RAMAZZOTTI, Angelo
RAMAZZOTTI, Angelo. – Nacque il 3 agosto 1800 a Milano da Giuseppe e da Giulia Maderna, secondogenito di una famiglia della piccola borghesia originaria di Saronno. Fu battezzato con il nome di Angelo, ma amò firmarsi Angiolo fino al 1858.
In un periodo in cui a Milano erano forti le idee anticlericali e antipapali portate dalla rivoluzione francese e poi dai governi liberali, Angelo venne educato religiosamente dalla famiglia che gli fece frequentare scuole di prestigio, a Saronno e a Milano, rette da religiosi secolarizzati. Nel 1819, anno della morte del padre, si trasferì per gli studi universitari a Pavia, dove si iscrisse alla facoltà di legge. Nel marzo del 1821 seguì con distacco i moti risorgimentali scoppiati in Piemonte, preoccupandosi soprattutto delle conseguenze delle guerre sulle popolazioni. Nel tempo libero dagli studi imparò il tedesco, lingua che gli tornò utile nel ministero episcopale.
Laureatosi con il massimo dei voti nel 1823 in diritto civile ed ecclesiastico, durante il praticantato forense presso uno dei più noti studi legali di Milano decise di seguire la vocazione ecclesiastica, iscrivendosi al seminario maggiore come studente esterno. Durante gli studi teologici chiese di essere ammesso all’Istituto dei missionari oblati dei Ss. Ambrogio e Carlo con sede a Rho, sacerdoti diocesani alle dipendenze dirette dell’arcivescovo, specializzati nella predicazione di esercizi spirituali e missioni al popolo. Vi fu accolto nel 1829 subito dopo l’ordinazione sacerdotale. Si dedicò con passione allo studio della teologia morale, e i suoi riferimenti furono sant’Alfonso Maria de’ Liguori, i Padri della Chiesa, Louis Bourdaloue e Paolo Segneri.
La sua predicazione si impose all’attenzione generale ed egli fu nominato dal cardinale Karl Gaetan Gaysruck superiore del collegio di Rho dal 1839 al 1843, e poi dal 1847 al 1849, in anni nei quali gli oblati non si mostrarono avversi alla rivoluzione. Come superiore operò per ridare stabilità giuridica all’Istituto ricostituito dopo la soppressione napoleonica. Nel 1837 a Saronno, sulla scia dell’opera degli oratori festivi che si stava allora sviluppando a Milano, ne avviò uno per i figli dei contadini e vi affiancò subito dopo un piccolo orfanotrofio nel quale, dopo le Cinque giornate di Milano, ospitò orfani sia dei patrioti milanesi sia dei soldati austriaci, impressionando il maresciallo Radetzky per la sua «carità senza frontiere» (Montonati, 2000, p. 49).
In una prima metà dell’Ottocento che vide la rinascita della missione ad gentes, rinascita che sfociò nei decenni successivi nella fondazione di numerosi istituti missionari, il ministero tra gli oblati di Rho portò Ramazzotti allo sviluppo di una forte tensione missionaria, che si tradusse nell’organizzazione del seminario lombardo per le missioni estere: nel 1847 cominciò a pensare a una comunità di sacerdoti secolari dediti esclusivamente alla missione ai non cristiani. La particolarità della sua proposta fu che, sulla base di suggestioni provenienti da precedenti esperienze lombarde e dalle missioni estere di Parigi, egli pensò non alla fondazione di una congregazione religiosa, ma a un seminario che preparasse alla missione ad gentes preti diocesani, che fosse dunque l’espressione missionaria della chiesa locale. Il desiderio di Ramazzotti si incontrò con la proposta, fatta da Pio IX all’arcivescovo Carlo Bartolomeo Romilli, di aprire un seminario per le missioni estere, al fine di realizzare un voto del suo predecessore.
