ANTEMIO Procopio ('Ανϑέμιος Προκόπιος, Anthemius Procopius)
Quintultimo imperatore romano di Occidente. Nacque a Costantinopoli da nobile famiglia: per parte di padre discendeva da Procopio, che nel 365 aveva usurpato il titolo imperiale; il suo nonno materno fu Antemio, prefetto di Costantinopoli (v. sopra).
Egli stesso sposò Eufemia, unica figlia dell'imperatore d'Oriente Marciano, fu console nel 455 ed alla morte del suocero avrebbe potuto aspirare alla successione. Rimase peraltro in buoni rapporti col nuovo imperatore Leone e combatté contro Goti ed Unni.
Nel 467 Ricimero, che da oltre dieci anni spadroneggiava in occidente ed aveva successivamente innalzato e deposto o ucciso tre imperatori, per ottenere l'aiuto della parte orientale dell'impero nella lotta contro Genserico, re dei Vandali, chiese all'imperatore Leone di designare egli stesso il collega per la parte occidentale "dimenticando così le antiche discordie" (Sidonio Apollinare, Panegir. ad Anthemium, v. 478). Fu scelto A. che dovette acconsentire al matrimonio della figlia Alipia con Ricimero e che, venuto in Italia con un forte esercito, fu acclamato Augusto presso Roma il 12 aprile 467.
Nel 468 assunse per le seconda volta la dignità consolare e in tale occasione il poeta Sidonio Apollinare pronunziò un lungo panegirico e ne ebbe in ricompensa l'ufficio di praefectus urbi. A. si dispose a combattere i Vandali, ma la guerra non ebbe esito felice e, per colmo di sventura, il generale Marcellino, che l'imperatore aveva condotto dall'Oriente, quale sicuro appoggio, cadde vittima di una congiura ordita probabilmente da Ricimero. Così tra il suocero e il genero si venne a lotta aperta, e Ricimero con 6000 uomini si stabilì a Milano, pronto a muovere su Roma. La guerra civile, evitata in un primo tempo dall'autorevole intervento di Epifanio, vescovo di Pavia, scoppiò nel 472, quando Ricimero fece eleggere Augusfo Olibrio, che era appoggiato da Genserico. Si venne a battaglia per le vie di Roma: dopo una sconfitta subita di fronte alla Mole Adriana, A. si rifugiò nella chiesa di S. Crisogono in Trastevere, ma fu scoperto e ucciso (11 luglio 472). Così finì questo imperatore, che, per il valore militare, per l'ingegno e per il nobile tentativo di scuotere il giogo barbarico e ripristinare in Occidente l'autorità imperiale, avrebbe meritato sorte migliore.
Bibl.: A. Thierry, Derniers temps de l'empire d'Occident, Parigi 1876, pp. 1-133; G. Cantarelli, Annali d'Italia (n. 455-476), in Studî e documenti di storia e diritto, XVIII (1896); O. Seeck, Geschichte des Untergangs der antiken Welt, VI, Stoccarda 1920, pp. 355-375; H. Bury, History of the later Roman Empire, I, Londra 1923, pp. 314, 335-340.