BARYE, Antoine-Louis
Scultore e pittore francese, nato a Parigi il 24 settembre 1796, morto nella stessa città il 25 giugno 1875. Figlio d'un orefice poco conosciuto, dal quale prese senza dubbio la passione per il bronzo e per le belle patine, fu allievo dello scultore Bosio (v.) alla Scuola delle belle arti, e nel 1820 ottenne il secondo premio di scultura con un Milone crotoniate divorato da un leone. Fu soprattutto in quest'epoca che ricevette i consigli del gran pittore barone Gros, che allora raccoglieva attorno a sé le giovani forze del romanticismo. Questo periodo, che della vita di Barye è il meno noto, fu specialmente occupato in lavori di cesellatura. Non v'è dubbio che il giovane subiva allora l'influenza del Géricault, morto nel 1823, uno dei pittori che col Gros avevano rinnovato lo studio del cavallo. Certamente fu in questo tempo che il B. cominciò a frequentare la Ménagerie, alla quale i lavori di Cuvier e di Geoffroy Saint-Hilaire avevano dato una grandissima importanza. I lavori da lui esposti al salone di quell'anno (busti e medaglioni) passarono inosservati. Ma nel 1831 B. si fece notare con una Tigre che divora un coccodrillo, opera famosa, seguita nel 1833 dal Leone che schiaccia un serpente, che oggi è al Louvre dopo avere per lungo tempo ornata la terrazza delle Tuileries. Questi due magnifici lavori portarono la rivoluzione nella maniera di rappresentare l'animale: tutta la ferocia della belva, tutta la violenza della natura selvaggia sono espresse in quei bronzi in cui si sente la carneficina e il sangue. Cervo atterrato da due levrieri, Cavallo abbattuto da un leone, Orso della Russia, Elefante asiatico, Due giaguari del Perù, Pantera del Marocco, Due giovani leoni del Capo, Due tigri del Bengala; ma è inutile enumerare tutta la serie delle opere celebri, in cui l'artista, con una scienza prodigiosa unita a una specie di divinazione della natura, faceva entrare la passione, il brivido del dramma e dell'epopea. Da quel momento le ordinazioni si susseguirono: B. eseguì il Leone della Colonne de Juillet (1836), simbolo monumentale dell'ira popolare. Nel tempo stesso faceva una Maddalena in marmo per la chiesa de la Madeleine e lavorava ad un trionfo da tavola, che non fu mai finito, per il duca d'Orléans. Ma la guerra era stata dichiarata tra l'Accademia e la nuova scuola, sicché tutte le opere del B. furono rifiutate dal giurì per il salone del 1837, e l'artista per lo spazio di dieci anni s'allontanò dai saloni; prese un brevetto e si mise a diffondere egli stesso quei piccoli soggetti, che costavano da 5 a 100 franchi, e che divennero popolari sotto il nome di "bronzi di B.".
La ricomparsa dell'artista nel salone del 1847 con il Leone in riposo segna una nuova epoca. Le forme si semplificano, i particolari scompaiono, l'espressione della vita è raggiunta con la precisione dei rapporti e delle masse; alla ricerca febbrile del movimento l'artista sostituisce quella dell'equilibrio, ed anche nei soggetti violenti l'opera è subordinata a una specie di grandezza statica. Così B. ritrova le leggi dello stile eroico. Sono di questo periodo le sue figure più belle, come lo splendido gruppo di Teseo e il Minotauro, che sviluppò più tardi nell'immortale Combattimento del centauro e del Lapito. Paragonate alle sue prime opere, come la Pazzia di Carlo VI, che conservano ancora il gusto romantico del pittoresco e dell'aneddotico, questi ultimi lavori assurgono alla concisione e alla nobiltà classica. Ora il B., che fino a questo momento era rimasto ristretto nel suo genere un po' disprezzato di rappresentatore di animali, si mostra un maestro pari ad ogni compito, il vero successore di Rude e il primo scultore della sua generazione. La rivoluzione del 1848 lo fece direttore del laboratorio dei gessi del Louvre e professore di disegno e di modellamento al Museum. Il secondo impero, grazie all'architetto Lefuel, gli affidò fin dal 1853 parecchi lavori importanti al Louvre, ossia i quattro gruppi in pietra, la Guerra e la Pace, l'Ordine e la Forza, per la facciata dei padiglioni di Richelieu e di Sully, e la decorazione scultoria del portico del Carrousel. Sul timpano, B. scolpì un Napoleone III, che fu distrutto dalla Comune; ai lati di questo frontone modellò due meravigliose figure di fiumi. Nel 1860 eseguì la statua equestre di Napoleone, che si erge sulla piazza del Diamante ad Ajaccio, e un nuovo modello dello stesso soggetto nel 1866 per la città di Grenoble. In quel momento l'artista era giunto alla gloria, ed era il maestro dei giovani, come Auguste Rodin, che nel 1864 esponeva il suo Uomo dal naso rotto. Finalmente l'Accademia cessò di tenere il broncio al B.: all'età di 72 anni, nel 1868, fu eletto membro dell'istituto. Sopravvisse alcuni anni, ma la sua carriera artistica era terminata.
Di carattere fiero e indipendente, egli occupa un posto speciale nell'arte del sec. XIX. Partito dal naturalismo puro, riuscì da sé stesso a liberarsi dal romanticismo e ad avvicinarsi più di qualsiasi altro contemporaneo alla bellezza classica. Alcune sue opere, come i gruppi del Louvre, hanno quasi la maestà delle statue di Fidia; e parecchi dei suoi piccoli bronzi, per esempio la statuetta della Vittoria, lo Studio di donna nuda o la giovane ammantata, detta Figura antica, più che Carpeaux e Rodin, fecondano l'arte di un Bourdelle, di un Despiau o di un Andreotti.
Era in stretti rapporti coi grandi refrattarî del romanticismo, soprattutto con Daumier, la cui arte poderosa è della stessa famiglia della sua, con il Corot, con il Delacroix e con Théodore Rousseau; quest'ultimo lo attirò ben presto alla foresta di Fontainebleau, e così B. entrò nel gruppo di Barbizon. E quelli furono gli unici viaggi ch'egli fece; B. ci ha lasciato anche qualche quadro a olio (un Ritratto di giovanetta al Louvre), e alcune belle litografie. La sua opera è ben rappresentata al Louvre (collezioni Thomy-Thierry, Camondo e Moreau-Nélaton) e al museo Bonnat a Bayonne. Fuori di Francia le più belle collezioni sono quelle del Metropolitan Museum a New York e del museo Walkers a Philadelphia. Dal 1894 un bel monumento sulla punta dell'Île-Saint-Louis, non lontano dalla casa ov'è morto, e composto della riproduzione delle sue figure più belle, ricorda ai passanti la gloria del B. (v. Tavv. LIX e LX).
Bibl.: A. Alexandre, Barye, Parigi 1889; Ch. de Kay, Barye, Life and works, New York 1889; Ballu, L'œuvre de Barye, Parigi 1890; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, II, Lipsia 1908; Ch. Saunier, Barye, Parigi [1926]; L. Benoist, La sculpture romantique, Parigi 1927.