DEVOTO, Antonio
Nato a Lavagna (Genova) da Giacomo e da Bianca Solari il 12marzo 1833, nel 1854 emigrò in Argentina insieme con i fratelli Gaetano, Bartolomeo e Tommaso. L'emigrazione ligure, composta da marinai, artigiani, piccoli commercianti, si inserì facilmente, durante i decenni 1850 e 1860, nel tessuto economico, in rapida espansione, della giovane repubblica sudamericana. In particolare a Buenos Aires venne creato un intero quartiere ligure: la Boca. I Devoto, come i loro concittadini Rocca, ascesi da semplici garzoni ad industriali del saladero (lavorazione delle carni), seppero sfruttare la congiuntura economica favorevole, accumulando una crescente fortuna. Il D., con i fratelli, aprì alla Boca un coralon, un grande magazzino di materiali importati dall'Inghilterra (ferro e cemento Portland), legnami trasportati da navi liguri, zinco ed altro. Furono i capitali accumulati con questa attività commerciale e l'amicizia con il generale J. A. Roca, presidente della Repubblica tra il 1880 e il 1886, ad aprire al D. nuove prospettive di più lucrosi affari. L'ascesa economica, in questi anni si accompagnava quasi naturalmente all'ascesa sociale e la giovane borghesia di origine immigratoria riusciva spesso a stabilire proficui contatti con l'élite dirigente argentina.
Così il D. si impegnò nella valorizzazione agricola dei territori della pampa, conquistati agli indios dall'esercito argentino, guidato da Roca nelle campagne militari del 1879-80. Sulla base di una legislazione appositamente varata dal Congresso, il D. cercò di "colonizzare", insieme con altri emigranti provenienti dall'Italia settentrionale, le terre disponibili. L'iniziativa, in cui investì tutti i suoi averi, apparve comunque arrischiata: tale la giudicava, ad esempio, il banchiere inglese Tornqwist. Dopo pochi anni però i terreni acquistati a 7 centavo l'ettaro furono rivenduti a 500centavo l'ettaro.
La fortunata attività nel settore della colonizzazione proseguì negli anni seguenti e il D. e i fratelli entrarono nel novero dei grandi proprietari terrieri. L'estancia di Arroyo Dulce (provincia di Buenos Aires) si estendeva su 18.000 ettari, destinati per metà alla coltivazione dei cereali e per metà all'allevamento del bestiame bovino ed ovino. L'azienda più grande era però quella di Trenel, nella Pampa centrale (330.000 ha), acquistata, in società con i fratelli Bartolomeo e Tommaso e la ditta Devoto, Balbini e C.ia, nel 1904dalla compagnia inglese South American Land Company. Costituita la società Estancias y Colonias Trenel il D. lottizzò parte dei terreni, creando otto colonie - dai 10 ai 30.000 ha -: La Argentina, Italia, Antonio Devoto, La Elisa, Santa Filomena, Belvedere, Progreso Pampeano, Chadi-Leuquén. Le colonie erano affidate ad impresari i quali a loro volta affittavano i poderi ai contadini a condizioni definite dall'azienda "liberali e vantaggiose". Di criteri ferocemente speculativi, che facevano degli impresari "souvent des véritables aventuriers", parla invece R. Gaignard. L'area coltivata era seminata a cereali, soprattutto a grano. La commercializzazione dei prodotti era facilitata dall'allacciamento con la ferrovia dell'Ovest che lambiva, in direzione di Victorica, tutta la proprietà, facendo capo a tre stazioni.
Nonostante questa condizione favorevole, nel 1910 e nel 1912 scoppiò nelle colonie una protesta degli affittuari contro gli alti canoni d'affitto e le altre condizioni contrattuali giudicate eccessivamente onerose. A poco a poco il D. riprese in gestione diretta le fattorie e i suoi eredi e successori finiranno per vendere i singoli poderi agli affittuari, dopo la crisi del 1930. Nel 1947 gli ettari venduti erano ancora solo 41.000, ma in seguito il movimento delle vendite si accelerò e resteranno in proprietà poco più di 10.000 ettari degli oltre 360.000 che il D. aveva riunito verso il 1910. Infatti, alla fine del primo decennio del secolo, il D., oltre alle aziende di Arroyo Dulce e Trenel, ne possedeva molte altre nelle province di Buenos Aires, Santa Fé e Córdoba: La Merced di 4.400 ha, La Reserva di 1.500 ha; La Primavera di 2.400 ha; Laguna del Trigo di 12.000 ha; El Sauce di 24.750 ha; San José di 22.000 ha; La Adela di 1.700 ha; Colonia Devoto di 9.900 ha; Santa Rosa di 60.000 ha; Las Estecas di 21.600 ha; Los Milagros e Colonia Providencia. Impresari e coloni di tutte queste aziende agropastorali erano in grande maggioranza italiani.
