EVANGELI, Antonio
Nacque a Cividale del Friuli (prov. di Udine) il 5 dic. 1741 da Giovan Battista e da sua moglie Maddalena di casato non conosciuto (Cividale, Arch. della parrocchia di S. Maria Assunta, Liber bapt. n. 9, 1733-1743), onde la generica data 1742 riportata da tutte le fonti edite è errata.
Giovanissimo entrò nella Congregazione dei chierici regolari somaschi, che teneva allora a Cividale il collegio di S. Spirito, passando però ben presto alla casa professa di S. Maria della Salute a Venezia, dove completò il primo ciclo di studi. Può essere di qualche interesse segnalare come Cividale abbia dato ai somaschi nel sec. XVIII altri tre personaggi di spicco oltre all'E., i padri G. B. Pisenti, F. Nicoletti e I. Stellini.
Nell'autunno del 1758 l'E. venne inviato a Roma insieme col confratello chierico D. Bortoloni, e vi giunse il 28 novembre prendendo stanza nel collegio Clementino, dove gli fu immediatamente assegnato l'ufficio di prefetto della quarta camerata, secondo l'uso di quella congregazione di affidare ai propri studenti incarichi nel collegio. A Roma restò per tre anni, completandovi gli studi superiori sotto i padri F. Papi e G. Pujati, studi conclusi l'11 sett. 1761 discutendo "con ugual prontezza di spirito, e sapere ... delle Tesi difficili a ben intendersi ed apprendersi, sulle quali fu da tre arguenti provocato" (Atti del Collegio Clementino, V, p. 10). Trasferito subito dopo al seminario patriarcale di Murano, vi restò poco, ché nel 1763 venne destinato come insegnante al collegio somasco di S. Croce a Padova, ove dimorerà per 35 anni, 30 dei quali reggendo la cattedra di retorica di quell'istituto. Il lungo periodo padovano, pur non presentando alcun avvenimento di rilievo al di fuori della routine d'insegnamento e di studio, fu però ricco di fermenti culturali e di stimolanti contatti, se si pensa che nel collegio di S. Croce in quegli anni si trovarono a convivere con lui I. Stellini, professore di etica, A. Barca, professore di diritto canonico, e G. Barbarigo, professore di fisica, tutti rinomati docenti dello Studio padovano, e che nell'ambiente si misuravano proficuamente l'indirizzo idealistico e vichiano dello Stellini e quello filologico e grammaticale di C. Volpi. Dello Stellini in particolare, "il novello Socrate", al quale succedette nella cattedra in S. Croce, l'E. si considerò il pupillo, come dimostrerà in seguito con l'edizione postuma delle opere di lui.
Logorato da un'applicazione trentennale che non conobbe mai un istante di riposo o di vacanza, nel 1793 l'E. lasciò l'insegnamento all'allievo I. Casarotti e nel 1799 rientrò a Venezia, nella casa professa di S. Maria della Salute da cui era partito giovane. Dal 1801, quando aveva circa 60 anni, cominciò a manifestarsi in lui una forma progressiva di alterazione mentale che lo porterà rapidamente ad uno stato di totale imbecillità, tale da impedirgli di esprimere o d'intendere il più semplice concetto, con saltuari accessi di follia furiosa, durante uno dei quali distrusse col fuoco i suoi innumerevoli manoscritti e schedari, vanificando così anni di lavoro e di ricerche: soprattutto grave fu la perdita di una monumentale Letteraria storia di Cividale, cui attendeva dalla giovinezza e che era pressoché completata.
Fu opinione comune dei contemporanei che le poche opere edite non rendessero giustizia alla sua profonda cultura e alla vastità della sua erudizione: il Casarotti, che convisse con lui per tre anni, afferma che "ciò che resta" dell'E. "prova quanto ei potesse, ma del lione non è che l'ugna". In effetti la preparazione dell'E. spaziava dall'assoluta padronanza delle lingue e delle letterature greca, latina, francese ed inglese ad una buona conoscenza dell'ebraico e dello spagnolo, ad una'stupefacente memoria delle cronologie e delle citazioni di autori anche minori.