I moti del 1848 segnarono un momento di stallo per il progetto, ma l’11 novembre 1849 l’imperatore Francesco Giuseppe, con approvazione del papa, nominò Ramazzotti vescovo di Pavia. Il 30 giugno 1850 fu consacrato vescovo e il 30 luglio venne ufficialmente aperto a Saronno il seminario per le missioni estere, primo istituto missionario italiano, per il quale Ramazzotti scrisse il regolamento e che Angelo Giuseppe Roncalli, nel suo discorso del 3 marzo 1958 in occasione della traslazione della salma di Ramazzotti da Venezia a Milano, chiamò «la creazione più insigne di carattere missionario sorta in terra d’Italia in questo ultimo secolo» (Montonati, 2000, p. 167).
Romilli e Ramazzotti coinvolsero nell’approvazione tutti i vescovi lombardi, così che il seminario, trasferitosi nel 1856 presso San Calocero a Milano, divenne espressione di tutta la regione ecclesiastica lombarda.
Ramazzotti prese possesso della cattedra pavese il 28 settembre 1850, dopo una vacanza della sede episcopale di cinque anni che, assieme all’esperienza rivoluzionaria del 1848, aveva posto in diocesi il «problema dell’obbedienza all’autorità – la preesistente o la nuova – reso solo apparentemente meno grave dal favore inizialmente accordato da Pio IX alla causa italiana» (Guderzo, 1995, p. 382). In campo teologico, i dissapori si manifestarono nel periodo tra il 1854 e il 1855 con il caso dei ‘macolatisti’, contrari al dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, scomunicati dopo tentativi di mediazione falliti da parte di Ramazzotti.
In campo politico durante tutta la vita, nonostante traspaia dai documenti il rapporto privilegiato con la Casa d’Austria e la non simpatia verso le correnti liberali avverse al Papato, Ramazzotti si mostrò rispettoso dell’autorità, fosse essa papale o governativa, liberale o monarchica, richiamando i fedeli alla tradizionale obbedienza verso l’autorità costituita, espressione della volontà divina; anche ai suoi preti raccomandò sempre di occuparsi non di politica, ma del proprio ministero e per il bene della popolazione. Tuttavia, nei suoi rapporti con i governi costituiti operò in maniera fedele, ma mai sottomessa, sostenendo l’alleanza trono-altare, ma anche difendendo le prerogative e l’indipendenza del potere vescovile di fronte al giurisdizionalismo neogiuseppinistico.
Mise in guardia la popolazione dalla tentazione di rivoluzioni violente, evidenziando che solo nella religione si può trovare sollievo alla miseria. Inoltre cercò di salvaguardare i cattolici dalle idee liberali raccomandando che non leggessero «certi giornali empi e irreligiosi» (Consolini, 1999, p. 203). Di fronte alla diffusione di tesi antitemporaliste Ramazzotti difese il pontefice; difese anche i preti pavesi accusati di «sleali sentimenti politici» dal governo austriaco (Montonati, 2000, p. 85).
Le linee portanti della sua pastorale sia a Pavia sia a Venezia furono la fedeltà al magistero della Chiesa, la formazione cristiana dei giovani, la cura per la formazione del clero con una particolare sensibilità missionaria, la grande attenzione ai poveri, la collegialità con i vescovi suffraganei.
A Pavia, per ovviare alla mancanza di istituti religiosi, aprì una casa delle Figlie della carità per l’educazione delle ragazze povere, che divenne in seguito sede del noviziato femminile delle missioni, e fondò o sostenne importanti attività caritative e di formazione. Dopo che nel 1855 era stato firmato il concordato tra S. Sede e Impero asburgico, istituì il tribunale ecclesiastico per le cause matrimoniali e nel 1856 fu scelto come portavoce dell’episcopato lombardo-veneto quando a Vienna si riunirono le conferenze episcopali dell’Impero al fine di discutere le modalità concrete di applicazione del concordato.
Dopo la morte del patriarca Pietro Aurelio Mutti, Vienna scelse Ramazzotti per la cattedra veneziana, certamente per le sue doti, la sua preparazione e la sua integrità morale, ma anche perché la sua condotta politica non era mai stata sporcata da simpatie liberali e indipendentiste.
