ANNONA
. Il termine (lat. annōna, da annus) presso i Romani (v. sotto) significava per l'appunto il raccolto dell'anno; ma già in Roma stessa venne ad assumere un significato più preciso, e cioè all'incirca quello che ha tuttora, di vettovaglie raccolte, o distribuite, a cura dello stato o di altri enti pubblici.
Cause ed effetti economici dell'annona. - In ogni tempo, qualsiasi governo, qualunque sia la sua costituzione, attribuisce grande importanza al mantenimento dell'ordine pubblico, della pubblica calma, specialmente in coincidenza con straordinarie circostanze della vita collettiva (guerre, cataclismi naturali, epidemie, crisi, ecc.). Fra le circostanze che assai facilmente conducono a perturbamenti dell'ordine, a sconvolgimenti sociali, hanno particolare rilevanza le penurie di vettovaglie. Le carestie hanno, in ogni tempo, costituito causa di preoccupazione per i governanti e quasi sempre provocato speciali atti di politica annonaria, il cui carattere prevalentemente politico ne ha molte volte compromesso l'efficacia economica.
Quando la disponibilità di vettovaglie non trasportabili si presenta scarsa in confronto con la domanda, per deficienza del raccolto, generalmente una più ampia disponibilità potrà aversi solo nella successiva campagna di produzione. Così la deficienza di offerta determina necessariamente la formazione di un prezzo relativamente alto sul mercato, senza che l'altezza del prezzo adduca rapidamente ad ampliamento di offerta. La tenuità o, in qualche caso, l'assenza completa di elasticità di offerta consente talora formazioni monopolistiche, le quali anticipano l'ascesa del prezzo, in base a fondate previsioni fatte sul mercato da alcuni operatori, più avveduti della massa dei consumatori.
Il prezzo alto che si forma spontaneamente sul mercato corrisponde alle condizioni dell'offerta e della domanda, adegua cioè alla domanda l'offerta, significa riduzione del consumo alimentare in confronto con posizioni anteriori di maggiore abbondanza. La speculazione, anticipando il rialzo, anticipa la riduzione del consumo e adegua nel tempo la disponibilità delle scarseggianti vettovaglie al limitato consumo.
Il prezzo alto significa esclusione o riduzione del consumo da parte della massa dei non abbienti: la distribuzione delle vettovaglie fra la popolazione risulta diversa da quella che era in tempi di abbondanza, cioè con maggiore diffusione proporzionale fra le famiglie ricche e minore fra le famiglie povere. La contrazione di consumi soddisfacenti bisogni primarî è dolorosa, esiziale, e provoca facilmente turbolenze, rivolte, rivoluzioni. Il prezzo alto, talora, in certa misura, significa ridistribuzione di ricchezza fra varie categorie di operatori sul mercato.
Il prezzo alto è fenomeno conseguenziario, ma è il più appariscente rispetto ai consumatori poveri, forse il solo loro noto: è quello che solo appare dannoso e che suscita resistenze. Nella poca nozione dei fenomeni economici, il prezzo alto è, dalle masse, spesso attribuito a malvolere di commercianti; così, sovente, vivaci ostilità si levano contro i negozianti di vettovaglie.
Spesso fra gli uomini di governo, specialmente in passato, sono prevalse, in materia annonaria, idee economiche simili a quelle aventi corso nella popolazione. Ma anche dove le idee sono diverse, la storia mostra che quasi sempre (salvo in qualche breve periodo, per lo più lungo il sec. XIX) l'azione governativa si è conformata alle idee popolari, per considerazioni politiche, e che in moltissimi casi di carestie, guerre, pubbliche calamità, tale politica economica ha bensì corrisposto all'opinione della popolazione e calmato o evitato agitazioni, ma in fatto non ha migliorato la situazione effettiva: molti dei congegni di politica annonaria accrescono gli attriti, riducono, invece di accrescere, l'elasticità nell'offerta e segnano dispersione anziché parsimonia nell'uso di derrate.
La politica annonaria non ha trovato manifestazioni solo durante le fasi acute di carestie e crisi. Lungo i secoli ha avuto certe manifestazioni anche ordinarie continuative, che hanno significato condizione giuridico-economica singolare per il traffico degli alimenti.
Storia. - I Romani dicevano propriamente annona la raccolta annua di ogni genere di prodotti, particolarmente la raccolta del frumento unita a quella quantità di grano che veniva acquistata a spese dello stato e deposta nei magazzini pubblici per dispensarla, in tempi di carestia, ai cittadini poveri a basso prezzo o gratuitamente (cfr. Cic., De domo, V, 6; Colum., III, 21, 6; VIII, 17, 13 ecc.). Furono anche dette annonae le razioni di grano o di farina distribuite ai soldati.
Il grano, sotto forma di pulmento o di pane, era la base del vitto dei Romani. Finché il raccolto del suolo delle regioni vicine a Roma fu sufficiente a nutrire la popolazione romana, il governo di Roma si limitò a prendere eccezionalmente, in caso di carestia, misure straordinarie e transitorie. Normalmente la cura annonae, ai tempi della repubblica, fu affidata agli aediles plebis. Le loro mansioni in materia annonaria consistevano nel mantenere Roma sempre provvista di frumento, in modo che non ne avesse a difettare, e nel far sì che il prezzo fosse mantenuto in una misura equa e normale. Agli edili esclusivamente era affidata la vigilanza sui mercati di viveri in genere, in modo speciale sugli spacci di grano, di farina e di pane, con la facoltà di punire gli speculatori e gl'incettatori e d'impedire il rialzo artificiale dei prezzi di vendita. Ma le guerre incessanti finirono con lo spopolare le campagne; i piccoli proprietarî, non potendo lottare contro la concorrenza dei grani stranieri, trascurarono la coltivazione dei cereali per dedicarsi più proficuamente all'allevamento del bestiame, alla coltura della vite e dell'olivo, che esigevano minor numero di braccia (cfr. Plin., XVIII, 20; Colum., VI, 4). Il lavoro servile della terra, diminuendo il prezzo della mano d'opera, finì con lo scoraggiare i lavoratori dei campi, che abbandonarono i loro casolari per cercare fortuna a Roma. Così si produsse nella capitale un dannoso afflusso di proletarî disoccupati e pericolosi. Questo fenomeno, sociale e politico al tempo stesso, si accentuò durante la seconda guerra punica, quando la popolazione di Roma cominciò ad aumentare notevolmente a causa appunto dell'urbanesimo, conseguenza fatale del decadimento dell'agricoltura. Allora le attribuzioni degli edili furono di necessità allargate, per l'aumentare che ne seguì del fabbisogno di cereali, e conseguentemente per il fatto che le importazioni dei grani dal difuori dell'Italia divennero sempre più copiose. Le distribuzioni di grano semigratuite o gratuite divennero fatalmente sempre più frequenti, e tuttavia esse erano sempre insufficienti.
