ansia
Stato emotivo spiacevole caratterizzato da apprensione, incertezza e penosa attesa con cui sono vissuti un pericolo o una minaccia. Il pericolo può essere esterno o indicare un disagio interno. L’a. può accompagnarsi alle tipiche manifestazioni somatico- vegetative con cui il corpo prepara l’organismo ad affrontare un pericolo (tachicardia, senso di costrizione alla gola, aumento della sudorazione, pollachiura, irrequietezza motoria, pallore, tremore, ecc.) e ad atti volontari e involontari, diretti a rapportarsi all’evento ansiogeno. Spesso l’a. e la paura possono sovrapporsi ed essere difficilmente distinguibili, anche se la paura è più legata a pericoli espliciti che nell’a. possono mancare. In termini generali l’a. ha una funzione centrale nel nostro modo di essere perché, se motivata, può spingere all’attività, alla vigilanza e alla ricerca. Tuttavia, può avere un effetto disfunzionale (per es., riduzione dell’efficacia dei processi mentali) o decisamente patologico quando diventa intensa, duratura (non controllata dai sistemi specifici) e soprattutto se invade e disorganizza l’affettività e le funzioni cognitive. In tali casi si parla più propr. di angoscia (➔).
In generale, la probabilità di sviluppare l’a. è correlata a una combinazione di fattori ambientali che generano stress, che possono essere individuali, psicologici e genetici. I disturbi di panico, per es., sono familiari e s’ipotizza che presentino una componente genetica. Recenti osservazioni suggeriscono che alcuni geni possano accrescere il rischio del disturbo codificando una riduzione di espressione dei recettori serotoninergici. Le sindromi ansiose sono le più comuni malattie psichiatriche, con un’incidenza di circa il 18÷20%. Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) propone sei categorie di disturbi di a.: i disturbi di panico (➔ angoscia) (prevalenza 4÷5%) caratterizzati da attacchi improvvisi di a. che raggiunge il picco in circa 10 minuti; il disturbo acuto da stress (➔ stress e adattamento); il disturbo post-traumatico da stress (causato da atti di violenza o di aggressione fisica severa, esperienze di prossimità di morte, incidenti, testimonianza di un omicidio, combattimento); il disturbo ossessivo-compulsivo (➔) (prevalenza 2÷3%, caratterizzato da pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che creano a. o paura e che costringono la persona a mettere in atto comportamenti rituali o azioni mentali per ridurre il senso di disagio e l’a.); il disturbo d’a. generalizzato (preoccupazione cronica, incontrollabile, per qualsiasi genere di circostanza o attività); le fobie (paure estreme, irrazionali ed esagerate per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia).
Gli aspetti neurobiologici dell’a. e dei disordini di a. sono stati in parte chiariti dai progressi negli studi sul condizionamento (➔) classico o pavloviano e sull’apprendimento e la memoria. Condizioni che generano a. o paura sono evocate quando uno stimolo neutro (per es., un suono) è accoppiato con uno stimolo nocivo incondizionato (scarica elettrica sulla pianta dei piedi). L’esposizione ripetuta a tale accoppiamento fa sì che l’a. e la paura emergano alla sola presentazione dello stimolo neutro. L’area cerebrale coinvolta nell’acquisizione e negli aspetti espressivi dell’a. è l’amigdala, una struttura ovoidale di sostanza grigia che si trova nel lobo temporale mediale. L’amigdala è composta da 13 nuclei, tre dei quali (basale, laterale e centrale) fanno parte dei circuiti nervosi dell’a. e della paura. Il nucleo laterale riceve informazioni dal talamo e li ritrasmette al nucleo basale per via breve e attraverso una via lunga dall’insula e dalla corteccia sensitiva e prefrontale. Le proiezioni a regioni differenti dell’ipotalamo attivano il sistema nervoso simpatico e inducono il rilascio degli ormoni dello stress, come il CRH (l’ormone ipotalamico di rilascio dell’ACTH) che porta al rilascio dei glucocorticoidi dalla corteccia surrenalica. Queste connessioni sono implicate nelle manifestazioni somatiche e comportamentali legate all’ansia. Lesioni del nucleo laterale o di quello centrale cancellano l’acquisione della paura condizionata e della memoria a essa legata. Attraverso tecniche di visualizzazione cerebrale (PET, RMN) è stato possibile visualizzare negli esseri umani gli effetti deleteri prodotti dai glicocorticodi, gli ormoni che sono rilasciati in condizioni di stress dal surrene, sull’ippocampo. Negli individui con disturbo post-traumatico da stress e negli animali esposti a stress cronico, è stata osservata una riduzione delle dimensioni dell’ippocampo. Si ritiene che tale alterazione possa interferire con la capacità dell’individuo di utilizzare la memoria per una precisa valutazione della natura dei fattori ansiogeni. In linea con i correlati neuroanatomici, diversi neurotrasmettitori e neuromodulatori sono alterati nell’a.: serotonina, norepinefrina, acido γ-amminobutirrico (GABA), ormone ipotalamico di rilascio dell’ACTH e colecistochinina. La serotonina e il GABA sono inibitori che riducono e placano la risposta allo stress.
I pazienti con i disturbi d’a. possono trarre giovamento sia dalla psicoterapia sia da interventi farmacologici, come anche da una terapia psicologica e farmacologica integrata. Le benzodiazepine (➔) sono farmaci relativamente sicuri che hanno effetto antiansia e sedativo-ipnotico, rapido e profondo. Si utilizzano perché la loro azione terapeutica potenzia e rende più duratura l’azione inibitoria del GABA. Sono invece inefficaci nel disturbo ossessivo-compulsivo e nel disturbo posttraumatico da stress, che sono trattati più efficacemente con gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotina (SSRI), farmaci che aumentano i livelli sinaptici di serotonina. Il buspirone (agonista parziale del recettore 5HT1A) della serotonina è invece utilizzato nel trattamento del disturbo d’a. generalizzato.