RENZI, Anna
RENZI (Rentia, Renzini), Anna. – Nacque attorno al 1620, presumibilmente a Roma (è di solito appellata «romana» nei documenti), da Pietro, anch’egli «romano» (Glixon, 1995, p. 529).
Non si hanno dati certi sulla sua prima istruzione musicale. Fu «discepola» di Filiberto Laurenzi (Glorie, 1644, pp. 29, 93), nato a Bertinoro il 6 febbraio 1618 (cfr. S. Venturi, Filiberto Laurenzi. La vita e “La finta savia”, in Studi e documentazioni, giugno 2004, n. 46, p. 19), ma romano di formazione: compositore, cantante (cantore soprano in S. Luigi dei Francesi fino ai 15 anni), «valorosissimo sonator di tasti» (cfr. i versi encomiastici nelle sue Arie a voce sola, Venezia 1643), è assiduamente al fianco della cantante almeno dal 1639 al 1644.
Nel 1639-40 la giovane cantante fu la protagonista (Lucinda) nel «dramma eroicomico boscareccio» Il favorito del principe di Ottaviano Castelli, musica di Laurenzi, dato nell’ambasciata di Francia a Roma.
Sul finire del 1640 (Glorie, 1644, p. 5) Renzi approdò a Venezia con Laurenzi, scritturata per sostenere, nel gennaio del 1641, la parte della protagonista (Deidamia) nella Finta pazza di Giulio Strozzi, musica di Francesco Sacrati, l’acclamatissima opera inaugurale del Teatro Novissimo eretto da Giacomo Torelli; fu considerata «giovane così valorosa nell’azione come eccellente nella musica, così allegra nel finger la pazzia come savia nel saperla imitare» (M. Bisaccioni, Il cannocchiale per la Finta pazza, Venezia 1641, p. 8). Nello stesso teatro fu, l’anno dopo, Archimene nel Bellerofonte di Vincenzo Nolfi e Sacrati. Nel 1643, nel teatro Ss. Giovanni e Paolo, cantò nella Finta savia di Strozzi, musiche di diversi autori, in primis Laurenzi, come protagonista (Aretusa) e nell’Incoronazione di Poppea di Giovan Francesco Busenello (musica attribuita a Claudio Monteverdi) come antagonista (Ottavia; è stata recentemente avanzata l’ipotesi, non implausibile, che nella sua istrionica versatilità Renzi abbia impersonato anche la deuteragonista, Drusilla; cfr. Schneider, 2012). Nel 1644 tornò al Novissimo nel ruolo eponimo della Deidamia di Scipione Errico, musica probabilmente di Laurenzi: il contratto da lei siglato con l’impresario Geronimo Lappoli per quest’opera (17 dicembre 1643) attesta un compenso di 750 ducati, cifra di gran lunga superiore a quanto mediamente elargito ai cantanti dell’epoca (Glixon, 1995, p. 514).
Nel Carnevale del 1645, ancora al Novissimo, cantò nell’Ercole in Lidia di Maiolino Bisaccioni, musica di Giovanni Rovetta; a una delle recite assistette il viaggiatore inglese John Evelyn, che rimase impressionato dalla magnificenza delle scene e dalla voce della celebre «Anna Rencia […] reputed the best treble of women», e la ebbe ospite a cena in quaresima (The diary of John Evelyn, a cura di E.S. de Beer, II, Oxford 1955, pp. 449-452, 474 s.).