Questo stato di cose fu la causa della mossa demagogica di Gaio Gracco, che, con la sua legge frumentaria (lex Sempronia frumentaria) del 123 a. C., finì col dare il colpo di grazia all'agricoltura in Italia, facendo affluire a Roma tutti gl'indigenti forniti del diritto di cittadinanza. Quella legge assicurò ad ogni cittadino romano domiciliato in Roma il diritto di prelevare cinque moggi di frumento, forniti dai granai dello stato al prezzo di sei assi e un terzo, prezzo inferiore di più della metà al valore effettivo (Vell., II, 6; Plut., C. Gracch., 5; Appiano, Bell. Civ., I, 21). Il dado era tratto, e, nonostante la reazione di Silla, che soppresse ogni genere di distribuzione di frumento a prezzi inferiori al costo reale, si giunse poco dopo (58 a. C.), con la lex Clodia, alla distribuzione del tutto gratuita del grano e della farina, limitata ai cittadini romani, con esclusione degli appartenenti agli ordini senatorio ed equestre. Beneficiava quindi di questa massima elargizione la sola plebs urbana, con esclusione naturalmente dei residenti fuori di Roma. Chi voleva essere ammesso alla distribuzione gratuita doveva far domanda d'inclusione del suo nome nelle liste dei beneficianti (profiteri), compilate per tribù, e riceveva poi una tessera in segno di riconoscimento del diritto che aveva di partecipare alle gratuite elargizioni. Ben presto il numero dei partecipanti andò notevolmente aumentando, così da raggiungere il numero approssimativo di 300.000. A tal numero rilevante si giunse in parte per l'affluire a Roma di cittadini romani delle regioni finitime, attirati dal beneficio, e in parte anche per il gran numero di schiavi che i patroni andavano emancipando allo scopo di aumentare nella propria famiglia il numero degli aventi diritto alla distribuzione.
La cura annonae acquistò in tal modo grande importanza, e nel 57 a. C. fu affidata eccezionalmente per cinque anni a Pompeo (Cic., Ad Att., XVII,1, 7). Nel 44 a. C., Giulio Cesare, che aveva ristretto il numero dei partecipanti alle distribuzioni gratuite a 150.000, creò due nuovi aediles ceriales per far fronte all'aumentata attività della cura annonae (Cass. Dio, XLIII, XX, 51; Suet., Caes., 41).
Con la formazione dell'impero, come ogni altro potere, così anche quello degli edili passò ad Augusto, il quale nel 22 a. C. assunse la cura annonae, conferitagli dal senato e dal popolo romano in seguito a una forte carestia (Monum: Ancyranum, gr. III, 5; Corpus Inscr. Lat.; III, p. 789; Suet., Aug., 25). Era coadiuvato dagli aediles cenales, che nel 5 d. C. sostituì con due magistrati consolari, detti curatores frumenti (Suet., Aug., 37).
Più tardi Augusto diede un più regolare assetto alla cura annonae, e per toglierla ai membri dell'ordine senatorio creò la nuova magistratura equestre del praefectus annonae, suo diretto rappresentante di fiducia nella direzione suprema dell'annona. Tale ufficio esisteva già nel 14 d. C., ultimo del regno di Augusto (Tac., Ann., I, 7), e poiché nel 7 d. C. esistevano ancora i curatores frumenti (Cass. Dio, LV, 26, 71), ne consegue che la praefectura annonae fu istituita da Augusto fra gli anni 8 e 14 d. C.
La residenza e gli uffici del praefectus annonae si dissero statio annonae, il cui sito in Roma fu con approssimazione rivelato dal fortuito rinvenimento di un'iscrizione, trovata in situ nel 1885, nei pressi dell'odierna chiesa di S. Maria in Cosmedin, sotto l'Aventino. L'iscrizione era incisa sulla base di una statua onoraria dedicata a Fl. Crepereius Madalianus, prefetto dell'annona (Corpus Inscr. Lat., VI, 1151). Per quella scoperta G.B. De Rossi dimostrò che la statio annonae sorgeva appunto in quei pressi (Annali dell'Inst., 1885, p. 223 segg.), cioè nelle vicinanze del Foro Boario e dei celebri portici Minuci, il vetere e il frumentario, ove si eseguiva la gratuita distribuzione dei grani; non lungi dai grandi magazzini fluviali (horrea). Il nome di Minuci dato ai due portici (porticus Minuciae, vetus et frumentaria) si collega con quello dell'edile L. Minucio, che fu, secondo la tradizione, il più antico prefetto dell'annona di Roma, ufficio che gli sarebbe stato affidato a titolo straordinario in occasione di una grave carestia che funestò Roma negli anni 440 e 439 a. C. Nel mezzo dei due portici si ergeva una sua colonna onoraria formata da mole cilindriche marmoree, della forma di quelle allora in uso per macinare il grano (cfr. Bullettino della Commiss. archeol. comun., 1889, p. 358).
