Frank, Anna
Una testimone della Shoah
A tredici anni, la piccola ebrea Anna Frank, rinchiusa in un alloggio segreto per sfuggire alle persecuzioni naziste, cominciò a scrivere il Diario in cui avrebbe raccontato gli ultimi anni della sua vita, il 1942 e il 1943. Considerato ancora oggi un capolavoro, il Diario è una delle più dirette, commoventi e drammatiche testimonianze della Shoah, cioè dello sterminio del popolo ebraico perseguito dai nazisti
Anna Frank era nata nel 1929 a Francoforte, in Germania, da una famiglia ebrea. Poco dopo la sua nascita, nel 1933, andò al potere Hitler, e la sua famiglia, composta da padre, madre e due sorelle, si rifugiò in Olanda, ad Amsterdam, per fuggire il clima di odio della Germania nazista nei confronti degli Ebrei (nazionalsocialismo). Fra la fine degli anni Trenta e l'inizio della Seconda guerra mondiale, Hitler mise a punto la sua politica di deportazione e sterminio degli Ebrei in tutta Europa: tramite leggi razziali, essi vennero perseguitati, spogliati dei loro averi, deportati in campi di concentramento e uccisi. Dopo che, nel maggio 1940, i soldati tedeschi invasero l'Olanda e applicarono anche lì le leggi razziali, la famiglia Frank, per tentare di sfuggire alla cattura, decise di farsi volontariamente rinchiudere nell'alloggio segreto di un appartamento insieme a un'altra famiglia e a un dentista, giunto in un secondo momento.
È il luglio 1942 quando i Frank cominciano la loro vita nell'alloggio segreto. Anna ha solo 13 anni, e la sua reclusione durerà fino al 1944. Inizia a tenere il Diario delle sue giornate ‒ scritto in forma di lettera a un'amica ‒ e racconta al mondo le sofferenze vissute dagli Ebrei in quegli anni. Ragazza intelligente e sensibile, la sua aspirazione è quella di fare la scrittrice. Le pagine che scrive testimoniano la sua prigionia, gli spazi limitati, le difficoltà quotidiane, ma anche la consapevolezza della sua situazione. "Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto ‒ narra la giovane scrittrice ‒ Odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi". Questa realtà terribile non la scoraggia, anzi c'è in lei una speranza per un futuro diverso, per un mondo nuovo e migliore: "Quando guardo il cielo penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, anche questa spietata durezza cesserà, ritorneranno l'ordine, la pace, la serenità".
Anna sa bene quello che la aspetta, sa che lei e gli altri lì rinchiusi non riusciranno a sfuggire alla loro ingiusta condanna, ma continua a scrivere senza perdere la speranza in un mondo di pace e di umanità.
Dalla radio apprende che questa speranza esiste, qualcuno dice che gli scritti sulle sofferenze patite dagli Ebrei (Shoah) verranno pubblicati dopo la guerra. Anna narra allora con maggiore lena, convinta che i suoi scritti saranno utili, se non a sé stessa, almeno agli altri. Le sue pagine si fanno più belle sotto la spinta di questa convinzione.
Le cose vanno proprio come la giovinetta aveva immaginato. Nell'agosto 1944, dopo circa due anni di reclusione, i nazisti scoprono il rifugio segreto e tutti vengono arrestati. Anna insieme alla sorella è inviata nel campo di concentramento di Auschwitz e poi di Bergen-Belsen. Qui muore, nel 1945, di tifo e di stenti.
Il padre di Anna, Otto Frank, è l'unico sopravvissuto alla sterminio. Miep Gies, la donna che aveva aiutato e nutrito la famiglia Frank mentre era nascosta, trova il Diario e lo consegna al padre. L'uomo decide di esaudire il desiderio della figlia e di pubblicare l'opera, tagliando alcune parti.
Il Diario uscì nel 1947. Fu poi tradotto in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Italia, in Germania e in molti altri paesi; nel 1991 è stata pubblicata l'edizione integrale dell'opera. Numerosissime anche le riduzioni teatrali, cinematografiche e televisive. Ad Anna Frank sono dedicati Gli ultimi sette mesi di Anna Frank (1988), scritto da una testimone, Willy Lindwer, e Mi ricordo Anna Frank (1999), scritto da un'amica di Anna, Hannah Goslar.