CIOFFI, Antonio
Fu attivo a Napoli durante la seconda metà dei XVIII secolo nella Real Fabbrica di Capodimonte e nellaReal Fabbrica Ferdinandea come pittore miniaturista su porcellana.
Le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1755, anno in cui il giovane, che aveva già al suo attivo un apprendistato alle dipendenze del pittore sassone Johannes Fischer "direttore dei pittori" nella fabbrica di porcellana di Capodimonte, viene ufficialmente assunto nell'organico della manifattura reale con il soldo mensile di 3 ducati. Pochi anni dopo, nel 1759, quando Carlo di Borbone lascia Napoli per salire sul trono di Spagna (trasmettendo il trono di Napoli e di Sicilia al figlio terzogenito Ferdinando), la fabbrica di Capodimonte, viene chiusa e, per volere esplicito di Carlo, vengono imbarcate alla volta della Spagna anche le strutture amovibili della fabbrica della porcellana di Capodimonte, nonché i materiali per la composizione della pasta e la quasi totalità degli uomini componenti l'organico. Pochi sono gli artisti che rimangono a Napoli, e fra essi si trova anche il C. (Minieri-Riccio, pp. 291 s.).
Da questo momento, per un decennio - fino all'apertura della Real Fabbrica Ferdinandea, la nuova manifattura di Ferdinando IV di Borbone - non si hanno notizie che documentino l'attività del Cioffi. là però lecito supporre che nell'intercorso squarcio di tempo l'artista abbia lavorato sempre nell'ambito delle committenze di corte, probabilmente come miniaturista, così come - e lo si sa per certo - vennero impiegati altri artisti della estinta fabbrica di porcellana e lo stesso maestro dei giovani apprendisti, Luigi Restile.
Nel luglio del 1773, due anni dopo la apertura della Real Fabbrica Ferdinandea, il C. "fu pagato a ragione di ducati 12 al mese per tutti i lavori che avea fatto sull'antica porcellana di Capodimonte, e così pure dovea continuare per l'altra simile porcellana" (ibid., p. 295). Due anni dopo, nel 1775, il C. insieme con altri interni chiede un aumento di stipendio che gli viene concesso (ibid., p. 296): infatti, a partire dal 1776, negli elenchi "dei pesi da soddisfarsi dalla Real Fabbrica della Porcellana", il suo soldo risulta portato a 15 ducati. Salario modesto, se paragonato alle consuetudini odierne in quanto corrisponderebbe approssimativamente a L. 150.000; è tuttavia da notare che un tale soldo, ancora nel 1780, era fra i più alti, superato solamente da quello concesso a Domenico Venuti, il direttore della manifattura, che ammontava a 100 ducati, e dai 19 ducati percepiti dal famoso e poliedrico artista Francesco Celebrano.
La produzione artistica del C. presso la Real Fabbrica Ferdinandea raggiunse il suo apice proprio nel primo decennio della direzione di Domenico Venuti, ossia fra il 1780 e il 1790. Il suo nome ricorre sistematicamente nelle liste di artisti che con ruolo di responsabilità hanno lavorato per i celebri "serviti ufficiali", ossia per quel vasellame inviato in dono alle più importanti corti d'Europa: il "Servito Ercolanese" (1782-83) che il C. stesso e Giacomo Milani portarono in un viaggio deludente a Carlo III di Spagna (ibid., pp. 310-312, 380); lo "Stato di caccia" inviato alla corte di Vienna nel 1783 (ibid., p. 310); il "Servito Etrusco" ideato espressamente per Giorgio III d'Inghilterra, al quale venne donato nel 1787 dopo due anni di lavorazione (ibid., pp. 384 s.). Il C. insieme con il più giovane Milani (artistiche ben presto ricoprirà l'importante ruolo di "Direttore de' pittori" presso la, fabbrica napoletana) sono i veri ideatori e i responsabili delle composizioni più impegnative: il Milani appare già dotato di capacità direttive ed è citato come ideatore di molte composizioni mentre il C. è certamente il più valente miniatore, specialista in figure, gruppi di animali, e anche felice esecutore di tempere rappresentafiti i vari costumi regionali dei Regno (ibid., p. 315). Questa ultima notizia permette di considerare il C. come il vero braccio destro del Milàni anche per la realizzazione dello splendido servito decorato con le "Vestiture del Regno" realizzato fra il 1785 e il 1788.