Sviluppo dell'immigrazione ed espansione della "frontiera" (misurazione e messa a coltura del "deserto") sono i due fenomeni salienti della crescita economica dell'Argentina nella seconda metà dell'Ottocento. Essi risultano strettamente legati all'ascesa del D. e della sua famiglia che in breve, nell'immaginazione popolare, si trasformò nella "famiglia dei milioni". La conquista dell'Ovest argentino voleva dire anche la creazione di una rete ferroviaria sempre più fitta e il D. finanziò la costruzione di nuovi tratti ferroviari nelle province di Córdoba e Catamarca.
Nella sua carriera di colonizzatore egli non trascurò però le speculazioni nelle grandi città. Partecipò alla costruzione della rete idrica e fognaria di Buenos Aires e si inserì negli altri due settori che, insieme all'agricoltura agroesportatrice, sorreggevano lo sviluppo argentino: il sistema finanziario e la nascente industria locale. Nel 1872 si inaugurò a Buenos Aires il Banco de Italia y Rio de la Plata con un capitale di 7.758.000 lire oro. Il D. ne fu promotore insieme con altri imprenditori e commercianti immigrati e con un gruppo di banche italiane (Banco di Genova, Banca di depositi e sconti di Milano e Banco italico). Nel 1874-75 e dal 1882 al 1916 fu presidente di questo istituto. Con le succursali, aperte in tutte le principali città dell'Argentina e in quelle italiane di Genova (dal 1912) e Milano (dal 1921), costituì il centro propulsore di tutte le attività di una borghesia in formazione, che conservava ancora forti vincoli con la patria d'origine.
Gli interessi nel settore agricolo e il boom della speculazione fondiaria spinsero il D. a creare, nel 1887, il Banco inmobiliario. L'istituto acquistò le terre su cui sorse rapidamente il sobborgo di Villa Devoto, alla periferia della capitale. La crisi del 1890 e il ribasso nel valore dei terreni imposero però ben presto la trasformazione del Banco in società di assicurazione, La Inmobiliaria (1893), che operò sia nel settore agricolo sia in quello industriale proponendo per prima in Argentina un'assicurazione degli operai contro gli infortuni del lavoro. L'iniziativa venne favorevolmente accolta dagli imprenditori, che tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX si trovarono a fronteggiare numerosi scioperi e rivendicazioni operaie. Altro ramo assicurativo gestito fruttuosamente dalla compagnia fu quello contro la grandine, una delle principali calamità per la produzione agricola argentina. Il D., membro anche del consiglio direttivo del Banco de la Provincia, promosse il finanziamento dei settori più moderni e dinamici della nascente industria argentina. Gli imprenditori italiani alla fine del secolo XIX puntavano ad uscire dal campo dell'industria tradizionale (edilizia ed alimentare) e a superare le dimensioni della ditta artigianale, costituendo società per azioni, in grado di competere con il capitale inglese e francese. Il D. e i suoi fratelli parteciparono alla costituzione della Compañia general de fosforos nel 1889.
La società estese in breve tempo la sua attività dalla originaria fabbricazione di fiammiferi alla litografia e alla fabbricazione di carta (impiegando nel 1906 oltre 3.000 operai). Si trattò di una azienda all'avanguardia non solo per il progresso tecnico e il fenomeno della concentrazione verticale, ma anche sul piano delle relazioni industriali. Anticipando gli altri stabilimenti italiani e stranieri e la legislazione sociale, la Compañia istituì scuole per operai, società di mutuo soccorso, fondo pensioni, assicurazione contro la malattia e gli infortuni (tramite La Inmobiliaria), regolamenti igienici e orario di lavoro di otto ore giornaliere.
