DELLA VALLE, Antonio
Nacque a Soccavo, presso Napoli, il 13 febbr. 1850.
Si laureò in medicina e chirurgia nel 1873, Poi in scienze naturali nel 1874, infine in scienze fisiche e matematiche nel '75. A Napoli ebbe subito un incarico di insegnamento delle scienze naturali in un istituto tecnico e poco dopo la cattedra di scienze nel liceo "Uniberto" fino al 1884, quando vinse per concorso quella di zoologia e anatomia comparata all'università di Modena. Qui restò tredici anni, finché nel 1897 tornò a Napoli, succedendo a S. Trinchese anche come direttore dell'istituto di anatomia comparata per ventotto anni e, oltre all'insegnamento di questa materia'1 tenne anche i corsi di embriologia comparata, istologia e fisiologia generale. Perse molto presto il figlio Paolo e la moglie. Morì a Napoli nella notte tra il 5 e il 6 genn. 1935.
Fu tra i primi a frequentare la stazione zoologica, appena fondata da A. Dohrn e quindi i suoi studi ebbero come oggetto principale la fauna dei golfo napoletano. All'inizio si occupò delle Ascidie (e per gli studi su questo gruppo animale collaborava allo Zoologische Jahresbericht), una classe di Tunicati di non facile studio perché ad una generale omogeneità esterna delle forme non corrisponde la varietà dell'organizzazione interna, e perché è difficile isolare morfologicamente le forme semplici da quelle composte. Lo aveva già rilevato H. Lacaze Duthiers, lo zoologo dell'Istituto di Francia, maestro di A. Giard al cui orientamento sistematico si ispirò il -lavoro del Della Valle. Il primo naturalista che condusse ricerche accurate sulle Ascidie composte era stato J..., C. Savigny (Mémoires sur lès Animaux sans vertèbres, Paris 1816), cui si deve il riconoscimento e la descrizione delle Ascidie composte provenienti da molte regioni costiere d'Europa, Asia, Africa; tuttavia, questo materiale essendo costituito in gran parte da animali conservati in alcool, non consentiva il rilievo di dati fisiologici, embriologici ed ecologici che, dunque, mancavano nel lavoro del Savigny. Fra l'altro, in alcuni generi come i Botrilli, le Diazone e le Aplidie, le forme cambiano in poco tempo anche nel colore e devono perciò essere seguite a lungo e con continuità. Quanto alle Ascidie del golfo di Napoli, ne aveva fatto oggetto di studio S. Delle Chiaie, che però si era limitato alla pubblicazione di un elenco troppo breve e lacunoso.
Nel primo lavoro ascidiologico Contribuzioni alla storia naturale delle Ascidie composte del golfo di Napoli con la descrizione di alcune specie e varietà buove e di altre poco note (Napoli 1877), il D. si propose di raggiungere una conoscenza più precisa delle Sinascidie, con rettifiche e aggiunte all'opera di altri autori ed uno schema di classificazione modellato su quello di A. Giard: vi descriveva la morfologia, l'etologia e l'ecologia delle specie raccolte in sezioni, tribù e generi; indicava inoltre alcuni fenomeni di particolare interesse quali l'estivazione, la formazione e la regressione delle colonie.
Nel 1881 riprese lo studio delle Ascidie composte (Nuove contribuzioni alla storia naturale delle Ascidie composte del golfo di Napoli, in Mem. d. R. Acc. dei Lincei, cl. di sc. fis., mat. e nat., s. 3, X [1880-81], pp. 1-70) mettendole a confronto con quelle semplici e concludendo che la vera differenza utilizzabile per la classificazione consisteva nella fusione, che nelle prime si attua, dei mantello esterno individuale in una massa comune e nella riproduzione per gemme; trovava l'origine e la funzione del sacco incubatorio, osservava la presenza di gemme che poi formeranno gli individui della colonia nel mantello della larva. In particolare seguì lo sviluppo delle gemme nel genere nuovo Distaplia, di cui descrive due specie Distaplia magnilarva e Distaplia rosea (Distaplia, nouveau genre des Synascidies, in Archives ital. de biol., I[1882], n. 193-203) confrontandolo con quello dei Pirosomi, Perofore e Aplidi, e rendendo noti i dati relativi alla costituzione della larva ed al ciclo della colonia. Il genere Distaplia avrebbe, secondo il D., una posizione tassonomica intermedia tra i Distomidi, i Didemnidi e gli Aplidi. Quanto ai Botrilli, avendone seguito lo sviluppo del sacco peritoneale fin dalla larva, poté affermare con sicurezza che esso si forma dall'intestino primitivo: da ciò gli sembrò di poter convalidare l'opinione di Metschnikoff che parlava di tipo "enterocelico" delle Ascidie. O. e R. Hertwig, nella Coelomtheorie (in Studien zur Blättertheorie, Jena 1879-83), consideravano enteroceli tutti i Tunicati, ma non avevano dato alcuna prova di questa loro affermazione.
