ANSUINO da Forlì
Visse nel sec. XV, legato alla scuola pittorica padovana più che a quella romagnola, per quanto è noto sia dai documenti sia dalle opere. Marcantonio Michiel, sulla fede di G. Campagnola, riferisce infatti che fu, insieme con Nicolò Pizzolo, probabilmente più giovane di lui, fra i collaboratori del Lippi nella decorazione della Cappella del Podestà di Padova (1434-37). Insieme con il Pizzolo e al Mantegna lavorò sempre a Padova alla Cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani, dove firmò lo scomparto mediano della parete di destra rappresentante la Predica di s. Cristoforo, accanto a quello sottoscritto da Bono da Ferrara. Sembra da riferirsi a questo lavora il pagamento che ricevette il 30 ott. 1451, che segue di tre mesi quello versato a Bono. In base all'esame di questo affresco lo Schmarsow (1886, p. 305; e 1897, pp. 180 ss.) attribuì ad A. anche l'esecuzione delle due lunette superiori con S.Cristoforo che lascia il Re e S. Cristoforo col Diavolo, attribuzione che trovò consensi; ma il Longhi accennò per le lunette alla collaborazione di Gerolamo di Giovanni da Camerino, cui lo Zeri riferisce senza esitazione il S.Cristoforo che lascia il Re.
Nell'esame dell'operato di A. a Padova (distrutto nel bombardamento dell'11 marzo 1944; solo Pochi frammenti si sono potuti riconoscere e ricollegare) si palesa l'indubbia efficacia dei suggerimenti del Mantegna; infatti nella scena di A. si nota un progressivo allontanamento dalle suggestioni dei Lippi verso quelle di Donatello, analogo, benché meno cosciente e coerente, di quello che si riscontra nelle quattro scene corrispondenti e contemporanee dei Mantegna sulla parete di fronte. Già lo Schmarsow (1886, p. 306; 1897, p. 187) aveva sottolineato la debolezza della personalità stilistica dì A. evidentemente sempre pronto a seguire chi gli è più vicino. Con molta acutezza rilevava ancora la eco del fare di Andrea del Castagno, la cui opera a Venezia non era ancora nota, e che certamente determinò in A. la predilezione per i contorni pesanti, per alcuni tipi fisici caratteristici, inducendolo a creare i prototipi di quell'umanità solenne per apaticità, peculiare della pittura padovana in confronto a quella toscana, come fu osservato dal Cavalcaselle. Rintracciate le origini toscane del linguaggio di A., venne rettificata l'interpretazione dei Lanzi, che ne aveva parlato come di un allievodello Squarcione, mentre si avvalorò la sua ipotesi che A. fosse stato il maestro di Melozzo, ipotesi che si basa su affinità geografiche piuttosto che stilistiche, ma che viene spesso ripetuta come osservazione originale. In realtà A., per quel che lo conosciamo, non può esser stato che il mediatore di una diretta conoscenza dei Mantegna per Melozzo.
Molte furono le opere di scuola padovana che furono battezzate col nome di A., ma, come asserisce giustamente il Coletti (1953, p. LXXXI), nessuna attribuzione è veramente convincente. Quasi concordemente è accettata oggi la restituzione a Baldassare d'Este del Ritratto di giovane del Museo Correr, che porta le sigle A. F. P., svolte dal Lazzari in "Ansuinus Forlivensis Pinxit", ma che possono riferirsi al ritrattato invece che al pittore, come già aveva supposto lo Schmarsow (1897, pp. 188 s.); l'attribuzione ad A., che riscosse un certo credito anche da parte di A. Venturi, rischiava di suggerire una biografia infondata di A., convertito ai modi ferraresi. Lo Schmarsow (1897, pp. 178 s.) aveva indicato come di A. la Sacra Famiglia (o piuttosto Sposalizio di s. Caterina) del Museo di Altenburg, che fu restituita dal Berenson a Domenico Morone. La vecchia attribuzione di una Adorazione dei Magi del Louvre venne rettificata a favore di Bernardo Parentino da A. Venturi. Il Fiocco ritenne per un certo periodo di A. i cosiddetti Tarocchi del Mantegna (Bergamo, Accad. Carrara; New York, Morgan Library), ma abbandonò poi questa ipotesi; egli sostenne poi che A. collaborò col Mantegna per i cartoni del musaico della Morte della Vergine nella Cappella dei Mascoli in S. Marco a Venezia, per i quali l'intervento del Mantegna stesso è assai controverso. Sembrano pure poco convincenti le attribuzioni ad A. della Madonna del Santuario di Tresto (Este) e del Crocefisso con orante del Museo di Verona, che erano state ugualmente avanzate dal Fiocco (1927, p. 160).
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