ANNIBALDI, Annibaldo
Figlio forse di Pietro, che aveva sposato una sorella di Innocenzo III, e fratello maggiore del cardinale Riccardo della Molara, nacque tra il 1180 e il 1190, come si può desumere dallo sviluppo cronologico della sua carriera. L'A. esplicò un ruolo importante nella storia romana tra il 1223 e il 1244: il fatto che fosse senatore ben quattro volte rispecchia l'influenza goduta dalla sua famiglia e il gradimento della sua persona ai pontefici, specie a Gregorio IX suo congiunto. La storia di Roma nel secolo XIII è priva di buona documentazione e poche sono le testimonianze concernenti l'attività amministrativa dell'Annibaldi. Il primo periodo di senatorato non cominciò, probabilmente, più tardi dell'aprile 1223, poiché una lettera - non datata - di Onorio III si riferisce alla partecipazione dell'A. alle trattative di pace fra Roma e Viterbo, che si svolsero tra il 28 aprile e il 4 maggio 1223. Il 12 marzo 1224 era ancora in carica quando prese ufficialmente sotto la protezione del senato la basilica di S. Pietro, con il suo capitolo e le proprietà; e nello stesso tempo abolì come "una cattiva consuetudine" i banchetti che i canonici erano abituati ad offrire ai magistrati popolari, gli iudices sanctae Martinae. Nel 1227, quando Gregorio IX divenne papa, l'A. era siniscalcus del pontefice. Questo incarico onorifico - con funzioni, allora, puramente cerimoniali - era stato ricoperto ai tempi di Innocenzo III dal padre dell'A., Pietro. Non è chiaro se l'A. sia succeduto direttamente al padre, ma non v'è traccia di funzionari che abbiano ricoperto l'ufficio durante il pontificato di Onorio III (1216-1227), che fu intermedio tra i pontificati dei due papi della famiglia dei Conti.
Nel settembre 1229, l'A. era podestà di Pisa; venne peraltro rappresentato da un vicario durante una parte dell'incarico.
Il secondo senatorato romano dell'A. incominciò nel febbraio 1231, quando fu promulgato un decreto molto importante, che diede alla Chiesa il pieno appoggio delle autorità comunali romane nell'opposizione all'eresia.
Questo statuto, dopo aver menzionato i diversi tipi di credenze ereticali, stabiliva che ogni senatore nell'entrare in carica avrebbe posto al bando tutti gli eretici e coloro che li ricevevano, aiutavano e difendevano. La città accettò, in genere, tutte le disposizioni della Chiesa relative alle dottrine ereticali. Ogni cittadino romano condannato dalla Chiesa come eretico doveva essere rinviato al senatore e subire la giusta punizione (presumibilmente il rogo) entro una settimana. La sua proprietà doveva essere divisa in tre parti eguali: una per gli informatori e per coloro che l'avevano catturato; un'altra per il senatore e un'altra infine alla città, per le spese di manutenzione delle mura. Le case già abitate da eretici dovevano essere abbattute e non più ricostruite e questo provvedimento doveva essere applicato nei riguardi dell'abitazione di chiunque fosse stato accolto dagli eretici come un compagno di fede. Coloro che venivano meno al dovere di denunziare gli eretici erano condannati a versare una multa di 20 libbre o essere messi al bando e tutti coloro che avevano accolto, difeso o aiutato gli eretici dovevano sottostare alla confisca di un terzo della loro proprietà. Se qualcuno, nell'ambito di questi gruppi, fosse caduto nuovamente in eresia, doveva essere espulso dalla città per sempre, a meno che non desse assicurazioni soddisfacenti. I colpevoli perdevano tutti i loro diritti legali, ma erano costretti a rispondere se era istruito un processo nei loro riguardi. Nel caso che fossero stati giudici, venivano sospesi dall'incarico; non potevano ricoprire cariche pubbliche e tutti coloro che li avessero eletti a tali uffici, pur essendo a conoscenza del loro passato, dovevano essere multati come sostenitori di eresia. Tutte queste clausole dovevano essere elencate in un giuramento cui doveva sottostare ogni senatore nell'assumere un incarico: l'A. doveva far giurare in tal senso il suo successore e ogni senatore che non avesse prestato giuramento doveva essere privato dell'ufficio. Un senatore che fosse spergiuro in questa materia doveva essere multato per duecento marche e non poteva ricoprire nessun pubblico ufficio. L'intera disposizione non doveva subire attenuazioni m nessun caso e infatti durò sino al secolo XV negli statuti di quell'epoca che costituiscono la più antica legislazione sopravvissuta della città.