Il 17 giugno 1645 Renzi siglò un contratto di nozze con un tal Ruberto Sabbatini, romano (Glixon, 1995, pp. 515 e 529), forse lo stesso virtuoso di violino poi impiegato alla corte di Innsbruck a metà degli anni Cinquanta e nella cappella di corte a Neoburgo nel 1662 (Senn, 1954, pp. 263 s.), ovvero un cantante al servizio dell’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo nel 1648 (Liebrecht, 1921, pp. 560-564; Hill, 1976, p. 45); ma non si sa se il matrimonio abbia effettivamente avuto luogo, giacché nessun documento successivo menziona lo stato coniugale della Renzi. Nell’ottobre del 1647 soggiornò brevemente a Roma, forse per affari familiari; qui abbozzò la prima stesura del suo testamento (Glixon, 1995, p. 516), poi distrutto e sostituito da un analogo documento redatto a Venezia cinque anni dopo (Bianconi - Walker, 1975, p. 417).
Di ritorno a Venezia, nel Carnevale del 1648 prese parte, nel Ss. Giovanni e Paolo, alla Torilda di Pietro Paolo Bissari, musica attribuita a Cavalli. Il 14 novembre 1648 incaricò Francesco Martorelli, diretto a Roma in cerca di cantanti per lo stesso teatro, di occuparsi colà di alcuni suoi affari (Glixon, 1995, p. 516). Nel 1649 cantò, ancora al Ss. Giovanni e Paolo, nell’Argiope di Giovan Battista Fusconi, musica di Alessandro Leardini (l’opera era invero già pronta a fine 1645, ma fu rinviata, e il libretto fu stampato solo nel 1649, con dedica a Renzi in data 29 dicembre 1645; cfr. Bianconi - Walker, 1975, p. 417, n. 156). Il 4 dicembre 1649 firmò un contratto con Giovan Battista Balbi per «recitar un’opera in musica» a Firenze (dovette trattarsi della Deidamia veneziana del 1644), assumendosi anche una parte di oneri nell’allestimento (Glixon, 1995, pp. 517 e 529 s.).
La presenza del nome di Anna Renzi in diversi documenti notarili veneziani dimostra che dovette risiedere regolarmente a Venezia sul finire degli anni Quaranta e per buona parte dei Cinquanta. Nell’ottobre del 1652 incaricò il drammaturgo Giovan Battista Fusconi, accademico Incognito, di trattare alcuni suoi affari personali a Roma; il 4 ottobre fece testamento, ne nominò esecutori lo stesso Fusconi e Alvise Michiel, e chiamò a testimone il cantante romano Francesco Manetti (ASV, Notarile, Testamenti chiusi, atti Francesco Beazian, test. n. 69).
Nei primi mesi del 1653 dovette cantare a Genova nel teatro del Falcone, nel Cesare amante di Dario Varotari (musica di Antonio Cesti) e nella citata Torilda (Bianconi - Walker, 1975, p. 442, n. 257). Era di nuovo a Venezia ai primi di luglio (Glixon, 1995, p. 518, n. 51); dal 30 ottobre successivo fino al 28 agosto 1654 fu alla corte di Innsbruck (Senn, 1954, p. 266), dove, il 5 luglio, si esibì nel ruolo eponimo, piuttosto osé, della Cleopatra di Cesti (titolo alternativo del citato Cesare amante; Seifert, 2003, p. 17). Ritornata a Venezia dopo l’estate, il 19 dicembre 1654 inaugurò le recite dell’Eupatra, dramma postumo di Giovanni Faustini, musica di Pietro Andrea Ziani, nel teatro di S. Aponal. Dal 10 agosto al 3 dicembre 1655 (Senn, 1954, p. 287) fu ancora a Innsbruck per cantare (Dorisbe) nell’Argia di Giovanni Filippo Apolloni, musica di Cesti, l’opera recitata in novembre al cospetto di Cristina di Svezia in occasione della sua conversione alla confessione cattolica: in un esemplare del libretto che reca annotati a mano i nomi dei cantanti, la Renzi, unica donna in un cast di soli uomini, è qualificata come «Romana Cortegiana che portò la medaglia et Catena della Regina» (Seifert, 2003, p. 49; il viaggiatore inglese John Bargrave annotò che vi cantarono «7 castrati or eunuchs; the rest were whoores, monks, fryers, and priests»; ibid., p. 19). Nel viaggio di ritorno a Venezia fu trattenuta con gli altri cantanti della compagnia che si era esibita in Austria, per ragioni di sicurezza sanitaria, nel lazzaretto di Verona (Rigoli, 1996, pp. 141 s.).