La statio annonae era l'edificio in cui si trovavano gli uffici della prefettura dell'annona; questi e le mansioni del praefectus annonae si comprendevano nella denominazione generica di offiaum annonae (cfr. Corpus Inscr. Lat., VI, 8473). L'officium annonae si suddivideva in quattro grandi sezioni:
1. L'officium annonae centrale, con il praefectus annonae, il suo sostituto, il subpraefectus, un subalterno (adiutor), il cassiere (arcarius), il magazziniere (dispensator), l'archivista (tabularius) e l'attendente (cornicularius).
2. Le sezioni dipendenti di Ostia, di Porto e di Puteoli (Pozzuoli), aventi ciascuna a capo un procurator, membro dell'ordine equestre, con subalterni e dipendenti.
3. Le sezioni in alcune provincie frumentarie (Sicilia, Africa proconsularis, Macedonia, Dacia, ecc.), anch'esse rette da curatores, dell'ordine senatorio, o da procuratores, dell'ordine equestre.
4. Dipendeva anche dal praefectus annonae, benché conservasse una certa autonomia, la sezione di Roma che riguardava le frumentationes, distribuzioni straordinarie di frumento, e il fisco frumentario.
Il praefectus annonae, nominato, come ogni altro funzionario imperiale, per un periodo di tempo illimitato, era investito di tutti i poteri necessarî all'esercizio delle sue funzioni. Incaricato di mantenere i mercati sempre provvisti di tutte le cose necessarie alla vita, esercitava una particolare sorveglianza su tutte le industrie inerenti all'alimentazione, e ciò non solo a Roma, ma in tutte le provincie che fornivano vettovaglie alla capitale. In queste furono istituiti grandi depositi, sotto la vigilanza dei governatori, per l'invio immediato, in caso di necessità, delle granaglie a Roma. Durante il regno di Claudio, il porto di Ostia, fino allora amministrato da un questore (quaestor), fu affidato a un dipendente del praefectus annonae, con il titolo di procurator ad annonam (Cass. Dio, LII, 33; Dig., XIV, 5, quod cum eo etc., 8).
La giurisdizione del praefectus annonae era conforme alla natura delle sue funzioni. Nei primi due secoli dell'impero, egli deferiva gli affari contenziosi ai tribunali ordinarî o al praefectus urbi; ma al tempo di Settimio Severo giudicava personalmente al civile e al penale le cause interessanti il commercio delle sussistenze, le mene degli accaparratori, le questioni tra gli armatori e i comandanti delle navi mercantili, ecc. Le questioni più importanti, specialmente quelle penali, erano di regola rinviate al prefetto di Roma. Tuttavia l'appello avverso le sentenze del praefectus annonae doveva essere rivolto direttamente al tribunale dell'imperatore, rappresentato dal prefetto del pretorio.
Dopo Diocleziano, certamente da Costantino in poi, il prafectus annonae ebbe il titolo di vir clarissimus, e ottenne il diritto di alta giustizia (ius gladii). Questo accrescimento di onore fu anche il principio della decadenza dell'istituzione.
Già fin dal tempo della repubblica, Ostia e Puteoli erano i due porti per cui Roma riceveva ogni specie di vettovaglie dalle provincie, e specialmente dalla Sicilia, dalla Sardegna, dall'Africa e dall'Egitto. Le grandi navi approdavano a Puteoli e a Ostia, ove scaricavano le merci che venivano trasportate a Roma o per via di terra o per via d'acqua con piccole navi dette codicariae, che risalivano il Tevere fino agli emporî. In Ostia sopraintese al servizio dello scarico e del carico delle merci e del loro invio a Roma dapprima il quaestor ostiensis, poi, dal tempo di Claudio in poi, cioè da quando quell'imperatore fece restaurare e ampliare l'antico porto (anno 44), un procuratore, che ebbe successivamente diverse denonominazioni. Da Claudio a Traiano il titolo fu di procurator portus ostiensis; dopo che Traiano ebbe costruito il nuovo porto vicino all'antico, intorno al quale poi sorse la città di Portus (Cass. Dio, LX, 11; Plin., Epist., VIII, 17), il titolo divenne procurator portus utriusque. Promiscuamente, accanto ai due titoli speciali, si trova quello più generico di procurator annonae ostiensis. La forza armata al servizio del procuratore era comandata da un centurio annonae. I procuratori ostiensi appartennero all'ordine equestre; alcuni furono liberti imperiali.
Fuori d'Italia la praefectura annonae non aveva uffici dipendenti organizzati come a Ostia e a Porto. Generalmente erano uffici alle dirette dipendenze dei governatori delle provincie, retti dagli stessi procuratori imperiali. Grandi magazzini di granaglie e di derrate (horrea) esistevano in Egitto (Plin., Paneg., 31), in Africa (Corpus Inscr. Lat., VIII, 7975; Amm. Marcell., XXVIII, 1, 17), in Britannia (Tac., Agric., 19), in Pannonia (Corpus Inscr. Lat., III, 4180), ecc. Ci è noto un procurator ad annonam provinciae Narbonensis et Liguriae (Corpus Inscr. Lat., XII, 672). Il servizio delle distribuzioni straordinarie di frumento e di cereali (frumentationes) in Roma, benché fosse sotto l'alta direzione del prefetto dell'annona, pure aveva un ordinamento a sé, con un procurator Minuciae, che presiedeva alle distribuzioni che si facevano nei due porticus Minuciae, e altri ufficiali subalterni (horrearii, dispensatores a frumento, mensores frumentarii o pesatori). Nell'età più tarda dell'impero, la prefettura dell'annona subì varie vicende. La maggiore diminuzione della sua competenza avvenne con la creazione di nuovi prefetti dell'annona nell'impero dopo il 330, nel quale anno avvenne il trasferimento della capitale da Roma a Costantinopoli. Furono istituiti il praefectus annonae Alexandriae, con l'incarico di incettare il frumento dell'Egitto per fornire Costantinopoli (Cod. Theod., XII, 6, 3), e il praefectus annonae Africae, con sede a Cartagine, che doveva dirigere i rifornimenti dei grani per la città di Roma (Corpus Inscr. Lat., XI, 323; Cod. Theod., XIII, 5, 36; 5, 2, 31). Quest'ultimo dipendeva direttamente dal praefectus praetorio Italiae, alla cui diocesi apparteneva allora l'Africa.
