BONSI, Antonio
Di antica e nobile famiglia fiorentina, nacque in data imprecisata nella seconda metà del secolo XV da Domenico.
Studiò legge a Pisa e, conseguito il dottorato, insegnò istituzioni di diritto civile in quello Studio negli anni intorno al 1516. Successivamente entrò, in data non nota, nella vita pubblica fiorentina. Nel 1523 risulta infatti membro della magistratura degli Otto di balia e in tale qualità si trovò coinvolto in uno scandalo che decise di tutta la sua carriera.
Il 19 nov. 1523 era stato eletto papa il cardinale Giulio de' Medici, che assunse il nome di Clemente VII, e un tal fiorentino Piero Orlandini, che aveva scommesso una grossa somma puntando sulla non elezione del Medici, notoriamente bastardo e come tale non papabile, osò avanzare la riserva di dovere accertare, prima di sborsare la somma, la validità dell'elezione. La questione fu rimessa agli Otto di balia che si riunirono in fretta e furia e deliberarono di mandare a morte l'Orlandini per l'affronto arrecato al papa con la sua incauta allusione all'impossibilità canonica dell'elezione. Solo il B. ebbe il coraggio di dire "liberamente che nollo voleva alla morte condannare senza la saputa del papa; ed ancora che Benedetto Buondelmonti, uomo tanto superbo quanto nobile, il quale il partito proposto aveva, lo sgridasse e spaventasse molto, egli animosamente diede alla scoperta la fava bianca". Lo scandalo fu tale che il B. si sentì seriamente in pericolo e pensò bene di premunirsi recandosi personalmente a Roma per implorare indulgenza dal nuovo papa, il quale "volendo mostrare che la morte di Piero [Orlandini] gli fosse da vero doluta e non fintamente, come si credeva, l'accolse lietamente e lodollo molto". Anzi fece di più: lo introdusse nella corte e gli assegnò incarichi.
La carriera al servizio di Clemente VII, intrapresa in circostanze così singolari, non fu delle più brillanti. In fondo il papa, a quanto assicurava il Varchi, non aveva dimenticato il suo gesto in favore dell'Orlandini e, sensibilissimo come era alla questione della sua origine illegittima, "nel segreto se non l'odiava, non gli voleva bene, tenendolo basso e povero sempre, nollo lasciò mai sorgere".
In effetti il B., dopo un primo incarico nel 1524, quando ritornò a Firenze per prendere possesso della diocesi per conto del cardinale Niccolò Gaddi, dovette aspettare ancora tre anni per averne un altro. Solo nel 1527, dopo il sacco di Roma e la rivolta di Firenze alla signoria medicea, il pontefice si ricordò di lui, nella speranza che il suo passato lo qualificasse in qualche modo ad allacciare i primi contatti con il regime repubblicano per sondare la possibilità di una riconciliazione con il papa mediceo. Fu mandato così a Firenze con il compito di "domesticarsi alquanto ed appiccare ragionamenti e pratica colla città". Ma era un tentativo destinato a fallire a motivo della sua attuale condizione di fedele cortigiano di Clemente VII: ormai infatti aveva perduto "quella reputazione e benevolenzia che coll'universale nel caso di Piero Orlandini acquistato s'aveva, e se parte alcuna rimasa ne gli era, questa venuta gliela tolse tutta. Onde non fu prima in Camerata nella villa de' Gaddi arrivato, che la Signoria, senza volere udire o intendere cosa nessuna, gli mandò dicendo che si dovesse subitamente partire".
Nonostante l'insuccesso della missione fiorentina, il papa, a corto di uomini per via della grave disorganizzazione della corte pontificia conseguente al sacco di Roma, continuò a servirsi del B.: il 3 genn. 1528 lo nominò vescovo di Terracina e il 3 marzo successivo governatore di Viterbo. Poté entrare in possesso della carica solo alla fine di maggio, perché la città era occupata da un capitano dell'esercito imperiale, Ottaviano Spiriti, che si rifiutò di consegnarla al governatore pontificio e cedette solo alla minaccia delle armi. Appena il B. si fu insediato, Clemente VII poté fare, il 1º giugno, il suo solenne ingresso nella città, trasferendovisi da Orvieto, dove si era rifugiato dopo la fuga da Roma in preda al sacco dei lanzi. A Viterbo il B. dette prova di buone capacità amininistrative, cosicché nel 1529 fu nominato vicelegato della marca di Ancona. Restò in questa carica fino al 1530: il 3 genn. 1531 fu nominato commissario generale addetto al sindacato dei governatori e degli altri funzionari locali dello Stato della Chiesa.
Nell'ottobre del 1533 seguì assieme alla corte il papa a Marsiglia per assistere alla cerimonia delle nozze di Caterina de' Medici con il futuro Enrico II. In questa città il B. morì nel corso dei festeggiamenti e, secondo il Varchi, "non molto contento" della carriera percorsa al servizio del papa.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., A. A. Arm., XI, 2553, capsa 1, n. 188; D. A. Contadore, De historia Terracinensi libri quinque, Romae 1706, p. 418; A. Fabroni, Historiae Academiae Pisanae, I, Pisis 1791, pp. 271-272; M. Leopardi, Series rectorum Anconitanae Marchiae, Recanati 1824, p. 51; S. Ammirato, Istorie fiorentine, X, Firenze 1826, pp. 8 s., 79; B. Varchi, Storia fiorentina, in Opere, I, Trieste 1858, pp. 16, 95; F. T. Perrens, Histoire de Florence..., III, Paris 1890, pp. 101-102; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica..., III, Monasterii 1923, p. 310; G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, II, 2, Viterbo 1940, pp. 55 s., 72; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, col. 1106 (con numerose inesattezze).