GIANFANTI, Anselmo
Nacque a Montiano presso Cesena il 28 sett. 1857 da Giacomo, di mestiere calzolaio, e da Luigia Fabbri. La famiglia, numerosissima, si trasferì a Cesena quando il G. era ancora bambino. Avviato agli studi tecnici, ricevette i primi rudimenti di disegno da G. Magazzari, docente presso la scuola tecnica di Cesena.
La sua prima formazione culturale avvenne dunque in Romagna, dove continuava ancora a imperare il gusto classicista. Dopo aver avuto origine e diffusione in età napoleonica e durante la Restaurazione, principalmente a opera dei letterati Vincenzo Monti e Pietro Giordani, la cultura neoclassica cesenate nella seconda metà del secolo presentava una inevitabile desemantizzazione dei suoi più profondi contenuti, attaccata sempre più duramente dalle nuove correnti artistico-letterarie di marca verista, antiaccademiche e cosmopolite cui, una volta lasciata Cesena, il G. avrebbe presto aderito.
Distintosi per la propensione all'arte, nel 1876, anno in cui concluse gli studi avviati, il G., grazie a un sussidio elargito dal Comune, ebbe la possibilità di trasferirsi a Firenze e studiare presso il Regio Istituto di belle arti, dove venne a contatto con le più aggiornate poetiche artistiche e soprattutto con la pittura cosiddetta di macchia.
Tuttavia, fu il magistero del pittore napoletano D. Morelli - che col gruppo dei macchiaioli aveva da tempo avviato un fecondo dialogo - ad avere il ruolo preminente nella formazione del G. che, nei primi mesi del 1879, si trasferì a Napoli (Pieri, 1983).
La corrispondenza e i numerosi schizzi allegati inviati dal G. all'amico e congiunto A. Zavatti (oggi conservati presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena) testimoniano la piacevolezza dei giorni trascorsi nella città partenopea, l'alunnato presso S. Lista, il rapporto con Morelli e l'importanza del suo insegnamento, ma anche i soggiorni in altre città italiane come Roma (1883), Venezia e Torino.
Il gusto e lo stile pittorico del G. si delinearono con chiarezza sin dai primi anni Ottanta: i suoi lavori - per lo più ritratti realizzati a olio e a "sfumino" - risentono fortemente della pittura verista morelliana, fondata sulla preminenza del colore rispetto al disegno accademico. A questi anni risale la sua partecipazione a diverse esposizioni, tra cui va ricordata almeno quella di belle arti tenutasi a Roma nel 1883, dove il G. presentò Benedicamus Domino, opera di genere narrativo che ottenne notevole successo presso la critica (L'Illustrazione italiana, 11 marzo 1883, p. 154) e, acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione, venne destinata alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.
A partire dal 1882, in concomitanza con l'aggravarsi delle condizioni di salute del fratello Pericle, il G. fece sempre più spesso ritorno a casa, fino a maturare, nel 1884, la decisione di lasciare definitivamente Napoli per rientrare a Cesena. Qui aprì uno studio in palazzo Locatelli e iniziò il sodalizio con lo scultore T. Golfarelli (anch'egli già studente a Napoli) e il pittore e scultore P. Grilli.
Contemporaneamente la parentesi spensierata e felice della sua vita si chiudeva per sempre: alle difficoltà economiche - alleggerite unicamente dal mercato che i suoi quadri avevano soprattutto in America - venne ad aggiungersi una serie di lutti familiari; egli stesso, ammalatosi di tisi, visse il resto dei suoi giorni nella speranza di una guarigione che non arrivò mai. Le cattive condizioni di salute non gli impedirono tuttavia di trovare la forza necessaria per realizzare opere impegnative quali I frati minori (ubicazione ignota) - quadro di genere esposto a Torino nel 1884 e acquistato da un collezionista americano - e per frequentare il salotto cesenate del conte Pasolini, dove era ospite fisso G. Carducci e dove, di tanto in tanto, faceva la sua comparsa la regina Margherita, ammiratrice del poeta. In onore della sovrana il G. realizzò, in villa Pasolini (ora villa Silvia), una decorazione raffigurante margherite, distrutta nel secondo dopoguerra. Al contempo non trascurò mai l'attività espositiva: nell'estate del 1901 portò frettolosamente a termine una delle sue opere migliori, Il bevitore, per poterla presentare all'Esposizione romagnola di belle arti che si teneva a Rimini nell'agosto di quell'anno. Il quadro, mirabile per la qualità pittorica e cromatica, nonché per la suggestiva interpretazione della condizione psicologica e sociale del soggetto, fu acquistato dall'avvocato cesenate N. Trovanelli, che volle donarlo alla locale Pinacoteca. L'anno successivo il G. partecipò all'esposizione di San Pietroburgo inviando Monelli in sagrestia (ubicazione ignota).
Il G. morì a Cesena l'11 genn. 1903.
Poche settimane dopo la sua morte la famiglia donò un ingente nucleo di opere comprendente 75 dipinti a olio, pastello e tempera, 37 sfumini, schizzi e incisioni alla Pinacoteca di Cesena. La giunta comunale dispose l'allestimento di un'intera sala dedicata all'artista scomparso. Successivamente, per motivi non ancora definitivamente chiariti, la donazione venne restituita alla famiglia e, alla fine, smembrata e dispersa.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Cesena, Arch. storico comunale, Deliberazioni della giunta comunale, 1903, delibera n. 202, p. 30 (27 febbr. 1903), e delibera n. 384, p. 51 (10 apr. 1903); Ibid., Deliberazioni del Consiglio comunale, 1903, delibera n. 25, p. 24 (28 marzo 1903); Cesena, Biblioteca Malatestiana, Fondo Zavatti, 12.01.I (corrispondenza Zavatti-Gianfanti); A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, pp. 224 s.; L. Chirtani, Esposizione triennale di belle arti 1894, in Natura e arte, XXII (1893-94), p. 928; A. G., in Il Cittadino, 18 genn. 1903; Il pittore A. G., in L'Illustrazione italiana, 25 genn. 1903, p. 79; L. Risso Tammeo, A. G., in Vita d'arte, III (1910), pp. 43-51; E. Golfieri, Lineamenti dell'Ottocento artistico romagnolo, in Studi romagnoli, IV (1953), p. 228; Id., Catalogo della Mostra degli artisti romagnoli e dei pittori emiliani dell'Ottocento, Faenza 1955, p. 39; L. Caramel - C. Pirovano, Galleria d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, III, Milano 1975, p. 325, tav. 1048; A. Corbara, L'Annunciata Biffi di A. G., in La Piè, XLVIII (1979), 3, pp. 107-109; R. Pieri - O. Piraccini, A. G. (1857-1903) e l'Ottocento cesenate (catal.), Cesena 1979; O. Piraccini, Repertorio degli artisti cesenati dal Quattrocento agli inizi del Novecento, in Studi romagnoli, XXX (1979), pp. 334 s.; R. Pieri, A. G. "bohémien del buono antico stampo", 1857-1903 (catal.), Montiano 1983; O. Piraccini, La Pinacoteca di Cesena, Cesena 1984, pp. 30, 107-111; Emilia-Romagna. Artisti e opere dall'Ottocento a oggi, a cura di M. Agnellini, Milano 1995, p. 93; O. Piraccini, L'Ottocento e il primo Novecento, in Storia di Cesena.Le arti, Rimini 1998, pp. 125-128, 138 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 582.