Nel Carnevale del 1657 cantò nelle Fortune di Rodope e Damira di Aurelio Aureli, musica di Ziani, ancora nel S. Aponal a Venezia: tenne la parte dell’antagonista, la consorte del re Creonte che, ripudiata in favore della cortigiana Rodope, si finge pazza per riconquistare l’amore del re. Non si ha testimonianza di esibizioni successive. Abbandonò Venezia per Roma forse nel 1659. Da un processo prematrimoniale istruito in Venezia in data 24 novembre 1662 risulterebbe che Renzi, ormai non più giovane, puntava ad accasarsi (Glixon, 2005, p. 214 n. 12).
Morì dopo tale data, probabilmente fuor di Venezia.
La carriera della Renzi è copiosamente documentata e celebrata, fino al 1644, nella silloge poetica collettanea Le glorie della signora Anna Renzi romana, promossa dal primo artefice della sua fortuna veneziana, il drammaturgo Giulio Strozzi, e dedicata a Laurenzi (vi compare anche un lungo idillio adespoto, Abozzo di veraci lodi alla signora Anna Renzi cantatrice singolare, con frontespizio autonomo ma paginazione continua). La pubblicazione, concepita nell’alveo ideologico dell’Accademia degli Incogniti (Lattarico, 2012), contiene l’unico ritratto noto della cantante, accompagnato dall’epigrafe latina «Intima si cantum simulat præcordia mulcet, ipsam animam sensim si canit Anna rapit». A detta di Strozzi, nel recitare la Renzi realizzava un’«azione con la quale si dà l’anima, lo spirito e l’essere delle cose [...] governata dal movimento del corpo, dal gesto, dal volto e dalla voce, ora innalzandola, ora abbassandola, sdegnandosi e tornando subito a pacificarsi, una volta parlando in fretta, un’altra adagio, movendo il corpo or a questa or a quella parte, raccogliendo le braccia e distendendole, ridendo e piangendo, ora con poca ora con molta agitazione di mani»; l’espressione è «sì viva che paiono le risposte e i discorsi non appresi dalla memoria, ma nati allora. [...] Padroneggia la scena, intende quel che proferisce, e lo proferisce sì chiaramente che non hanno l’orecchie che desiderare; [...] ha il passaggio felice e ’l trillo doppio, gagliardo e rinforzato»; «di temperamento malinconico, [...] va tacitamente osservando le azioni altrui, e quando poi ha da rappresentarle [...] mostra lo spirito e valor suo appreso con lo studio delle osservazioni fatte» (Glorie, 1644, pp. 8-11).
Lodi poetiche in forma di sonetto le furono dedicate da altri Incogniti, il messinese Scipione Errico (Poesie liriche, Venezia 1646, p. 14), il vicentino Pietro Paolo Bissari (Stille d’Ippocrene, libro I, Venezia 1648, pp. 23 e 86) e il piacentino Bernardo Morando (Fantasie poetiche, I, Piacenza 1662, p. 38). Alla «molto illustre e virtuosissima signora Anna Renzi» sono dedicate le Canzonette amorose a 2 e 3 voci di Orazio Tarditi (Venezia 1642). L’omaggio più singolare alle virtù e al fascino della cantante romana si legge nei Ragguagli di Parnaso di Giovan Francesco Loredan (Bizzarrie accademiche, II, Venezia 1654, pp. 196-198): «Anna Rensi chiede luogo in Parnaso, e non vien ricevuta», sdegnandosi Apollo «dal veder la Musica, ch’è un attrovato divino, divenuta stromento d’una poco onorata mercanzia».