In base alle notizie di archivio è permesso dedurre che il C. abbia continuato a lavorare per la Real Fabbrica Ferdinandea fino al 1800. Tuttavia a partire dal 1795 le sue prestazioni devono essersi andate riducendo in quanto, dalle liste dell'organico, risulta chiaramente che i "soldi" di altri artisti interni, quali il Milani e Filippo Tagliolini, sono in continua ascesa, mentre quello del C. si, arresta, a partire dal 1796, a 23,50 ducati (ibid., p. 322). Ancora nel 1805 si trova riportato a carico delle spese tale importo, ma poiché il suo nome non ricorre più nell'elenco degli artisti che risultano aver eseguito lavori, è da ritenersi che il soldo venne dal C. percepito come pensione anche negli anni di inattività vita natural durante.
Dei suoi figli ne seguirono l'arte Giuseppe e Gennaro.
Giuseppe si formò artisticamente presso la Real Fabbrica Ferdinandea. Presumibilmente vi entrò come apprendista intorno al 1790 in quanto si sa, da una sua dichiarazione in tribunale, che nel 1809 aveva trentadue anni ed è noto che i giovani venivano ammessi a circa dodici anni compiuti. Il suo nome figura negli elenchi degli "individui" fissi dell'organico a partire dal 1799 con il soldo mensile di soli 2,50 ducati (Minieri-Riccio, p. 334). Tuttavia un così modesto salario non è da ritenersi quale prova di sue limitate capacità artistiche; a partire dal 1796, infatti, in base al nuovo regolamento della manifattura reale, gli artisti non percepivano più retribuzione fissa ma venivano compensati secondo la nuova formula detta "a pezzi", ossia in base e proporzionatamente al lavoro effettuato. Da alcuni elenchi di dettaglio è possibile così valutare l'importanza della sua attività: nel maggio 1803 gli. vennero versati ben 58, 48 ducati e 17 nell'aprile del 1805. Nella raccolta De Ciccio, esposta nel Museo di Capodimonte a Napoli, è conservato un importante vaso firmato da lui e dal fratello Gennaro, che ne illustra le notevoli capacità'di decoratore: è decorato con una miniatura di Ferdinando IV racchiusa in medaglione.
Chiusa nel 1806 la Real Fabbrica, egli fu giocoforza. coinvolto nel triste destino che colpì la categoria dei ceramisti napoletani, caratterizzato essenzialmente dall'instabilità di occupazione. Triste iter professionale che vide anche l'artista passare in un primo tempo alle dipendenze della fabbrica del Poulard-Prad (il rappresentante della società privata che rilevò nel 1807 la estinta.Real Fabbrica Ferdinandea) ed in seguito tentare nuovi sbocchi professionali autonomi.
Gennaro non entrò mai nell'organico della fabbrica anche se il suo nome ricorre sistematicamente nelle liste degli artisti che lavorarono a "pezzi" (maggio 1803: 51 ducati; aprile 1805: 20 ducati). Dopo la chiusura della R. Fabbrica Ferdinandea, dal 1806 l'attività artistica di Gennaro non è più documentata, ma è quasi certo che il pittore abbia continuato la sua opera di decoratore su porcellana e di miniaturista.
Fonti e Bibl.: I documenti d'archivio riguardanti la fabbrica della porcellana di Capodimonte sono andati quasi interamente distrutti nel corso della seconda guerra mondiale. C. Minieri-Riccio e G. Nori, ricercatori scrupolosi, ai quali si può dare credito, li consultarono e pubblicarono i risultati dei loro studi negli Atti dell'Accademia Pontaniana, XIII (1880), passim. Per il secondo periodo, a partire dal 1771, il corpus dei documenti tuttora conservati nei vari archivi napoletani è stato pubblicato da A. Carola Perrotti, Laporcellana della Real Fabbrica Ferdinandea, Napoli 1978, ad Indicem.