Anche il praefectus annonae di Roma finì per dipendere dal praefectus praetorio (Symm., Epist., X, 4, 8; Cassiod., Var., VI, 18), e le sue mansioni si ridussero a invigilare sui fornai e sui mercanti di carni suine e a dirigere le distribuzioni del pane, costituendo così un semplice officium annonarium, con alle dipendenze dei subalterni, detti apparitores (Cod. Theod., I, 6, 7; Cod. Iust., XII, 59). Conservò tuttavia, sino alla fine del sec. IV, lo stesso grado gerarchico di prima e la giurisdizione.
Nei municipî l'annona dipendeva, come a Roma nell'età repubblicana, dagli edili (aediles municipales), il che durò fino ai tempi più bassi dell'impero. Alcuni ufficiali speciali, che si trovano nelle città municipali preposti al servizio frumentario, debbono considerarsi come di carattere straordinario e transitorio (ad es., curator frumenti comparandi, Corpus Inscr. Lat., X, 1491; curator annonae o frumenti, Corpus Inscr. Lat., X, 1216, 7239). L'ufficio degli edili o di questi magistrati straordinarî consisteva nel regolare i prezzi del frumento, e in casi straordinarî, nell'acquistarlo, per poi venderlo a un prezzo determinato. Dopo Diocleziano troviamo dei sorveglianti speciali (detti episcopi) preposti all'approvvigionamento (Dig., de muner., I, 4, fr. 18, 7).
Nelle provincie dell'impero una parte delle contribuzioni in natura a favore dello stato era destinata al mantenimento degli ufficiali, dei soldati e dei pubblici funzionarî (annona militaris), compresi i foraggi per i quadrupedi, il legno e i vestiti (Veget., I, 19, 33; Cod. Theod., I, 22, 4; VI, 26, 18; XII, 4, 17; Cod. Iust., XI, 24; XII, 38). Di questo servizio erano incaricati speciali funzionarî, detti praepositi o procuratores.
Come divinità, l'Annona è la personificazi0ne del raccolto dell'annata. Nelle più antiche rappresentazioni apparisce come unita a Cerere, anzi quasi come ancella di quella dea, a lei vicina con la cornucopia tra le braccia e con nello sfondo una prua di nave, a indicare il mezzo di trasporto più in uso per l'approvvigionamento. Così apparisce in una moneta di Nerone (Cohen, Monnaies impér., I, Néron, n. 84). La personificazione dell'annona nell'arte cominciò appunto nei primi tempi dell'impero. Fu poi rappresentata sola, caratterizzata dal corno dell'abbondanza, dal modius, o misura di grano (moggio), postole accanto, e da spighe. Talvolta ha per attributi un vaso e una statuetta di Roma in mano, e anche un timone di nave, o un'ancora (cfr. Köhler, Personifikationen abstrakter Begriffe auf röm. Münzen, Berlino, 1910, p. 43 segg.). Il suo culto si svolse a Roma, donde si propagò nelle provincie (Stat., Silv., I, 6, 38; Corpus Inscr. Lat., VI, 22, 8470; VIII, 7960; XIV, 51; Marquard, Staatmerwaltung, II, p. 128, 4).
Molto complessa fu la politica annonaria svolta lungo il Medioevo e i secoli posteriori sino alla fine del XVIII. Le carestie erano rese frequenti dalle vicissitudini politiche e più gravi dalle difficoltà e ostacoli nei trasporti. Spesso sembrò rimedio all'alto prezzo la fissazione legale di prezzi massimi inferiori a quelli spontaneamente formantisi sul mercato; sovente tali calmieri erano difficili a determinarsi. L'artificiale mitezza dei calmieri spesso provocava la scomparsa delle vettovaglie dal commercio e così l'adozione di sovraprezzi clandestini per i consumatori più vogliosi e arrendevoli, la formazione di depositi occulti, di accaparramenti, malgrado la vigilanza e le gravi comminatorie; i bassi calmieri scoraggiavano l'attività produttiva. Non bastando i reali bassi prezzi legali a determinare la generale possibilità di abbondante e normale consumo, spesso le autorità cercavano di procurare maggiore copia di vettovaglie col divieto rigoroso dell'esportazione, con acquisti in località propizie fatti per conto proprio ("magazzini di abbondanza") o con premi agli importatori. Spesso cercavano di stimolare l'esercizio del commercio conformemente ai desiderî delle masse non solo con vincoli legali, ma anche con la concorrenza esercitata da magazzini pubblici e privati privilegiati ("botteghe di paragone"). La politica annonaria si concretò anche, sovente, in tentativi di controllare quantitativamente il mercato, con accertamenti delle disponibilità esistenti presso produttori, intermediarî, commercianti (denuncie e "riveli") e con divieti e regolazioni della circolazione interlocale delle vettovaglie. Il basso prezzo legale (reale o apparente) costituiva una circostanza corrispondente a una inesistente condizione di abbondanza: consentiva il consumo anche ai meno abbienti; ma la dilatazione del consumo è esiziale quando non vi è abbondanza: così spesso - per mantenere un'almeno approssimativa validità ai calmieri e non addurre a una tragica assenza di vettovaglie - invece della economica limitazione del consumo recata dall'alto prezzo, si adottò la limitazione meccanica mediante forme di razionamento, per famiglie, secondo il numero dei componenti. Talora fra tanti vincoli e regolazioni venne a mancare ogni possibilità e convenienza di svolgimento del commercio di vettovaglie da parte di privati: così la storia annonaria segnala molti casi di esercizio pubblico del commercio interlocale e dello spaccio e talora anche della produzione di generi alimentari.