Preso possesso della diocesi il 16 maggio 1858, trovò una situazione fiorente dal punto di vista dell’associazionismo laicale e degli ordini religiosi, che si occuparono nella fase storica precedente all’Unità d’Italia dell’alfabetizzazione dei figli del popolo e delle situazioni di povertà. Mentre a Pavia il vescovo si era fatto promotore di iniziative assistenziali ivi inesistenti, a Venezia si occupò di coordinare le molte opere già funzionanti dando loro più solida organizzazione e con attenzione speciale alle zone e classi più povere. Riorganizzò il curriculum di studi del seminario uniformandovi le diocesi suffraganee del Veneto e poi, d’accordo con l’arcivescovo di Milano, tutte le diocesi del Regno Lombardo-Veneto e invitò l’episcopato lombardo-veneto a coordinare le proprie decisioni pastorali. Allo scopo di rendere più organica e consapevole l’azione dell’episcopato veneto, convocò inoltre il primo concilio provinciale delle Tre Venezie nel 1859, contribuendo a preparare la linea del temporalismo intransigente successivo.
Di fronte alle proteste di Pio IX nel 1859 per l’invasione dei territori pontifici, Ramazzotti e i vescovi suffraganei emanarono una lettera pastorale collettiva in difesa del potere temporale del papa, come garanzia della libertà di azione e parola del capo della Chiesa. Ramazzotti ribadì la sua posizione conservatrice con altre quattro lettere pastorali, mentre altri vescovi in Italia si esponevano pubblicamente contro il potere temporale (Geremia Bonomelli, Giovanni Battista Scalabrini, Tommaso Reggio).
Verso la fine del 1859, l’imperatore suggerì per Ramazzotti il cardinalato e nel 1861 lo nominò deputato della Camera dei signori del Consiglio imperiale. Ma il patriarca, alle prese con gravi problemi di cardiopatia, morì a Crespano del Grappa il 24 settembre 1861.
Nel 1871 Pietro Avanzini fondò a Roma il pontificio seminario dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo per le missioni estere e fu Pio XI, nel 1926, a deciderne la fusione con il seminario lombardo fondato da Ramazzotti, dando così vita al Pontificio istituto missioni estere (PIME). Quest’ultimo, nel 1976, si è costituito come attore nel processo di beatificazione e canonizzazione di Ramazzotti, nel corso del quale, il 14 dicembre 2015, il papa ha disposto la promulgazione del decreto sulle virtù eroiche.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Autografi illustri, ad nomen; Archivio Diocesano di Pavia, Fondo III, Vescovi di Pavia; Archivio storico del Patriarcato di Venezia, Patriarchi, Patriarca Angelo Francesco Ramazzotti (1858-1861); Archivio del PIME di Roma, Lettere pastorali dei vescovi del Veneto, a cura di M. Malpensa, Roma 2002, pp. 366-369.
P. Cagliaroli, Vita di sua eccellenza reverendissima monsignore A. R. patriarca di Venezia, Rovigo 1862; La Chiesa veneziana dal 1849 alle soglie del Novecento, a cura di G. Ingegneri, Venezia 1987, pp. 8-128; G. Guderzo, La Chiesa pavese dall’età delle riforme alla seconda guerra mondiale, in Storia religiosa della Lombardia. La Diocesi di Pavia, Brescia 1995, pp. 382-438; Lettere pastorali dei vescovi della Lombardia, a cura di X. Toscani - M. Sangalli, Roma 1998, pp. 383-386; F. Consolini, Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis, Roma 1999; D. Colombo, PIME 1850-2000. Documenti di fondazione, Bologna 2000; A. Montonati, A. R. (1800-1861) Fondatore del PIME, Vescovo di Pavia, Patriarca di Venezia, Bologna 2000; Un pastore secondo il cuore di Dio. Lettere del Servo di Dio Mons. A. R. Vescovo di Pavia e Patriarca di Venezia 1850-1861, a cura di D. Colombo, Bologna 2003.