ANTITESI (dal gr. ἀντίϑεσις "contrapposizione"; fr. antithèse; sp. antítesis; ted. Gegensatz; ingl. antithesis)
Come termine filosofico, l'antitesi è un generale rapporto d'opposizione tra due concetti, variamente determinato e messo in valore nelle singole concezioni speculative. Aristotele, che per primo ne teorizzò particolarmente i diversi aspetti, distinse (cfr. p. es. Categ., 10, 11 a 16, segg.) quattro modi di essere in rapporto di antitesi (ἀντικεῖσϑαι): la relazione (πρός τι), la contrarietà (έναντιότης), la steresi (στέρησις καὶ ἓξις) e la contraddizione (ἀντίϕασις, formata dall'affermazione e dalla negazione, κατάϕασις e ἀπόϕασις). Il problema del rapporto tra queste varie forme di antitesi, già essenziale per l'interpretazione della filosofia e specialmente della logica aristotelica, come, di conseguenza, di quella scolastica, assunse poi grande importanza nel pensiero moderno, quando la posizione kantiana delle antinomie pose all'idealismo posteriore il problema del loro superamento, nelle varie concezioni della dialettica, come conciliazioni dell'antitesi con la tesi nella sintesi.
Come figura retorica, l'antitesi è una delle più note. Fu abusata dai secentisti, non del solo Seicento. L'antitesi si fa in due modi: o affermando una cosa, e negando al tempo stesso la contraria (Ed era gueljo, e non fu ghibellino: così di Dante dice Antonio Pucci, Centiloquio, LV, 144); o ponendo a riscontro due fatti opposti, tutti e due reali, che s'illuminino a vicenda (A ciò non fui io sol, disse, né certo Senza cagion sarei con gli altri mosso; Ma fui io sol colà, ecc.: Dante, Inf., X, 89 segg.).