Con l'instaurarsi nel sec. XVIII dell'economia capitalistica e col connesso trasformarsi della dottrina economica, i vecchi principî della politica annonaria sono stati assoggettati ad analisi critica ed è stato riconosciuto come tale politica sia assurda nei suoi principî e nelle sue applicazioni e riesca ingombrante e costosa. In questa critica hanno avuto larga e alta parte parecchi economisti italiani (tra gli altri Pompeo Neri, Gianrinaldo Carli, Pietro Verri, Ferdinando Galiani, Giovanni Fabbroni, Melchiorre Gioia).
Il mutamento delle condizioni delle produzioni, dei traffici e specialmente dei trasporti e il mutamento delle idee portarono nel sec. XIX all'adozione di principî liberali in materia annonaria e all'abbandono presso che totale del regime vincolatorio.
Con la guerra mondiale, in condizioni di estrema anormalità ed estrema difficoltà nelle operazioni economiche, si è organizzato, per i consumi alimentari, nella generalità dei paesi belligeranti e in molti neutrali, un regime ispirato ai principî medesimi che informavano la politica annonaria del passato e imperniato soprattutto sui provvedimenti seguenti: assorbimento di cereali prodotti all'interno e importazione dall'estero curati unicamente dallo stato in regime di monopolio; adozione di un prezzo politico per i cereali; fissazione di calmieri per molte vettovaglie; razionamento.
Diritto. - Dal punto di vista giuridico l'annona è quell'"organo od organismo amministrativo che provvede a quanto è essenziale per l'alimentazione (v.) e per altri fondamentali bisogni (p. es., combustibili, eventualmente indumenti, ecc.) della vita dei cittadini"; attività annonaria e polizia annonaria sono i rami dell'attività amministrativa e della polizia estrinsecate da detti organi. Più spesso con la parola annona si designa la materia stessa che forma oggetto della competenza degli organi suddetti.
Si è parlato di alimentazione e di taluni altri importanti bisogni: frase generica, perché, appunto, di tempo in tempo, secondo i luoghi e le circostanze, variano i bisogni di cui l'autorità pubblica trova utile o necessario interessarsi; così in tempo di guerra può essere necessario che l'autorità si preoccupi di molte cose (ad es., perfino del vino); mentre in tempo di pace, o in altri tempi o circostanze, l'autorità se ne disinteressa.
In parte, poi, il senso dei termini: annona, attività annonaria, è delimitato dalla tradizione; così, se lo stato e il comune si preoccupano della crisi di abitazioni, e adottano in proposito norme giuridiche o provvedimenti amministrativi, non si parla di attività annonaria: se ne parla invece per quanto concerne i trasporti, le vetture di piazza, i medicamenti, e così via. Neppure rientra nel concetto di annona l'approvvigionamento dell'acqua, poiché questa serve più a scopo igienico che a scopo alimentare vero e proprio.
È da rilevare che l'attività annonaria confina con altre attività pubbliche, p. es. con l'attività sanitaria (igiene delle bevande e alimenti ecc.), con l'attività di polizia in senso lato, ed in particolar modo con la polizia commerciale (cfr. art. 293 segg. cod. pen.), con l'attività economica, che promuove la produzione e ne assicura il normale svolgimento (regolamentazione dell'agricoltura, caccia, pesca, produzioni industriali, profilassi contro le malattie delle piante e degli animali, ecc.). È molto arduo tracciare i confini fra le suddette specie di attività e quella annonaria; la distinzione, poi, è complicata dal fatto che talvolta norme legislative non annonarie contengono norme annonarie; così accade che in leggi o regolamenti d'igiene vi siano norme di pura indole annonaria (ad esempio, l'art. 30 del regolamento 21 luglio 1927, n. 1586, circa il divieto di vendere nello stesso esercizio carni vaccine ed equine ecc.). D'altra parte la distinzione è indispensabile; giacché spesso diversi sono gli organi amministrativi che debbono provvedere in un ramo e nell'altro; diverse sono le sanzioni in caso di infrazione alle norme dell'una o dell'altra specie, ecc. Nei brevi cenni che seguono si procurerà di indicare il contenuto dell'attività annonaria, differenziandola dalle altre collaterali.
Nessun dubbio, anzitutto, che diversa sia l'attività annonaria da quella che mira all'incremento della produzione; e ciò perché il prodotto può, eventualmente, andare in tutto o in parte all'estero, o essere trasformato in altri prodotti; attività annonaria, invece, è quella che tende ad assicurare alla popolazione taluni oggetti, per il diretto consumo. Più delicato è vedere in quali rapporti stia l'attività annonaria generica con l'attività annonaria di polizia vera e propria. Stando a qualche norma positiva (p. es. l'articolo 109, n. 2, del regolamento comunale e provinciale), potrebbe pensarsi che l'attività annonaria sia una sottospecie dell'attività di polizia. Ciò, però, non sarebbe esatto; allorché un ente amministrativo, per ovviare a deficienza di derrate, dà premî di produzione, produce, compra e rivende direttamente, ecc., non estrinseca attività di polizia, bensì attività annonaria di altro genere (di protezione o incremento, o di prestazione diretta, ecc.). Dell'attività amministrativa annonaria, invece, la polizia annonaria costituisce soltanto una sottospecie: e propriamente si ha polizia allorquando l'ente pubblico presentandosi, in modo spiccatissimo, come ente dotato d'imperio, limita la libertà dei singoli, specialmente per preservare i consociati da danni provenienti dall'umana attività (cfr., Ranelletti, Polizia di sicurezza, in V.E. Orlando, Trattato di dir. amm., IV,1, p. 278 segg.; S. Romano, Diritto amministrativo, libro IV).
La polizia annonaria - come tutta l'attività di polizia - può poi distinguersi in generale, o statale, e in locale, a seconda della sua importanza e degli organi deputati ad occuparsene. Specialmente in seguito alla più recente evoluzione legislativa, è frequente il caso di un'attività annonaria e di una polizia annonaria dello stato, oltre che di attività e di polizia annonaria del comune.