La cooperazione dell'A. con Gregorio IX nel tentativo di bloccare la diffusione al sud del catarismo non era limitata a questa disposizione; l'A. rese ancora più manifesta l'alleanza con la Chiesa presenziando alla solenne condanna pronunziata dal papa fuori della basilica di S. Maria Maggiore nei riguardi di un gran numero di eretici laici ed ecclesiastici. In materia di eresia, il potere secolare condivideva la diffidenza della Chiesa verso tutto ciò che non era ortodosso, ma vi erano altri piani su cui gli interessi delle due parti si scontravano: nel luglio 1231, meno di sei mesi dopo la promulgazione dell'ordinanza contro gli eretici, l'A. fu minacciato da Gregorio IX di scomunica se egli avesse tradotto in atto l'intenzione di inviare uomini a demolire le mura di alcune chiese e di alcuni edifici appartenenti al pontefice. La controversia, che probabilmente riguardava la costruzione di nuove fortificazioni, non sembra esser stata di lunga durata.
Poche testimonianze ci sono rimaste dell'attività dell'A. durante i periodi a cavallo fra i suoi senatorati, per quanto il suo nome possa essere ritrovato occasionalmente tra testimoni a trattative diplomatiche romane. Il suo terzo incarico come senatore, che egli condivise questa volta con Oddo Colonna, cominciò prima del 4 marzo 1241, data alla quale egli e il Colonna consentivano a revocare una clausola del giuramento che avevano prestato nell'entrare in carica. Questà clausola, che parve contrastare con i termini della pacificazione raggiunta tra Roma e Gregorio IX nel 1235, si riferisce probabilmente alla vexata quaestio della giurisdizione dei tribunali temporali di Roma nei riguardi del clero e dei familiari del papa e dei cardinali. Nel luglio 1241 Matteo Rosso Orsini era stato scelto a succedere all'A. come senatore, ma l'A. fu nuovamente incaricato per la quarta volta, insieme con Napoleone Orsini, prima del 12 dic. 1243. Nel marzo 1244 egli era presente all'accordo preliminare raggiunto a Roma tra Innocenzo IV e alcuni rappresentanti di Federico II, ed era ancora in carica il 25 maggio 1244. Continuò ad essere siniscalcus del papa durante il primo periodo del pontificato di Innocenzo IV. Non vi sono testimonianze della sua attività dopo quell'anno ed egli era certamente morto nel 1253, quando di lui è fatta menzione in una lettera pontificia al suo omonimo figliolo, che era un religioso.
Fonti e Bibl.: Cod. Diplom. del senato romano, a cura di F. Bartoloni, Roma 1948, in Fonti per la Storia d'Italia, LXXXVII, nn. 72, 74, 98, 105; Les Registres de Grégoíre IX, a cura di L. Auvray, Paris 1896-1910, nn. 338, 720, 3630; Les Registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, Paris 1894, n. 7665; Vita Gregorii IX, in Le Liber Censuum, a cura di P. Fabre e L. Duchesne, II, Paris 1910, p. 23; B. Rusch, Die Behörden und Hofbeamten der päpstlichen Kurie des 13. Jahrhunderts, Königsberg-Berlin 1936, pp. 108-10; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medio Evo, VIII, Roma 1941, pp. 188 s., 198, 249 s., 256, 274; P. Brezzi, Roma e l'impero medioevale, Bologna 1947, pp. 412 s., 426, 439; F. Bartoloni, Per la storia del senato romano, in Bullett. d. Istit. stor., LX (1946), pp. 70 s., 89, 92, 95 s. (con bibl. prec. sull'istituto del senato romano).