi tipi un'altra opera dello Scoppa, le Grammaticae institutiones.
Fin dalla sua prima edizione il F. mostrò notevoli capacità come tipografo, ottenendo subito grande notorietà e molto lavoro. Nel 1518 stampò ben quattro edizioni, tra cui il Duello, libro de ri imperaturi principi signori, di Paride Dal Pozzo, che si distinse per la qualità eccellente della carta e la bellezza e nitidezza dei caratteri. La stampa delle Consuetudines Neapolitanae di Sebastiano Napodano, con le glosse di Scipione Di Gennaro, sempre del 1518, fu preceduta da un accordo stretto tra il Di Gennaro e il F., in cui venivano poste alcune condizioni, tra cui l'obbligo di impiegare gli stessi caratteri usati per l'edizione dello Scoppa, mentre la carta sarebbe stata fornita dal Di Gennaro stesso. Sempre in quell'anno, il F. si accordò con lo Scoppa, creando una vera e propria società che avrebbe dovuto avere una durata di cinque anni. Ma ciò non avvenne nei termini stabiliti, perché nelle edizioni del F. il nome dello Scoppa compare una sola volta come editore nella stampa dell'opera del Dal Pozzo e una seconda e terza volta come autore nelle edizioni delle Grammaticae institutiones e dello Spicilegium (1520 e 1526).
Il 1519 segnò l'inizio del rapporto tra il F. e il già menzionato duca di Atri, destinato a durare sino alla fine dell'attività del tipografo. L'8 novembre di quell'anno, infatti, per i tipi del F. fu stampata l'opera di A.M. Acquaviva d'Aragona, Officium pro cunctis diebus dominicis, della quale si ebbe una seconda edizione, sempre per i tipi del F., nel 1523. Nel 1526 il F. stampò la traduzione in latino e il commento dello stesso duca al De virtute morali di Plutarco. In questa edizione vennero usati, per la prima volta sistematicamente a Napoli, i caratteri greci, in precedenza usati solo in maniera sporadica dal Mayr e da Caterina De Silvestro. In tutte le altre sue edizioni il F. usò prevalentemente caratteri romani, in grande varietà di corpi. Qualche volta fece ricorso ai caratteri gotici, ma non usò mai il corsivo.
A partire dal 1522 il F. stabilì la sua officina nei pressi della Vicaria Vecchia, nella zona dei librai e vicino allo Studium, ma nel 1526 la spostò nel palazzo napoletano dell'Acquaviva. Qui stampò quella che si può senz'altro definire la sua edizione più pregevole, il De partu Virginis di Iacopo Sannazaro.
Si tratta dell'editio princeps dell'opera, nella redazione definitiva voluta dall'autore. Il F. lavorò direttamente sotto il controllo del Sannazaro, che aveva fornito per la stampa un suo codice di lavoro, l'attuale ms. Ashburnham 411 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Ne risultò un'edizione di particolare bellezza e perfezione. Di essa furono fatte alcune copie di lusso, stampate su pergamena, con l'impiego, soprattutto nei titoli, di caratteri dorati, e riccamente decorate con fregi, cornici, festoni.
Con la stampa dell'opera del Sannazaro si chiuse, praticamente, l'attività del F., che in seguito stampò soltanto due opere (già citate), ovvero la traduzione del De virtute morali di Plutarco e il dizionario latino-volgare, lo Spicilegium dello Scoppa.
Il F. non ebbe una propria marca tipografica, ma non omise mai nelle sottoscrizioni nome, cognome e indicazione della patria d'origine. Dopo il 1526 non si hanno più sue notizie.
Fonti e Bibl.: G. Bresciano, Documenti per servire alla storia della tipografia napoletana nel secolo XVI, in Zentralblatt für Bibliothekswesen, XXVIII (1911), 7-8, pp. 331-334; P. Manzi, La tipografia napoletana nel '500. Annali di S. Mayr… A. de Frizis… (1503-1535), Firenze 1971, pp. 167-226; G. Zappella, Tipografia campana del Cinquecento: centri e stampatori. Dizionario storico-bibliografico, Napoli 1984, pp. 17, 31; C. Bianca, La biblioteca di A.M. Acquaviva, in Atti del VI Convegno "Gli Acquaviva d'Aragona duchi di Atri e conti di San Flaviano", I, Teramo 1985, pp. 160 s.; Id., Dal libro a stampa al manoscritto. In margine a due codici di A.M. Acquaviva, in Misure critiche, XVI (1986), 58-59, pp. 74 s.; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del '500 in Italia, Firenze 1989, ad Ind.; T.R. Toscano, Contributo alla storia della tipografia a Napoli nella prima metà del Cinquecento (1503-1533), Napoli 1992, pp. 36-43; C. Bianca, A.M. Acquaviva e i libri a stampa, in Territorio e feudalità nel Mezzogiorno rinascimentale. Il ruolo degli Acquaviva tra XV e XVI secolo. Atti del I Convegno int. di studi su "La casa Acquaviva d'Atri e di Conversano", a cura di C. Lavarra, I, Galatina 1995, pp. 39-53.