Come abbiamo già accennato, gli enti pubblici che si occupano di annona sono, in principal modo, lo stato e i comuni. Non è escluso che in qualche caso vi attendano anche le provincie (le quali, ad esempio, in tempo di guerra, concorsero a finanziare i consorzî provinciali di approvvigionamento) o altri enti (parastatali); per altro, l'attività annonaria è esercitata in primo luogo dallo stato, e in secondo luogo dai comuni, in quanto lo stato consenta, e cioè nei limiti previsti dalle leggi e dai regolamenti.
Durante la guerra 1914-1918, come è noto, l'attività annonaria dello stato in quasi tutte le nazioni civili, sia belligeranti sia neutrali, fu intensissima. In Italia, con decreto 2 agosto 1916, n. 926, fu creato il servizio per gli approvvigionamenti e consumi, eretto poi a commissariato (decr. 16 gennaio 1917, n. 76) e infine a ministero (decr. 22 maggio 1918, n. 702): organi che ebbero, fra l'altro, un Bollettino dei consumi ufficiale. Oggidì all'annona, dal punto di vista generale e statale, sopraintende il Ministero dell'economia nazionale: sarebbe però augurabile che esistesse un ben organizzato e speciale ufficio annonario il che, forse, non è, mentre, sopravvenendo circostanze difficili, la preesistenza di una burocrazia tecnica in materia risulta preziosa (cfr. Bachi, L'alintentazione e la politica annonaria in Italia, p. 197 seg.).
I più comuni provvedimenti annonarî sono:
1. il divieto di esportazione fuori dello stato e il correlativo controllo sull'effettivo quantitativo della produzione (censimento; cfr. Bachi, op. cit., pag. 216 seg.); talvolta intervengono, parallelamente, anche divieti di importazione di generi voluttuarî;
2. l'acquisto diretto sui mercati e la successiva vendita al consumatore (come, in tempo di guerra, praticarono i consorzî granarî) anche per impedire speculazioni e bagarinaggio;
3. l'importazione dall'estero
4. la requisizione, ossia acquisto forzoso, con prezzo d'imperio, per successiva rivendita (sulle requisizioni di grano in tempo di guerra v. Bachi, op. cit., p. 242 segg.);
5. la concessione di facilitazioni o premî per conseguire un aumento della produzione del genere o una diminuzione del prezzo (riduzione di dazî, di tariffe ferroviarie, premî di produzione, ecc.);
6. il contingentamento, ossia il reparto dei generi, in quantitativi fissi per ogni data circoscrizione (es. provincia, comune), rimanendo pertanto vietata l'esportazione da circoscrizione a circoscrizione in quanto violi il contingentamento stesso;
7. il divieto di talune forme di produzione o di manifatture (p. es. della pasticceria, di dati generi fini ecc.); oppure l'imposizione della produzione e manifattura in forma tale, da produrre risparmio di materia prima (p. es. abburattamento in modo che si abbia farina in quantità non minore all'x per cento della materia prima), o con l'impiego di surrogati (p. es. saccarina in luogo dello zucchero);
8. il divieto o la limitazione (es. in dati giorni e ore) di una data vendita o di un dato consumo;
9. il razionamento o tesseramento, e cioè l'assegnazione di un maximum di un dato genere per ogni singolo individuo: esso fu talvolta consentito, tal altra imposto in tempo di guerra (v. in proposito e sugli effetti di esso, Bachi, op. cit., pp. 277 seg., 292); non può ritenersi consentito oggi in base alle vigenti norme della legge comunale e provinciale, né gioverebbe invocare in proposito l'art. 153, che non è stato mai interpretato in senso così lato
10. il divieto di vendere al disopra di un dato prezzo (calmiere);
11. l'obbligo di esporre al pubblico i prezzi dei generi;
12. la regolamentazione dei mercati, sia all'ingrosso sia al minuto;
13. la riduzione del numero degli intermediarî o commissionarî, e talora la riduzione del numero dei negozi, sottoponendo l'esercizio del commercio alla condizione del conseguimento di particolare licenza da parte dell'autorità;
14. l'organizzazione della vendita diretta al consumatore, per mezzo di aziende annonarie, consorzî, cooperative di consumo e simili; in circostanze eccezionali è anche accaduto che enti pubblici vendano un genere di prima necessità sotto costo o, come si è detto, a prezzo politico (es. il pane, sulla fine della guerra 1915-1918); non essendo ormai possibile, in un grande stato, la distribuzione addirittura gratuita, come avveniva in Roma antica;
15. la vigilanza per impedire le frodi in commercio, la vendita di generi grossolani a prezzo adeguato a generi fini, ecc.
Come si è già accennato, taluni provvedimenti (es. tesseramento, riduzioni di consumo) si presentano talvolta come obbligatorî in tutto lo stato, talvolta come facoltativi (all'autorità comunale è data facoltà di deliberarli, se lo creda opportuno).
Abbiamo già detto che in tempo di guerra l'attività annonaria fu intensissima: quasi tutte le specie di possibili provvedimenti, sopra elencate, furono attuate. Sui primi del 1923, eliminandosi la "bardatura di guerra", con decreto legge 11 gennaio, n. 138, furono abrogate quasi tutte le disposizioni sulla precettazione, sulle requisizioni, penalità speciali, ecc.; fu abrogata altresì la legge 30 settembre 1920, n. 1349, per il controllo sui prezzi, e rimase solo in piedi, con modifiche, l'obbligo di indicare con cartellini i prezzi delle merci. Successivamente sono comparsi i seguenti provvedimenti:
1. il decr. legge 20 ottobre 1924, n. 1655, modificato dal decr. legge 15 ottobre 1925, n. 2090, che istituisce un Comitato centrale annonario;
2. il decr. legge 4 luglio 1925, nn. 1181-1456, che istituisce un Comitato permanente del grano, per aumentare la produzione di questo;
3. il decr. legge 30 giugno 1926, n. 1096, che vieta l'apertura di nuovi bar, caffè ecc.; e limita il numero delle pagine dei giornali;
4 il decr. legge 13 agosto 1926, nn. 1448-1747, circa l'abburattamento delle farine, la panificazione, ecc.;
5. il decr. legge 20 agosto 1926, nn. 1771-2077, contenente minute norme per i mercati di produzione e di consumo del pesce;
6. particolare importanza hanno il decreto legge 16 dicembre 1926, n. 2174, e i decreti ministeriali 31 dicembre 1926 e 11 novembre 1927, per l'esecuzione di esso (Gazzetta Ufficiale 301 del 1926 e 289 del 1927; v. anche la circolare 30 maggio 1927 in Manuale Amministratori, 1927, p. 260). In base a tali norme, sono soggetti a licenza, con obbligo di cauzione, tutti i commercianti all'ingrosso e al minuto. In caso di violazione di calmiere o di altre norme di legge o regolamento, la cauzione può essere incamerata con decreto prefettizio, su proposta del podestà. Ove il numero degli esercizi sia già sufficiente, sarà rifiutata l'apertura di nuovi negozî (analoghe disposizioni sono state adottate per la Libia coi r. decr. 7 luglio 1927, n. 1823).