Nel 1903 il D. fu tra i promotori (e poi presidente) della società Frigorífico argentino, che costituì il primo esempio di iniziativa del capitale italiano nella lavorazione ed esportazione della carne congelata, monopolizzata fino a quel momento da poche ditte inglesi. Parallelamente al successo economico il D. conseguì un notevole prestigio sociale.
Nella "colonia" italiana di Buenos Aires godette di grande influenza. Socio onorario dei circoli e sodalizi più prestigiosi, fu tra i finanziatori e presidente dell'ospedale italiano, aperto nel 1872.
Donazioni ed opere di beneficenza (fece costruire la chiesa di S. Antonio e l'asilo Umberto I a Villa Devoto) fecero del D., dei suoi fratelli, della moglie Elina Piombo i membri più importanti dell'élite italiana di Buenos Aires. La rappresentò come consigliere municipale e promosse tutte le iniziative (come la costruzione di un monumento a Cristoforo Colombo) che ne rinsaldassero i legami con la Repubblica ospite. Con l'Italia mantenne un rapporto costante. In occasione della prima guerra mondiale, dalle sottoscrizioni patriottiche il D. passò alla costituzione di un "comitato italiano di guerra" per inviare contributi in denaro e facilitare il rimpatrio dei connazionali. Il 25 genn. 1915 il re d'Italia gli conferì il titolo di conte.
Diventato ormai un grande proprietario terriero, entrò a far parte a pieno titolo dell'oligarchia argentina. Quando, nel 1890, il presidente C. Pellegrini lanciò un prestito interno, per far fronte alle difficoltà provocate dalla crisi economica, il D. fu uno dei primi a sottoscriverlo per una ingente somma. Nel 1900 il presidente brasiliano Campos Salles, in visita ufficiale nella Repubblica argentina, trovò adeguata accoglienza nella casa della famiglia Devoto.
Fondatore di una vera e propria dinastia, destinata ad espandere negli anni successivi il suo potere economico e sociale, il D. dette il suo nome a sobborghi cittadini, scuole, stazioni ferroviarie. Egli morì a Buenos Aires il 31 luglio 1916.
Fonti e Bibl.: Comitato delle Camere di commercio ed arti, Gli Italiani nellaRepubblica Argentina, Buenos Aires 1898, pp. 206 s., 212; P. Ghinassi, Gli agricoltori ital. nell'Argentina, in Giornale degli economisti, XIII (1902), p. 64; F. Scardin, Vita ital. nell'Argentina, Buenos Aires 1903, II, pp. 513 s.; A. B. Martinez-M. Lewandowski, L'Argentine au XXe siècle, Paris 1906, p. 106; Comitato delle Camere di commercio ed arti, Gli Italiani nella Repubblica Argentina, Buenos Aires 1906, pp. 230-34, 665-83, 1080-84, 1103-43; E. Zuccarini, Il lavoro degli Italiani in Argentina dal 1516 al 1910. Studi, leggende, ricerche, Buenos Aires 1910, pp. 337 ss.; L. Devoto, Il conte A. D. nelle sue opere patriottiche e sociali, Milano 1917; Id., La vita gloriosa di A. D. in Argentina. La fondazione ital. "Antonio Devoto" in Chiavari, Chiavari 1930; F. Testena, L'epopea del lavoro ital. nella Rep. Argentina, Milano 1938, p. 93; N. Cuneo, Storia dell'emigr. ital. in Argentina , Milano 1940, pp. 181, 251, 334 s.; J. F. Sergi, Historia de los italianos en Argentina, Buenos Aires 1940, pp. 230 ss.; R. Gaignard, Origine et évolution de la petite propriété paysanne dans la pampa sèche argentine, in Les problèmes agraires des Amériques latines, Paris 1967, p. 233; D. Petrella-S. Sosa Miatello, Diccionario biográfico italo-argentino, Buenos Aires 1976, pp. 253 s.; E. Scarzanella, Italiani d'Argentina, Venezia 1983, pp. 30, 39, 64 s., 68, 134, 147, 163; Enc. Italiana, App. I, p. 513; D. A. de Santillan, Gran Enciclopedia Argentina, III, Tucumán 1957, p. 38.