Le prime cose da lui pubblicate furono probabilmente dei versi nella raccolta Poesie di autori diversi per il sig. Carlo Maria co. della Pace..., Venezia 1767, ed una traduzione in latino della Elegy written in a country churchyard di T. Gray, col titolo Thomae Gray elegia in rusticum sepulchretum, ex anglico in latinum conversa, Padova 1772, seguirono Amor musico, poemetto in ottava rima, Padova 1776, e diverse composizioni in raccolte d'occasione, sempre in lussuose edizioni in folio di grande eleganza, come un Carmen di 70 versi latini alle pp. 38 ss. delle Poesie nel solenne ingresso del cav. Pietro Mocenigo alla dignità di procuratore di S. Marco, Venezia 1780; Orazione nel solenne ingresso di s.e. Giannantonio Gabriel cancellier grande della Repubblica, stanze del p. A. Evangeli, ibid. 1785 (esiste anche un'altra ediz. Venezia 1785, alquanto differente, e Bassano 1785 col titolo Ottave a s. e. Gian Antonid Gabriel cavaliere cancellier grande nel suo solenne ingresso); Canzone per le felicissime nozze dell'eccellenze loro Marsilio Pappafava e Maddalena Toderini, ibid. 1789; Rime per la religiosa vestizione di s. e. Marietta Toderini nel venerando monastero delle rr. mm. eremite, Bassano 1795; e Canto professando la regola di S. Agostino ... Maria Toderini, terze rime, Padova 1796.
Nel campo delle traduzioni in versi pubblicò ancora Poesie liriche della Bibbia esposte in verso italiano, dedicate a mons. P. A. Zorzi arcivescovo di Udine, Padova 1793 (che saranno ristampate a Milano nel 1834 col titolo Poesie bibliche tradotte da celebri italiani, vol. III), di cui "si ammira il vigore e la fedeltà con cui traducono la bellezza delle Scritture". Pure postumi vedranno la luce a Venezia nel 1865, sotto il titolo di Poesie sacre del padre Antonio Evangeli Forogiuliense C. R. S., diciannove componimenti di vario metro, che erano stati recitati il 22 marzo 1799 nel seminario di S. Nicolò di Castello per una accademia sulla Passione di Gesù.
In quello stesso periodo ebbe incarico da C. Volpi, divenuto nel 1790 rettore del seminario patriarcale di Venezia e superiore provinciale dei somaschi, di una compilazione antologica italiana ad uso degli allievi di quel seminario: fu così approntata e pubblicata la Scelta di orazioni italiane di vari autori de' secc. XV e XVI fatte per uso della studiosa gioventù (Venezia 1796; 2 ediz., Padova 1797), con ampia prefazione e dotte annotazioni. Ma al Volpi non piacque né il tono della prefazione, che tendeva a privilegiare la lingua latina sull'italiana, ne la destinazione generica "alla studiosa gioventù", sicché, al momento di pubblicare a Venezia nel 1798 il secondo volume, la prefazione fu mutata, ed il frontespizio portò "per uso del Seminario Patriarcale di S. Cipriano di Murano", vi furono ristampe di quest'opera, una in Como per uso del collegio Gallio (in due volumi s. d.) ed una in Venezia nel 1805.
Come insegnante l'E. fu sempre di una diligenza esemplare (si volle perfino attribuire la sua malattia mentale all'eccessivo logorio in questa attività), e raggiunse un grado di conoscenza delle letterature classiche e dell'italiana da far sembrare - si stupivano i contemporanei - "che Boccaccio, l'Alighieri e il Petrarca gli erano passati in succo e sangue", cosi come "aveva già nelle midolle i latini". Pare che per compiacere gli allievi padovani avesse portato avanti un'opera su I monumentidel Petrarca in Padova, anch'essa scomparsa, e che, in occasione di una delle accademie di lettere che soleva tenere ogni anno a S. Croce per la chiusura dei corsi, avesse preparato saggi d'imitazione di dodici diversi poeti latini (non solo dell'epoca aurea, ma perfino di Lucano) e di dodici italiani, talmente perfetti da ingannare i maggiori esperti. Tuttavia, senza dubbio i lavori di maggior rilievo dell'E. sono quelli collegati all'edizione postuma delle opere di Iacopo Stellini che, come si è detto, gli era stato maestro e guida dalla gioventù: quando costui morì, nel 1770, si trovò che l'enorme cumulo di appunti delle sue lezioni di filosofia, costituenti un vero e proprio compiuto sistema, erano in tale disordine e talmente difficili da decifrare, anche a causa delle innumerevoli citazioni greche e latine, che solo l'E. sembrò essere in grado di interpretare i manoscritti che gli vennero consegnati dagli eredi.