Giova anche ricordare, a tal proposito, che l'Istituto centrale di statistica ha iniziato nel 1927 la pubblicazione di un bollettino quindicinale dei prezzi;
7. il decr. legge 19 marzo 1927, n. 768-1177, circa le macellerie (obbligo di vendita separata di carni di 1ª e 2ª qualità, ossia scelte e comuni, nei paesi con più di 15.000 abitanti);
8. il decr. legge 12 agosto 1927, nn. 1580-1981, che sottopone a controllo, a conseguimento di licenza prefettizia e a tassa annua l'industria molitoria, con intento di favorire i molini ad alta macinazione, ossia quelli che assicurano la maggiore utilizzazione possibile del grano macinato;
9. si rammenti, poi, che l'obbligo dei cartellini sulle merci è stato riprodotto nell'art. 4 del citato decr. legge 16 dicembre 1926, nn. 2174-2451, circa la disciplina del commercio.
Non va dimenticata, d'altra parte, l'istituzione di una Gestione speciale viveri da parte del Ministero delle comunicazioni per la vendita diretta, al minimo prezzo possibile, a dipendenti statali e degli enti locali, ai pensionati, agli invalidi di guerra, ecc. (La Provvida). Vedasi, in proposito, il decr. legge 5 marzo 1925, n. 342 (legge 591 del 1926) e successive norme ministeriali.
Disposizioni municipali. - Tra le norme e i provvedimenti annonarî emanati da autorità comunali, conviene individuare tre tipi: a) regolamenti (stricto sensu); b) ordinanze esecutive di norme regolamentari in vigore; c) ordinanze d'urgenza.
I regolamenti provengono dal più importante organo deliberativo del comune (prima del 1926, consiglio comunale; dopo, podestà). Nulla osta che le norme annonarie facciano parte di un regolamento speciale; più spesso, le norme stesse saranno contenute nel regolamento di polizia urbana previsto dagli articoli 131, n. 6, legge comunale (testo unico 4 febbraio 1915, n. 148) e 109 del relativo regolamento (reg. decr. 12 febbraio 1911, n. 297).
La materia dei regolamenti annonarî è solo in parte indicata nell'art. 109 suddetto, nn. 1 e 2. Ma poiché tale disposizione è evidentemente dimostrativa e non tassativa, può ritenersi che nei regolamenti annonarî, o di polizia urbana, possano fissarsi norme per tutte le seguenti materie:
1. il modo di formare (prevî pareri, se del caso), deliberare e pubblicare mete e calmieri; le sanzioni in caso di inosservanza;
2. il regime dei mercati (orarî, entrata merci, ammissione commissionarî, vendita a commissionarî o al pubblico, vendita all'asta, divieto di vendere al pubblico prima di una certa ora, divieto di vendere ai rivenditori prima di una certa ora, ecc.);
3. il regime dei negozî (licenza d'esercizio; facoltà di vigilanza; ispezioni all'interno di essi; obbligo di affiggere tabella esterna col nome dell'esercente; cartellini dei prezzi; orario; bilance; carta da involucro derrate; obbligo di vendita a tutti, e di tenere una certa scorta, ecc.);
4. la panificazione (forme, peso e qualità del pane, ecc.) ed il regime di taluni altri esercizî più importanti (macellerie, latterie, ecc.), specialmente al fine di garantire la genuinità del genere;
5. le aziende annonarie, che esistono in molte città.
I regolamenti di polizia urbana o annonaria vanno approvati dalla giunta provinciale amministrativa (art. 217 legge comunale del 1915 modific. dall'art. 13 della legge sul podestà, 4 febbraio 1926, nn. 237-491) e sono inoltre soggetti, dopo l'approvazione, a una speciale pubblicazione, per 15 giorni, all'albo pretorio (art. 129 regol. comunale e provinciale del 1911; D'Alessio-La Torre, Commento alla legge comunale, Napoli 1924, n. 192); tale speciale pubblicità non si applica, invece, alle ordinanze di cui appresso.
Per quanto concerne le ordinanze esecutive, dobbiamo menzionare, in particolar modo, le mete o calmieri, che sono tariffe emanate di tempo in tempo, a seconda delle condizioni del mercato, dall'autorità municipale e rappresentano il maximum dei prezzi di vendita. Il regolamento annonario o di polizia urbana dovrebbe, a rigore, indicare quali sono i generi di prima necessità; indi il podestà emanare la tariffa; ma una tal procedura non è a pena di nullità.
Si noti che il decreto legge 16 dicembre 1926, nn. 2174-2451, contiene (art. 4) la seguente disposizione: "È data facoltà ai comuni di fissare, prevî accordi con i consigli provinciali dell'economia e con le organizzazioni sindacali interessate, i prezzi di vendita al minuto dei principali generi alimentari". Veramente, tale facoltà i comuni avevano già in base alle predette norme della legge comunale e regolamento relativo: deve forse ritenersi che, dopo la nuova norma, non possa essere introdotto un calmiere per un genere non alimentare, es. il carbone? Crediamo di no; e riterremmo che, anche in via di analogia, non possa escludersi un calmiere su generi non alimentari, purché di prima necessità.