Contributi dunque fondamentali al chiarimento della complessa organizzazione delle Ascidie, questi del D., che si conclusero con le Osservazioni su alcune Ascidie del golfo di Napoli (in Atti d. R. Acc. d. sc. fis. e mat. [Napoli], s. 2, XIII [1908], 2, pp. 1-87), la maggior parte delle quali sono di carattere biologico. Esse si basano su ricerche condotte anni prima alla stazione zoologica, sulle caratteristiche anatomiche e fisiologiche di Diplosoma Listari, sulla rigenerazione individuale e il ringiovanimento della colonia di Diazona violacea, una specie coloniale che si riproduce per uova e per gemmazione. Si impegnò anche nella sistematica della intricata famiglia dei Didemnidi, di cui descrisse la migrazione della colonia, la trasformazione del tessuto ectodermico quando la coda si riduce nella metamorfosi, i movimenti delle appendici ectodermiche nelle larve e negli ascidiozoi, le variazioni morfologiche correlate a quelle ambientali. Insistette poi sulla validità dei due generi Tridemnum e Tetrademnum.
Certamente dagli studi biologici sulle Ascidie nacque per il D. l'occasione di studiarne alcune forme parassitarie come quelle della sottoclasse dei Copepodi, crostacei studiati in particolare da K. F. Claus, R. A. Kossmann e T. Thorell.
Nella nota Sui Coriceidi parassiti e sull'anatomia del genere Lichomolgus (in Atti d. R. Acc. dei Lincei, cl. di sc. fis., mat. e nat., s. 3, V [1879-80], pp. 107-24) il D. riprese l'argomento della tassonomia, cercando un valido criterio sistematico e propose di raccogliere in uno solo ben sette generi di Coriceidi che il Kossmann ed altri avevano tenuto distinti, basandosi sulla presenza e conformazione di certi organi e sull'attitudine alla vita parassitaria, il D. riteneva che si dovesse dare importanza più che a questi caratteri, al complesso dell'organizzazione. Aggiunse da parte sua tre specie al genere Lichomolgus e due all'Anthessius, un genere questo che egli crea sulla base dell'apparato boccale, sempre all'interno della famiglia dei Coriceidi, sostenendo questa sua linea sistematica con una descrizione molto esatta, per dimostrare la grande analogia del Lichomolgus con altri Coriceidi.
Ma il lavoro più completo ed apprezzato dagli zoologi sia contemporanei sia a lui posteriori, i quali ne fecero riferimento frequente per le ricerche di carcinologia, fu la monumentale monografia sui Gammarini del '93, scritta nel periodo inodenese, ma preparata da lunghe, minuziose raccolte e osservazioni anche al tempo della stazione zoologica, fin dal 1882. Aveva ricevuto campioni di questi Crostacei anfipodi da naturalisti di vari paesi, come P. Doderlein da Palermo, V. Ragazzi e R. Bresson da Genova, S. Lo Bianco da Trapani, D. Carazzi da La Spezia, A. F. Marion da. Marsiglia, il rev. C. A. M. Norman dalla Gran Bretagna, J. Sparre Sclineider dalla Norvegia e altri dal Giappone, Nuova Zelanda, Australia ecc., per cui era stato in grado di determinare anche specie assenti dal golfo napoletano e con caratteri anatomici diversi.