Ciò richiese anni di duro lavoro, in collaborazione col confratello p. G. Barbarigo, che si occupò della sistemazione concettuale dell'opera dal punto di vista filosofico e scientifico, mentre all'E. toccò, oltre alla decifrazione e alla stesura formale, il compito di individuare autori e passi di centinaia di citazioni, spesso tutt'altro che noti. Apparve così IacobiStellini e Congregatione Somaschensi in Gymnasio Patavino olim professoris Opera omnia, in quattro voll., Padova 1778-79, dedicato a Luigi e Angelo Emo, figli di G. Emo che era stato il mecenate dello Stellini, comprendente un saggio sull'origine e il progresso dei costumi, il corso di etica in sei libri, più un settimo sull'amicizia, ed un'appendice. Ma all'E. non pareva d'aver completato il suo lavoro finché non avesse pubblicato, oltre a quelli filosofici, tutti gli scritti dello Stellini di qualunque natura; ne continuò dunque la raccolta, fino a pervenire alla pubblicazione a Padova, dal 1781 al 1784, di sei volumi di Opere varie di Giacopo Stellini C. R. S., ad ognuno dei quali fornì una utile e ampia prefazione ed innumerevoli annotazioni.
L'opera, curata questa volta unicamente dall'E., è così articolata: vol. I, 1781, Orazioni e altri ragionamenti (prefaz. dell'E., pp. V-XXIX); vol. II, 1782, Poesie originali e tradotte (pref. dell'E., pp. III-LIV); vol. III, 1782, Opuscoli matematici, con traduzione dei Nuovi principii della prospettiva lineare di B. Taylor (pref. dell'E., pp. III-XV), vol. IV, 1783, Lezioni di filosofia morale (pref. dell'E., pp. III-XXVI); vol. V, 1783, Cose di più generi (pref. dell'E., pp. III-XLVI); vol. VI, 1784, Lettere erudite, scientifiche e familiari (pref. dell'E., pp. IIIXXIX), fra cui al card. A. M. Querini, a G. R. Carli, A. Conti, F. Farsetti, M. Foscarini, C. Frisi ed A. Mazza.
L'E. morì a Venezia, nella casa di S. Maria della Salute, il 28 genn. 1805 per febbri acute.
Manoscritti dell'E. sono conservati a Genova, presso l'Archivio generale dei chierici regolari somaschi: ms. 220/140, Lettere (tra cui notevoli le lettere del 20 maggio e del 17 giugno 1780 ad A. Commendoni in difesa delle opere dello Stellini); ms. 82/27, Poesie latine; ms. 82/70, Frammenti sul p. Stellini; ms.82/64, Note lessicali italiane; ms. 82/72, Varia; ms. 82/73, Notizie sul Friuli; cfr. inoltre i mss. E-d 36, 39, 43, 50, 51, 52.
Fonti e Bibl.: Genova, Arch. gen. dei padri somaschi, Atti del Collegio Clementino, V; Ibid., doc. 94/107: G. Rado, Lettera mortuaria, Venezia, 28 genn. 1805; Diario ordinario (Chracas), 19 sett. 1761, pp. 3 s.; Giornale de' letterati (Pisa), XXXVIII (1780), pp. 279 s.; G. A. Moschini, Della letteratura veneziana dal sec. XVIII a' giorni nostri, I, Venezia 1806, pp. 60 n. 1, 169 s., 172 ss.; I. Morelli, Lettera al p. A. E. cividalese, in Operette minori, III, Venezia 1820, pp. 126 ss.; I. Casarotti, Trattato sopra la natura e l'uso dei dittongi italiani, in Prose e versi, Milano 1824, pp. 170-176; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, p. 353; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia e i suoi ultimi cinquant'anni, Venezia 1855, p. 675; G. Valentinelli, Bibliografia del Friuli, Venezia 1861, pp. 1174, 182; E. Di Manzano, Cenni biografici dei letterati ed artisti friulani dal sec. IV al XIX, I, Udine 1884, pp. 292, 488, 543; G. Cevasco, Breviario storico dei religiosi della Congregazione di Somasca, Genova 1898, pp. IV, 202; L'Ordine dei chierici regolari somaschi nel IV centenario della sua fondazione (1528-1928), Roma 1928, pp. 161 s.; A. M. Stoppiglia, Statistica dei padri somaschi, I, Genova 1931, pp. 13 s., 32-35, 227, 229; II, ibid. 1932, pp. 250 s.; E. De Goetzen, L'opera di J. Stellini, in Arch. stor. della filosofia italiana, III (1934), p. 235; E. Garin, La filosofia, in Storia dei generi letterari, II, Milano 1947, pp. 443 s.; G. Natali, Il Settecento, Milano 1955, p. 195; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, IV, p. 114; Biografia universale, XIX, pp. 201 s.