Per quanto concerne, infine, le ordinanze podestarili di urgenza (ad es., requisizione di generi o derrate) deve richiamarsi l'articolo 153 della legge comunale e provinciale (testo unico 1915). È diffusa l'opinione che le ordinanze di urgenza possano essere emanate solo per esigenze di sicurezza pubblica (in senso stretto) e di igiene: noi crediamo invece che le parole "pubblica sicurezza" usate dalla detta legge, siano da intendersi in senso lato, come sinonimo di polizia locale, polizia annonaria, ecc. Ben inteso, deve esistere seriamente la contingibilità (vale a dire, eccezionalità) delle circostanze, e l'urgenza di provvedere; senza di che, l'art. 153 è inapplicabile. Non basta quindi un vago pericolo di torbidi popolari: occorre uno stato concreto di gravissima pubblica necessità, talché possa dirsi: salus reipublicae suprema lex; come, per esempio, in caso di disastri tellurici (cfr. art. 28 decr. legge 9 dicembre 1926, n. 2389, pubblicato nel 1927, n. 255; art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo, 20 marzo 1865, n. 2248).
Ordinanze d'urgenza, in ogni materia, possono poi emettere i prefetti, a sensi dell'art. 3 della legge comunale e provinciale.
Contro l'approvazione dei regolamenti, pronunciata dalla giunta provinciale amministrativa, può ricorrersi al ministero dell'interno, in via gerarchica (art. 222 testo unico 1915, art. 119 riforma Mussolini del 1923, n. 2839). Contro le ordinanze esecutive (calmieri) che sono ritenute provvedimenti definitivi, è dato ricorso soltanto alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di stato o in via straordinaria al re. Contro le ordinanze d'urgenza, infine, il ricorso va presentato alla giunta provinciale amministrativa, in sede contenziosa (testo unico 26 giugno 1924, nn. 1052-1055).
Per le contravvenzioni annonarie e la composizione amministrativa, basterà richiamare gli artt. 226, 227 e 228 della legge comunale e provinciale del 1915 e i relativi commenti; per l'oblazione, v. Cassaz. Roma, 30 gennaio 1924; Giustizia pen. 421.
Bibl.: Per l'annona nell'antichità classica, v. Hirschfeld, Die Getreideverwaltung der römaschien Kaiserzeit, in Philologus, XXIX (1870), p. 1 segg.; G. B. De Rossi, in Annali dell'Instituto, 1885, p. 223 segg.; L. Preller, Röm. Mythologie, 3ª ed., II, Berlino 1883, p. 258 seg.; J. N. Madvig, Verfassung und Verwaltung des römischen Staates, II, Lipsia 1882, p. 423 seg.; Th. Mommsen, Römische Gewschichte, 3ª ed., II, Berlino 1882, pp. 502 segg.; 1037; J. Marquardt, in Revue archéol., II (1889), p. 153; E. De Ruggiero, Dizion. epigrafico, I, p. 474 segg.; G. Wissowa, in Roscher, Lexikon der gr. u. röm. Mythologie, I, col. 359; G. Humbert, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des Antiquités, p. 273 seg.; Oehler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2316 segg.
Per la parte economica e politica, la bibliografia è assai vasta. Riguardo alla critica della politica annonaria tradizionale, ha grande importanza storica la Digression concerning the corn trade and corn laws di Adamo Smith (An Inquiry on the nature and causes of the wealth of nations, Londra 1776, IV, pca. V).
Fra i più notevoli scritti speciali degli economisti italiani di commento e critica a tale politica, si possono ricordare: F. Galiani, Dialogues sur le commerce des blés, Parigi 1770; P. Verri, Riflessioni sulle leggi vincolanti principalmente nel commercio de' grani, Roma 1802; P. Neri, Discorso sopra la materia frumentaria, 1767; G. R. Carli, Sul libero commercio de' grani, lettera a Pompeo Neri, 1771, in Opere di economia politica, Milano 1804; M. Gioia, Sul commercio de' commestibili e caro prezzo del vitto, Milano 1802; G. Fabbroni, Dei provvedimenti annonari, Firenze 1804; A. Scialoia, Carestie e governo, Torino 1854.
Fra gli studî italiani di storia dottrinale intorno alle questioni annonarie si possono segnalare i seguenti: V. Cusumano, La teoria del commercio dei grani in Italia, Bologna 1877 (dall'Archivio giuridico); M. L. Riccio, L'evoluzione della politica annonaria a Napoli dal 1503 al 1806, Napoli 1923.
Riguardo alla politica annonaria svolta in Italia in conseguenza della guerra mondiale, v.: U. Ricci, Il fallimento della politica annonaria, Firenze 1921; R. Bachi, L'alimentazione e la politica annonaria in Italia, con un'appendice su Il rifornimento dei viveri dell'esercito italiano di G. Zingali (nella collezione di Storia economica e sociale della guerra mondiale edita dalla Fondazione Carnegie per la pace internazionale), Bari 1926.
Per la parte giuridica, v. S. Cioffi, in Enciclopedia giuridica, s. v. Annona, 1892; G. Caroncini, in Digesto italiano, s. v. Annona, 1895; G. Fragola, Teoria delle limitazioni al diritto di proprietà, con speciale riferimento ai regolamenti comunali, Milano 1910; A. Gilardoni, Politica amministrativa in tempo di guerra, in Riv. delle società commerciali, 1915, n. 11; M. La Torre, Le disposizioni eccezionali in materie di appr. e cons., in Rassegna comunale, 1918, p. 793; A. Lentini, Calmieri e regolamenti comunali, in Man. amm., 1918, p. 3. Nella collezione Carnegie per l'estero, possono vedersi in materia: Russ (Austria), Bud (Ungheria), Henry (Belgio), Pichon e Pinot (Francia), Skalweit (Germania), Lloyd, Beveridge-Godner, Middleton (Inghilterra), ecc.