In Gammarini del golfo di Napoli (Fauna u. Flora des Golfes von Neapel, Berlin 1893), con un volume di testo ed uno come atlante di sessantuno litografie, il D. descrive sviluppo embriologico ed anatomia di tutti gli apparati organici, e con altrettanta ricchezza di dati e precisione, i caratteri biologici quali dimore, frequenze, atteggiamenti nel riposo, nella difesa, nella fecondazione, nella deposizione delle uova. Nella terza parte, dedicata alla sistematica, l'autore ricorda l'importante lavoro del 1852 di J. D. Dana sui Crostacei (Crustacea, Philadelphia 1852-55), esponendo insieme le ragioni delle modifiche da lui introdotte nell'ambito del numero e della disposizione delle famiglie. Completa il trattato con la distribuzione geografica delle specie e con un tentativo di delineare la filogenesi del gruppo.
Sembrerebbe quindi di poter definire la fisionomia del D. come quella del sistematico, aperto tuttavia alla più ampia valutazione fisiologica ed ambientale delle strutture specifiche.
E tuttavia vi fu un aspetto della sua ricerca che non è altrettanto noto, perché ad un lavoro estesosi lungamente nel tempo non corrispose altrettanta abbondanza di pubblicazioni: si cimentò infatti nel campo embriologico, ma privilegiando l'osservazione e la comparazione, anziché la sperimentazione, che, invece, alcuni suoi insigni contemporanei portavano avanti con successo.
Nella mernoria La prima formazione dell'embrione degli omeotermi durante la fase della "Nota primitiva" (parte I, in Atti d. R. Acc. d. sc. fis. e mat. [Napoli], s. 2, XVII [1927], 4, pp. 1-41), il D. si riferiva al programma di ricerca di K. E. von Baer il quale, nell'opera di decisiva importanza per l'embriologia dei decenni successivi, Ueber die Entwickelungsgeschichte der Thiere. Beobachtung und Reflection, Königsberg 1828-37, aveva cercato di collegare morfologia ed embriologia dei Vertebrati. Von Baer aveva concluso che il tipo longitudinale vertebrato dà precoce manifestazione di sé con l'insorgenza di una stria primitiva alla quale si collega tutto il successivo sviluppo morfogenetico. Il D. riteneva invece che lo studio comparativo non confermi sicuramente l'asserita priorità e dunque l'importanza determinante della stria primitiva. Peraltro, egli non contrappose alle vedute di von Baer altre tesi chiare e confutabili, ma si limitò ad insistere sulla necessità di circoscrivere, meglio di quanto altri non abbia fatto, il problema della fase originaria dello sviluppo o, con parole sue, della "fortezza da espugnare".
Opere: La luce negli animali, Napoli 1875; Note di anatomia comparata raccolte dalle lezioni del prof. P. Panceri, ibid. 1875; Recherches sur l'anatomie des Ascidies composée, in Archives ital. de biologie, II (1882), pp. 9-49, Sur le burgeonnement des Didemnides et des Botryllides, et sur le type enterocoelien des Ascidies, ibid., pp. 50-72; La scuola zoologica napoletana, Napoli 1883; Sul ringiovanimento delle colonie di Diazona violacea Savigny, in Rend. d. R. Acc. d. sc. fis. e mat. [Napoli), XXIII (1884), pp. 2326, Sopra le ghiandole glutinifere e sopra gli occhi degli Ampeliscidi del Golfo di Napoli, in Atti d. Soc. dei natur. di Modena, s. 3, VII (1888), pp. 91-96; Deposizione, fecondazione e segmentazione delle uova del Gammarinus pulex, ibid., s. 3, VIII (1889), pp. 107-20; Intorno ai movimenti delle appendici ectodermiche del Diplosoma. Listari, in Rend. d. R. Acc. d. sc. fis. e mat. [Napoli], XXXIX (1900), p. 172; La prima formazione dell'embrione degli omeotermi durante la fase della nota primitiva, in Atti d. R. Acc. d. sc. fis. e mat. [Napoli], s. 2, XVII (1927), pp. 1-41
Fonti e Bibl.: Necrol., in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat., 1935; M. Salfi, Comm. di A. D., in Atti d. Acc. Pontaniana, n. s., I (1947-48), p. 365; R. Taton, Histoire gin. des sciences, Paris 1961, III, p. 409.