BERETTA, Antonio
Nato a Milano il 17 apr. 1808 da Luigi e da Maria Bontempi, si occupò dapprima dell'amministrazione delle proprietà agricole familiari, e poi, dal 1843, si dedicò alla vita pubblica, partecipando come assessore all'attività della Congregazione (cioè municipio) milanese, di cui allora era podestà Gabrio Casati.
Nel marzo 1848 diede vita con i colleghi della municipalità al governo provvisorio di Lombardia, che, dopo il passaggio del Ticino da parte dell'esercito sardo, rappresentò in qualità di comrnissario al campo di Carlo Alberto, nel periodo dal 9 al 29 giugno. Come appare dal carteggio al governo provvisorio, egli dimostrò perspicacia, riuscendo a vedere con chiarezza nell'intricata situazione politico-militare, resa ancor più critica dalla indecisione generale.
Dopo l'armistizio Salasco il B. emigrò a Lucerna, e di lì a Torino, ove fece parte della Consulta straordinaria di Lombardia. Dopo la disfatta di Novara si recò prima in Francia poi in Inghilterra, mentre in Lombardia i suoi beni venivano confiscati. Nel 1859, riavuta la disponibilità delle sue sostanze, fu eletto consigliere comunale, e il 10 febbr. 1860 nominato sindaco di Milano. In questa carica, mantenuta sino al 1867, dette opera intensa - pur se discussa - a risolvere i gravi problemi della città in via di sviluppo e inserita ora nel nuovo quadro nazionale. Non solo si gettarono le nuove basi dei pubblici servizi, rivolgendo lo sguardo alle necessità del futuro (basti considerare l'attività rivolta a fornire la città di adeguati istituti d'istruzione), ma venne data mano alla trasformazione del centro della città, alla costruzione di nuovi quartieri, all'allargamento del territorio urbano (inglobamento dei Corpi Santi, aggregati nel 1873).
Il problema della sistemazione di piazza del Duomo fu impostato dalla giunta Beretta sin dai primi mesi del 1860 (cfr. G. Giulini, La piazza del Duomo di Milano, Milano s.d. [ma 1928], pp. 83-141 e passim). Dopo lunghe discussioni, incertezze, e i lavori di tre successive commissioni, nel 1863 il consiglio comunale adottò il progetto, riguardante anche la costruenda Galleria (iniziata nel 1865, i lavori si protrassero con varie vicende fino al 1878), dell'architetto bolognese Giuseppe Mengoni, che poi non fu completamente realizzato. Nuove esigenze, e l'accrescimento della popolazione, determinarono la costruzione di nuovi quartieri, tutti intorno al 1865,tra cui quelli di via Solferino e di via Principe Umberto, a ridosso della vecchia stazione centrale, e quello di Porta Genova, dotato tra l'altro di una stazione ferroviaria opportunamente situata. Fu anche attuato un progetto per la costruzione del quartiere Loreto, di cui fu rilevata, tra gli altri dalla Gazzetta di Milano, la mancanza di regolare coordinamento.
La permanenza della giunta Beretta alla testa dell'amministrazione e il suo indirizzo avevano intanto provocato dissaponi, trasformatisi in malcontento sia per l'ampiezza del deficit comunale arrivato a 30 milioni (e il B. fu accusato di aver tollerato certe spese per smania di grandezza), sia per un episodio che fu tacciato di malcostume. Si trattava del prezzo di esproprio pagato ad un assessore, G. B. Marzorati, cognato del B., per una casa da demolire e che fu ritenuto esorbitante. La giunta non ritenne opportuno accettare una inchiesta sul suo operato, anzi querelò La Gazzetta di Milano: Il processo terminò con un non luogo a procedere. Il risultato fu di facilitare la costituzione di un combattivo raggruppamento d'opposizione, che comprendeva anche Il Secolo, La Frusta, Il Gazzettino, e che accusò il B. e gli altri amministratori di malversazione. Le polemiche, ed un certo disagio economico della città, anche a causa del trasferimento in Firenze, nuova capitale, di alcuni uffici con numerosi impiegati, favorirono l'affermazione della lista avversa al B. - appoggiata da La Perseveranza, comprendeva i nomi del conte Luigi Belgioioso, dell'industriale Ambrogio Binda, dell'avv. Pompeo Castelli, del notaio Alberto Parola - nelle elezioni parziali del 7 luglio 1867. Il sindaco, il 17 del mese stesso, presentò le dimissioni sue e della giunta. Le elezioni comunali del 15 dic. 1867, con la sconfitta del B., videro la fine del predominio di quel gruppo aristocratico - cui il B. aderiva e di cui godeva la fiducia - che aveva interessi immobiliari (e che ovviamente dovette pesare nella discussione sul piano di rinnovamento) e un orientamento politico moderato, ma scarsa capacità di manovra, e che non rifletteva più vaste esigenze.
Nel novembre 1862 il B. fu nominato senatore, e nel 1871 conte. Al Senato, per diverse sessioni, svolse mansioni di segretario della presidenza. Negli ultimi anni della sua vita, allontanatosi completamente dai pubblici affari, si stabilì a Roma, dove, cieco e quasi in povertà, morì il 14 nov. 1891.
Bibl.: Necrologio, in L'Illustrazione ital., 22 nov. 1891, pp. 323, 335; C. Fabris, Gli avvenimenti militari del 1848-49, Torino 1898, II, p. 19; A. Monti, Carteggi del Governo provvisorio di Lombardia…, Milano 1923, pp. 63-67; F. Reggiori, Milano 1800-1943, Milano 1947, pp. 111-125; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù. Cose vedute o sapute, 1847-1860, Milano 1926, pp. 410-11, 419, 431; P. Mezzanotte-C. G. Bascapé, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1948, p. 1082; Storia di Milano, XIV, Milano 1960, pp. 401, 446, 466 s., 470; XV, ibid. 1962, p. 31; Diz. del Risorgimento Naz., II, p. 244.