Fonti e Bibl.: Le glorie della signora Anna Renzi romana, Venezia 1644; H. Liebrecht, Les origines de l’opéra à Bruxelles, in Le Flambeau, IV (1921), pp. 560-564; W. Senn, Musik und Theater am Hof zu Innsbruck, Innsbruck 1954; C. Sartori, La prima diva della lirica italiana: A. R., in Nuova Rivista musicale italiana, II (1968), pp. 430-452; L. Bianconi - Th. Walker, Dalla “Finta pazza” alla “Veremonda”: storie di Febiarmonici, in Rivista italiana di musicologia, X (1975), pp. 417, 442; J.W. Hill, Le relazioni di Antonio Cesti con Firenze, ibid., XI (1976), pp. 27-47; W. Osthoff, Filiberto Laurenzis Musik zu “La finta savia” im Zusammenhang der frühvenezianischen Oper, in Venezia e il melodramma nel Seicento, a cura di M.T. Muraro, Firenze 1976, pp. 173-197; S. Franchi, Drammaturgia romana. Repertorio bibliografico cronologico dei testi drammatici pubblicati a Roma e nel Lazio, Roma 1988, pp. 230-232, 242 s.; E. Rosand, Opera in seventeenth-century Venice: the creation of a genre, Berkeley 1991 (trad. it. Roma 2013), ad ind.; B.L. Glixon - J.E. Glixon, Marco Faustini and Venetian opera production in the 1650s, in Journal of musicology, X (1992), pp. 48-72; B.L. Glixon, Private lives of public women: prima donnas in mid-seventeenth-century Venice, in Music & Letters, LXXVI (1995), pp. 509-531; M. Murata, Why the first opera given in Paris wasn’t Roman, in Cambridge Opera Journal, VII (1995), 2, pp. 95-98, 101, 103 s.; P. Rigoli, Il virtuoso in gabbia: musicisti in quarantena al lazzaretto di Verona (1655-1740), in Musica, scienza e idee nella Serenissima durante il Seicento, a cura di F. Passadore - F. Rossi, Venezia 1996, pp. 141 s.; The new Grove dictionary of music and musicians, XV, London-New York 2001, pp. 745 s.; W. Heller, Emblems of eloquence: opera and women’s voices in seventeenth-century Venice, Berkeley 2003, pp. 174-177; H. Seifert, Cesti and his opera troupe in Innsbruck and Vienna, in La figura e l’opera di Antonio Cesti nel Seicento europeo, a cura di M. Dellaborra, Firenze 2003, pp. 15-61; J. Whenham, Perspectives on the chronology of the first decade of public opera at Venice, in Il Saggiatore musicale, XI (2004), pp. 253-302; I. Emerson, Five centuries of women singers, Westport 2005, pp. 43-49; B.L. Glixon, “La sirena antica dell’Adriatico”: Caterina Porri, a seventeenth-century Roman prima donna on stages of Venice, Bologna, and Pavia, in Musical voices of early modern women, a cura di T. Lamay, Aldershot 2005, pp. 211-237; N. Michelassi, Glorie secentesche dell’opera commerciale veneziana, in Forme e occasioni dell’encomio tra Cinque e Seicento, a cura di D. Boillet - L. Grassi, Lucca 2011, pp. 357-377; J.-F. Lattarico, Venise incognita. Essai sur l’académie libertine au XVIIe siècle, Paris 2012, pp. 185-187; M.T. Schneider, Seeing the Empress Again: On Doubling in “L’incoronazione di Poppea”, in Cambridge Opera Journal, XXIV (2012), pp. 249-291; J.-F. Lattarico, Busenello: un théâtre de la rhétorique, Paris 2013, pp. 49, 113, 223, 417; N. Michelassi, La doppia “Finta pazza”. Un dramma veneziano in viaggio nell’Europa del Seicento, Firenze 2016.